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giovedì 19 settembre 2019

"Il mondo incantato - Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe" di Bruno Bettelheim: la narrazione fantastica come "specchio magico" della realtà

Perché le fiabe sono le forme narrative più efficaci per i bambini? Perché, invece, un racconto realistico non sortisce gli stessi effetti?
Secondo lo psicoanalista austriaco Bruno Bettelheim, l’universo simbolico della fiaba è quello che trova maggiore corrispondenza con la percezione che i più piccoli hanno del mondo.
"Il mondo incantato - Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe" (Feltrinelli) è un saggio che analizza nel profondo i meccanismi narrativi delle storie fantastiche più note, scandagliando le simbologie applicate alla percezione infantile.




"Il mondo incantato - Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe" non è di facile fruizione: l'etichetta "libro-mattone" è inevitabile. Qui, trovi un piccolo compendio per orientarti alla lettura di questo volume che spiega come la narrazione a carattere fantastico sia quella maggiormente aderente al mondo infantile e dunque efficace nella costruzione di mondi e scenari percettivi utili alla costruzione dell'Io. 

Parte Prima – Un Pizzico di magia: il senso delle fiabe
Nella sua prima parte il saggio illustra le ragioni per cui le fiabe rappresentano il genere narrativo che maggiormente rispecchia le dinamiche di pensiero dei bambini.
Ecco che cosa accade: le facoltà percettive e i modelli di pensiero dei bimbi, almeno fino all’adolescenza, non seguono (ovviamente) le dinamiche del pensiero adulto, più strutturato e plasmato dall’esperienza e dalla conoscenza. Il bambino ha una percezione del mondo che interiorizza in maniera frammentata, organizzata mentalmente secondo criteri analogici; avendo nozioni incomplete di cose, situazioni ed eventi, il piccolo tende a colmare le lacune attraverso la fantasia, strumento fondamentale nell’apprendimento.
La fantasia è quindi un elemento fondativo delle storie per bambini, preferibile a quello realistico.

Quindi... le fiabe rappresentano una sorta di “specchio magico”: ciascuna racconta l’evoluzione del vissuto del personaggio che, attraverso le prove cui è sottoposto, perviene alla maturità e alla comprensione di sé e del mondo che ha intorno. In questo il bambino trova la chiave di volta di quel grande mistero che è la crescita. La fiabe sono rivelatrici del percorso che il piccolo deve affrontare per arrivare alla "maturità", al fine di affrancarsi gradualmente dalla dipendenza dai genitori, attraverso il bilanciamento delle pulsioni che lo attraversano in maniera spesso disorientante.

Ci addentriamo nel cuore dell’universo freudiano: il bambino deve trovare il bilanciamento tra Io, Super-Io ed Es, e le fiabe, nei loro molteplici sviluppi di trama, indicano questa via  attraverso la catarsi finale.

Fiaba e mito: quali differenze?

Bettelheim distingue tra fiaba e mito, ponendo in evidenza sia i comuni denominatori sia le differenze.
Rispetto ai punti in comune, l’autore rileva l’utilizzo dei simboli e del linguaggio analogico, la presenza della triade Es-Io-Super-Io, la narrazione di un’impresa e le prove cui il protagonista è sottoposto.
Sulle differenze: il mito presenta un finale tragico e i personaggi sono dotati di un’identità forte, mentre nella fiaba i personaggi sono dei "tipi" che consentono al lettore un’identificazione totalizzante. Inoltre la fiaba ha carattere formativo, cosa che manca al mito.

Le fiabe come specchi magici
Fatte queste precisazioni, Bettelheim si concentra sull’analisi di alcune fiabe: da "I tre porcellini" a "La guardiana delle oche" passando per storie realistiche della narrativa contemporanea, poste in raffronto alle vicende magiche.

