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venerdì 31 gennaio 2020

INTERVISTA: Dopo "Resta viva", Camilla Stenti va a "Punto e a Capo"

Camilla Stenti con i
suoi due romanzi,
"Resta viva" e
"
"La vera storia d’amore trattata, però, non riguarda tanto il rapporto con un’altra persona, quanto la relazione che si dovrebbe intraprendere con la propria, di persona. L’amore per se stessi, l’amore che pensiamo di meritare, la stima e la considerazione che abbiamo di noi. Se non siamo in grado di rispettarci noi per primi, sarà difficile pretendere di essere rispettati da altri." Così, Camilla Stenti, bella penna romana, parla, presentandoci "Punto e a Capo" (DAE), la sua nuova fatica letteraria. L'abbiamo conosciuta con il toccante "Resta viva", vincitore della Prima Edizione del Premio Letterario Internazionale Dario Abate Editore. Qui abbiamo il piacere di fare quattro chiacchiere con lei, alla scoperta di Viola e della sua vicenda, già molto apprezzata dai lettori e dalle lettrici.



Camilla, 25 ani, è iscritta alla Laurea Magistrale
in Pubblicità, Comunicazione Digitale
e Creatività d’Impresa (presso Unimore)
Ciao Camilla, benvenuta su La penna sognante! Ci vuoi raccontare qualcosa di te? Il tuo background, la tua formazione, le tue passioni, il tuo rapporto con la scrittura (e con l’arte).
Ciao a tutti voi e grazie mille per la vostra ospitalità! Mi chiamo Camilla, ho venticinque anni, sono di Roma ma vivo da più di un anno a Reggio Emilia. Mi sono trasferita qui perché, dopo la Laurea triennale in Scienze della Comunicazione, mi sono iscritta alla Magistrale in Pubblicità, Comunicazione Digitale e Creatività d’Impresa (presso Unimore). Per quanto riguarda le mie passioni, ho sempre amato scrivere e disegnare. Fin da bambina, annotavo i miei mille “pensieri” sui diari segreti che nascondevo in giro per casa e inventavo fumetti con storie (anche abbastanza irrealistiche, direi) di ogni tipo. Ho sempre considerato la scrittura come una cura, una medicina capace di farmi metabolizzare ogni delusione, ogni emozione contrastante. Anche ora, per me, è un vero sfogo liberatorio.

Arriviamo a “Punto e a capo”: parliamo di una storia d’amore? Una storia… chi, come, quando, dove e perché? 
Mi piace scrivere d’amore, ma non mi piace che si parli soltanto di quello. Come per “Resta viva”, anche “Punto e a capo” può essere considerato un romanzo che tratta, tra le altre cose, una storia d’amore. La vera storia d’amore trattata, però, non riguarda tanto il rapporto con un’altra persona, quanto la relazione che si dovrebbe intraprendere con la propria, di persona. L’amore per se stessi, l’amore che pensiamo di meritare, la stima e la considerazione che abbiamo di noi. Se non siamo in grado di rispettarci noi per primi, sarà difficile pretendere di essere rispettati da altri.
“Punto e a capo” è la storia di Viola, una ragazza di trentuno anni che viene lasciata e abbandonata dal suo compagno, dopo una convivenza e dopo quindici anni di “amore”. È il racconto di come Viola riprende in mano la sua vita, del modo in cui torna a conoscersi, a considerarsi, a capirsi. È il racconto di un’inevitabile caduta e della successiva ripresa, una ripresa per niente facile e scontata.

