martedì 19 gennaio 2021

RECENSIONE PENNUTA - "Il gabbiano Jonathan Livingston" di Richard Bach, la libertà è un volo che ci porta oltre

Ieri, dopo la correzione del romanzo, mi sono immersa nella lettura di alcuni testi, tra cui un classico contemporaneo, nonché bestseller mondiale di Richard Bach. Mi riferisco a "Il gabbiano Jonathan Livingston" (BUR): una parabola che ci parla di passione, di voglia di imparare e di ambizione; no, non fraintendetemi, non mi riferisco alla passione che accompagna le gesta degli arrivisti o degli arrampicatori sociali. Qui l'ambizione si traduce nel sano desiderio di elevarsi, sfidando i propri limiti, ma ancora prima, quelli di coloro che cercano di omologarci alle logiche del gregge, in questo caso, lo "Stormo".


La storia è narrata nella forma di una parabola rivolta a tutti: bambini, adolescenti, adulti. La penna di Richard Bach è un volo a cielo aperto, in cui ravvisiamo tutta l'esperienza del pilota capace di restituire sulla pagina dettagli di aerodinamica che veicolano significati che vanno oltre il dato sensibile. Il volo di Jonathan Livingston racchiude una molteplicità di significati che si collegano a una visione orientale della vita, anticipando in un certo senso i contemporanei coach life e riportando al contempo alle dimensioni di libri come "Il piccolo principe" o "Siddartha". Ma vediamo cosa accade.

Il gabbiano Jonathan Livingston fa parte dello Stormo Buonappetito (il nome già la dice lunga sulle funzioni dello Stormo!). Con loro passa il tempo a procacciarsi cibo o, almeno, è la routine imposta dalle Leggi dello Stormo. In realtà Jonathan ambisce ad altro: volare, superando i limiti imposti. Così passa le sue giornate a provare diverse modalità di volo, arrivando a migliorare, giorno dopo giorno, tra gli sguardi in tralice degli altri volatili. Già, perché, guai a cercare di andare oltre alle regole imposte: Jonathan, però, non riesce a limitarsi a "volare per mangiare". No, lui vuole volare veramente, è il senso della sua esistenza; quando taglia traguardi impensabili per lo Stormo, viene costretto all'isolamento. Ed è lì che Jonathan inizia la sua vera ascesa: da reietto viene accolto in un'altra dimensione dove si perfeziona e dove diventa Maestro. E da maestro, torna allo Stormo Buonappetito dove diversi compagni che prima lo avevano denigrato, si avvicinano a lui, venendo ovviamente isolati. Le regole dello Stormo non perdonano, quelle di Jonathan sì.

Jonathan Livingston potrebbe meditare una vendetta nei confronti dei compagni; ma lui opta per l'amore, parallelamente al superamento dei propri limiti.  "Spezzate le catene che imprigionano il pensiero, e anche il vostro corpo sarà libero". E ancora: "È chiaro che non ami la cattiveria e l'odio, questo no. Ma bisogna esercitarsi a discernere il vero gabbiano, a vedere la bontà che c'è in ognuno, e aiutarli a scoprirla da se stessi, in se stessi. È questo che intendo io per amore. E ci provi anche gusto, una volta afferrato lo spirito del gioco". 

Richard Bach, aviatore ancora in vita, ci racconta una storia di amore e di discernimento, ponendosi sullo stesso piano di Saint-Exupéry: a un certo punto l'invito è di andare oltre la visione oculare della realtà. Se "l'essenziale è invisibile agli occhi", allora significa che Jonathan Livingston è un Piccolo Principe con le ali; e come il Piccolo Principe è un ricercatore, anche se in forma differente, plasmato da un altro decennio, gli anni Sessanta (l'opera è stata pubblicata per la prima volta nel 1970). 

Nel puntiglio con cui l'autore ci restituisce le tecniche del volo, troviamo il suo backgroung; Richard Bach utilizza quello che conosce meglio per dirci che tutti possiamo volare se dimentichiamo i nostri limiti. Il rischio è quello di essere denigrati perché ci si sottrae alle dinamiche dello stormo, ovvero del gregge; superare i propri limiti significa scoprire verità scomode su se stessi, verità pericolose ed eversive che mostrano come le prassi sociali messe in atto fino a quel momento limitino le potenzialità individuali.

Lo Stormo, il potere dell'omologazione, del pensiero unico, messo in discussione: riflessione interessante in un momento storico in cui ormai la pluralità sembra naufragata e il concetto di democrazia sembra vacillare sotto il peso della posa e della retorica vuota. In tal senso questo libro ci fornisce molte riflessioni rispetto ai cavilli e alle gabbie mentali in cui siamo prigionieri, pur illudendoci di essere liberi di pensare... liberi di pensare... ma... e il ma diventa da avversativa alla negazione delle premesse per incatenarci nelle etichette e non per esprimere un pensiero critico. Le gabbie che ci imprigionano, gli occhi che non vedono oltre i pregiudizi e che dimenticano di superare i muri che si erigono nel bisogno di giudicare da cui si additano nuovi "nemici" colpevoli di pensarla diversamente, pur se con ponderazione e competenza. 

Nell'apprendere le diverse tecniche del volo, il gabbiano perviene alla libertà. Libertà di viversi, nel suo essere un Reietto, la sua grandezza sta proprio nel non dover dipendere dall'approvazione degli altri, da quelli che per traslato da Social, sono i like o i commenti degli utenti. Il successo per Jonathan sta nel sapersi elevare oltre il dato sensibile, sviluppando quella "Vista interiore" di cui parla ad esempio anche Marion Zimmer Bradley.

Per concludere
"Il gabbiano Jonathan Livingston" è una parabola che ci arriva dentro, ci fa volare ma prima ci insegna come. In questo momento di restrizioni e di abuso di Social, questa storia mi ha fatto riflettere molto. Tutto in un tardo-pomeriggio, con la sera stretta dalla morsa del gelo e della nebbia e i pensieri che si avvoltolano in testa. A volte, basterebbe srotolare i pensieri, snodarli e cercare il volo. La cabrata e la velocità sono poi tutte da valutare. E da provare.       

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