La fantasia come strumento di elaborazione di alternative (e di speranza)
Nelle analisi effettuate in questa sezione,  l’autore mette in evidenza la rappresentazione narrativa dei complessi edipici. La componente magica consente al bambino di abbandonarsi alla fantasia, in cui ritrova quei simboli che gli permettono di identificarsi nell’universo narrato costruito ad hoc.
L’autore mette anche in evidenza l’errore ricorrente di molti genitori, i quali ritengono che le storie magiche e le fiabe non consentano al bambino di approdare a un adeguato sviluppo del pensiero, proprio a causa dei contenuti proposti. Molti genitori sono convinti che soltanto attraverso storie realistiche (e rassicuranti, quindi edulcorate) i piccoli possano pervenire a un adeguato apprendimento delle dinamiche della vita e del reale. In realtà il ragionamento si basa su una percezione meramente adulta che non tiene conto del diverso assetto mentale dei piccoli dagli 0 ai 13 anni.
Il riferimento è soprattutto alla tanto deprecata componente horror delle fiabe; in realtà essa è rappresentativa dell’Es, ovvero la parte istintiva che si raffronta inevitabilmente al Super-Io per la costruzione di un Io stabile. Nelle fiabe è necessario che l’eroe compia la sua discesa negli Inferi, lottando contro o fronteggiando un mostro o una situazione spaventosi, per pervenire alla certezza del proprio Io.
La fantasia consente al bambino di giocare ad armi pari con le storie, attraverso una rielaborazione dei simboli proposti. Inoltre le fiabe, grazie alla magia, offrono una speranza, a differenza delle narrazioni realistiche; nella sconfitta, le storie fantastiche propongono delle alternative proprio in virtù della componente magica che consente di sviluppare molteplici soluzioni a una questione o a un problema.
Bettelheim porta l’esempio di una storia moderna: “Il trenino che ce la fece”. La vicenda tratta di un oggetto animato che deve superare diversi ostacoli per acquistare fiducia in se stesso. L’autore riporta il caso di una piccola lettrice che cerca di realizzare una casetta di carta. Ripete a se stessa la formula pronunciata dal trenino: “Credo che posso, credo che posso, credo che posso…” ma il cimento si conclude in un nulla di fatto. Per la piccola è una sconfitta cocente, laddove qualcun altro sarebbe riuscito così come è riuscito il trenino a realizzare il proprio compito. La lezione della storia dell’oggetto animato porta a vivere  male la sconfitta a distanza di anni, a causa dell’assenza di un’elaborazione fantastica capace di creare una soluzione alternativa alla sconfitta, vista quindi come disfatta totale.
La magia, quindi è ciò che consente di aprire uno spiraglio di speranza.

La Fantasia al potere. Sempre!!
Parte seconda: “Nel regno delle fate”
Nella seconda parte del libro, Bettelheim analizza le fiabe più note, sviscerandone i vari aspetti psicanalitici, in questo articolo resi in maniera molto sintetica. Da "Hansel e Gretel" a "Biancaneve" (la più articolata dal punto di vista delle analogie simboliche) passando per "Cenerentola" etc, ci addentriamo nel cuore di analisi che, dal ruolo genitoriale, tocca quello della ricerca dell’autonomia dei bambini, passando per i complessi rapporti di identificazione con le figure genitoriali.
La paura dell’abbandono, la rivalità con il genitore dello stesso sesso, i riti di passaggio con particolare riferimento all’approdo all’adolescenza e alla perdita della verginità, la simbologia della foresta, onnipresente nelle fiabe; tutti questi sono elementi centrali nello sviluppo ed elaborazione di vicende che hanno un carattere universale. Le paure e le speranze legate alla crescita sono rappresentati attraverso questo genere, dove la fantasia diventa timone e guida alla comprensione dell’evoluzione dell’individuo.
La parte in questione del saggio presenta anche una sezione dedicata alle fiabe che narrano dello sposo-animale, con il lampante riferimento alla condizione di animalità legata alla ridefinzione dell'Io. Es e Super-Io sono i poli imprescindibili tra cui l’Io oscilla, in cerca dell’identità che la fiaba alla fine realizza.
Un esempio è "La Bella e la Bestia", dove l’amore diventa il veicolo di addomesticamento, superate diverse criticità.

Bettelheim realizza analisi attente e scrupolose delle singole fiabe, basate sui dettami freudiani: non manca di citare Jung.
Noi non ci addentriamo nelle analisi: l’articolo vuole fornire una guida utile alla lettura di questo saggio. A voi lettori il compito di approfondire i temi, se interessati!

Conclusione
Le fiabe, come specchi magici, riflettono in maniera analogica la nostra realtà, consentendo ai bambini la ricomposizione dei conflitti interiori; da qui si palesano verità di oggi e di ieri, acquisite e incamerate dai piccoli secondo processi conformi alla loro stessa, acerba natura. Le fiabe svelano il nocciolo dellessere umano e le relative dinamiche universali, fornendo chiavi di lettura in cui i bambini possono trovarsi, dopo essersi persi. Uscendo da una foresta oscura...

Insomma: la fantasia al potere. Sempre!!

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