La genesi del romanzo non è analogo a quella di "Resta viva"...
“Resta viva” è stato il frutto di un processo più automatico, ho sognato la storia di Gaia e questa ha preso vita quasi autonomamente. Io ci ho messo la penna, e poco altro. Con “Punto e a capo”, invece, le cose sono andate diversamente. L’idea è nata dalla voglia (e, forse, dal mio masochismo) di riprendere tutti gli sfoghi scritti negli anni per le persone che ho avuto accanto, ma che probabilmente non era accanto a me che volevano stare; sicuramente, non era accanto a me, che volevano restare. Questo è stato l’inizio, la vicenda che ci ho costruito intorno è stata decisamente più ragionata e problematica. Mi sono scontrata più volte con i famosi “blocchi dello scrittore” e con il panico vero. Sapevo come avrei voluto che finisse… ma avevo paura di mettermi troppo a nudo, finendolo.

Chi sono i protagonisti? Sono ispirati a qualcuno in particolare (persona reale, personaggi, eroi etc…)? O nascono da altri stimoli?
Viola, la protagonista, è nata ispirandomi a una ragazza che ho avuto la fortuna di conoscere, una bellissima persona ma con gli occhi troppo tristi, una ragazza sempre sorridente, ma mai veramente felice. Appena ho iniziato a scrivere di lei, però, mi sono accorta di parlare di me. Se Gaia (del primo libro) era simile a me, Viola è identica a me. Oltre a Viola, ci sono tanti altri personaggi: ci sta Gianna, sua nonna ma anche mia nonna; scoprirete (spero) i suoi migliori amici, Alice e Diego, e riscoprirete un personaggio già conosciuto, ma un po’ sottovalutato in quel contesto, con “Resta viva”. Tutti loro, chi più e chi meno, sono un mix tra persone reali e dettagli inventati. Quasi tutti, però, si ispirano a chi mi sta più a cuore.

Camilla con "Resta viva"
La vicenda ha un’ambientazione particolare? Se sì, come mai hai fatto questo tipo di scelta?
Ho scritto questo libro quando ancora vivevo a Roma. Ho descritto i quartieri e le zone che mi hanno visto crescere: Magliana, Portuense, Fiumicino… mi risulta più difficile scrivere di un posto che non conosco, che non mi conosce. Credo che tutte le città, più che da scoprire, siano da vivere. Probabilmente, se dovessi scrivere altro, adesso ambienterei la nuova vicenda nelle terre in cui sono ora: Modena, Reggio Emilia, Carpi, etc. Adoro Roma, la considero la città più bella del mondo, ma al momento abbiamo un po’ un rapporto di odio e amore: è sempre un piacere tornarci, ma non riuscirei più a viverci.

Qual è la tua visione dell’amore?
È sempre difficile parlare di amore, forse è per questo che l’amore, nei miei libri, è solo uno dei temi che cerco di veicolare. Probabilmente sapevo poco sull’amore, prima di conoscere la persona che mi supporta (e sopporta) tutti i giorni, da più di un anno. Probabilmente, non finirò mai di imparare. Per me l’amore è trovare qualcuno che sappia farti sentire a casa, a prescindere da dove tu sia. Qualcuno che sia capace di farti sentire in pace con il mondo. L’amore non è tanto l’innamoramento, le farfalle nello stomaco, i battiti accelerati. L’amore è quotidianità, la persona che ha mille difetti ma che riesce a farteli amare comunque. È fare la spesa e comprare anche quello che sai che a lui/lei piace. È preoccuparsi se torna tardi a casa. Non è affatto qualcuno senza il quale non vivresti. Potresti farlo, si sopravvive a (quasi) tutto. È qualcuno senza il quale non vuoi vivere, senza il quale cambierebbe tutto. È avere un complice che ti capisce con uno sguardo, che ti conosce e sa già esattamente come ti comporterai in una determinata situazione. È qualcuno che ti apprezza così come sei, ma che è in grado di tirare fuori il meglio di te lo stesso. L’amore, per me, è ciò che rimane, anche quando l’innamoramento iniziale si esaurisce.

Quanto è stato facile o difficile scrivere questo romanzo? E per quali motivi?
Come vi ho accennato prima, questo romanzo mi ha dato più problemi del primo: “Resta viva” mi ha fatto piangere, disperare, prima, durante e dopo la sua stesura… ma era comunque una storia lontana da me. Spero vivamente di non trovarmi a vivere quello che Gaia deve affrontare, già dalle prime pagine. “Punto e a capo” riprende i miei sfoghi, i miei momenti “no”, le mie emozioni. “Punto e a capo” riprende una buona parte della mia vita, e metterla nero su bianco è stato decisamente più complicato. Dopo aver scritto le prime trenta pagine, mi sono bloccata. Ho deciso di portare il computer con me in vacanza, ma ero abbastanza scettica perché solo il pensiero di riprendere questa storia mi generava rabbia. Rabbia per quello che avevo vissuto, per il fatto di dover dedicare altro tempo a qualcosa che mi aveva fatto del male. In quella vacanza, una delle mie più care amiche ha letto quelle scarsissime trenta pagine. Le avevo promesso che non avrebbe pianto, ma ha pianto dalla prima all’ultima riga. Mi ha detto di essersi ritrovata nelle sensazioni che descrivevo, nella disperazione che trasmettevo. Mi ha detto di essersi rivista, e forse era quello uno dei miei scopi: parlare di un qualcosa che può farti male, di qualcosa che, a differenza del dolore che affligge Gaia, ha colpito chiunque, e non solo me. Parlare di un qualcosa che può farti male, ma che sa renderti più forte. Dopo due giorni, il mio romanzo era finito.

Dal punto di vista dello stile e della lingua, come hai lavorato? Quali difficoltà maggiori hai riscontrato, quali opportunità e aspetti positivi?
Ho scritto “Resta viva” che non avevo nemmeno vent’anni. L’ho ripreso più volte, è vero, ma è stato più che altro scritto di getto, sputato fuori con arroganza, ed era giusto che rimanesse così. Tutta la storia era centrata su Gaia, gli altri erano più che altro accennati. “Punto e a capo” l’ho scritto e terminato quattro anni dopo. Non so quanto fossi più “matura” rispetto al primo libro, ma sicuramente ho fatto più attenzione ai dettagli, alle sfumature, caratteriali e non, di qualsiasi personaggio… anche di quelli più secondari. Volevo che, a modo loro, fossero tutti protagonisti. Non volevo che si limitassero ad essere comparse. Ho tenuto conto delle critiche (quelle motivate però!) che mi sono state mosse per “Resta viva”: ho deciso di scrivere di più, di parlare di più, proprio per dare più modo ai lettori, e a me, di affezionarsi al racconto, di schierarsi con uno o con l’altro protagonista, di sentirsi parte della storia. Spero di essere riuscita nel mio intento… ma questo potrete confermarmelo voi!

C’è stato/a qualche autore/autrice che ti hanno ispirata particolarmente per questo libro?
In realtà non c’è stato un autore che mi ha ispirata particolarmente. Mi è stato detto, da chi l’ha già letto, che la struttura della mia storia ricorda un po’ quella dei libri di Chiara Francini. Ammetto la mia ignoranza, non la conoscevo come scrittrice e cercherò di colmare presto questa mia lacuna.

"Resta viva" o "Punto e a Capo"
(DAE)?
Facciamo tutti e due?
E in generale chi sono i tuoi autori/autrici, artisti/artiste di riferimento? Le tue opere preferite? Quello che ami e che stimola la tua creatività?
Il mio scrittore preferito, in assoluto, è Massimo Bisotti. A prescindere dalla storia che racconta, mi piace da morire come la racconta. Potrebbe scrivermi la lista della spesa, e io amerei anche quella. Adoro tutti i suoi libri, l’ultimo letto è stato “Karma City”: molto interessante ma forse, verso la fine, si perde un po’, a mio avviso. Apprezzo molto anche scrittori come Alessandro d’Avenia, Susanna Casciani, Alice Sebold (“Amabili resti” sarà sempre nella mia top ten), Massimo Gramellini, Simona Sparaco e Margaret Mazzantini. Ovviamente, ho nel cuore anche i grandi classici di: Charlotte Brontë, Gabriel García Márquez, Oscar Wilde, le poesie di Pablo Neruda etc…

Che cosa rappresenta per te “Punto e a capo”, soprattutto dopo “Resta viva”?
“Punto e a capo” non è il continuo di “Resta viva”, ma effettivamente, come vi ho “spoilerato” prima, c’è un personaggio che collega entrambi i libri, che viene ripreso e che, se nel primo era solo di contorno, nel secondo non ha più un ruolo marginale. Scriverlo è stato… diverso. L’ho scritto con un’altra consapevolezza, prima di tutto. Quando ho scritto “Resta viva”, non pensavo minimamente che qualcuno, al di là di mia madre, potesse leggerlo. L’ho scritto per tenerlo nel mio cassetto, per farlo riempire di polvere e dargli una letta ogni tanto. “Punto e a capo” l’ho pensato e organizzato, sapendo già che probabilmente sarebbe stato pubblicato. La difficoltà di scrivere un secondo libro, per me, è stata molto legata anche al fatto che, dopo aver letto il primo, la gente si crea delle aspettative. Il secondo sarà meglio o peggio del primo? Il secondo sarà drammatico tanto quanto lo è stato il primo? Insomma… il confronto è abbastanza inevitabile. Sicuramente la persona che ha scritto “Resta viva” non è poi così uguale a quella che ha scritto “Punto e a capo”. Sono cambiata molto negli ultimi anni, mi sono trasferita in un’altra città senza conoscere nessuno (un cambiamento che non si era ancora verificato, quando ho finito “PEAC”, ma che era già nell’aria), mi sono ritrovata a vivere da sola, a cucinare (a volte, addirittura, i miei amici mi chiamano “Camilla Parodi”… per prendermi in giro, naturalmente), a essere ordinata (cosa che, prima, era solo uno dei sogni dei miei genitori… ma restava una cosa abbastanza utopica). Per me, “Punto e a capo” è il racconto di come sono arrivata a credere in me, di come sono diventata la persona che sono oggi. È una storia molto più personale, più intima, più ricca di dettagli… e chi mi conosce sa bene dove e quando ritrovarmi, anche perché è molto più facile farlo.

E per il futuro? Progetti e sogni da far uscire dal cassetto? Cosa ti piacerebbe scrivere o fare? (Se si può dire!)
Certo che si può dire, non è un segreto! Al momento sono più che altro impegnata con l’università, i libri che mi ritrovo sulla scrivania sono soprattutto libri in inglese che mi elencano le varie teorie della comunicazione, del design e tutti gli esperimenti sulle strategie persuasive, dagli albori a oggi. Non è proprio il massimo!!! Il tempo per scrivere adesso è molto poco. Altro problema: scrivo quando sono particolarmente triste, e adesso, per mia fortuna, sono in un periodo incasinato ma felice. Rientra nei miei prossimi piani la scrittura di un nuovo romanzo, che, però, vi anticipo che sarà altamente drammatico (e decisamente complicato da scrivere… perché l’ispirazione, qui, arriva da una situazione realmente accaduta e a una persona a me, e a chi ho vicino, molto cara). Non mi pongo grandi limiti per il futuro, mi piacerebbe molto scrivere anche qualcosa di altri generi… sarebbe una sfida, per me, vedere se riesco solo a farvi piangere oppure no! Per il momento, però, mi concentro sulla prossima laurea… prima il dovere e poi il piacere!

Grazie infinite per il tempo che mi avete dedicato! In bocca al lupo per tutto e un caro saluto a tutti voi!

Scheda tecnica del libro

Punto e a Capo
di Camilla Stenti
Casa Editrice: DAE (Dario Abate Editore)
Genere: Narrativa Rosa/Narrativa Contemporanea
Anno: 2019
Versioni: ebook e cartaceo
Sito DAE: clicca qui

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