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lunedì 5 ottobre 2020

Alice, dal paese delle meraviglie al labirinto, una figura che ha influenzato la nostra cultura - Prima parte, suggestioni d'immagine

Corre il 4 luglio 1862 quando il reverendo Charles Lutwidge Dodgson si trova sul Tamigi, in compagnia delle piccole Alice Pleasance, Edith e Lorina Liddell. A remare è il reverendo Duckworth, presenza silenziosa che assiste a una scena tanto divertente quanto curiosa, sotto il sole estivo. Perché Duckworth si diverte? Semplice: Dodgson racconta una storia che riguarda una bambina che cade nella tana di un coniglio. Di che colore era il coniglio? Che ci faceva a spasso, come un umano? Lo sapremo in seguito, quando il narratore si cimenterà nella stesura di quel romanzo che inaugurerà (non proprio a ragione) la stagione della letteratura per l'infanzia
(Immagine di John Tenniel)


Hai capito, lettore/lettrice che quando parlo di Dodgson mi riferisco a Lewis Carroll. Nella vita di tutti i giorni, Dodgson è un timido insegnante di matematica, affetto da una balbuzie che sparisce quando è in compagnia dei bambini, soprattutto delle bambine. Il nostro è un genietto: inventore, pioniere della fotografia, scrittore esperto di nonsense e giochi di parole (e lo vediamo anche nei suoi versi). La gita sul Tamigi è un evento cardinale per lui.   

Da questa gita e dal confronto con le figlie del rettore del Christ Church - l'istituto dove Dodgson insegna matematica - nasce infatti quel romanzo incredibile che è "Alice nel paese delle meraviglie", seguito poi da "Attraverso lo specchio e quello che Alice vi trovò". I due romanzi carrolliani sono meno conosciuti di quello che pensiamo; tuttavia hanno saputo penetrare nell'immaginario collettivo al punto che a distanza di duecento anni, assurgono all'Olimpo dei classici moderni. Da questo articolo compiamo un viaggio a puntate alla scoperta del mondo e dei retroscena dei libri e della loro protagonista, Alice, capaci di ispirare milioni di persone, lettori e artisti di tutto il mondo. 

Dodgson ha sempre tenuto a precisare che Alice Pleasance, sua piccola cara amica, non ha ispirato il personaggio che l'ha resa celebre, tanto che nelle illustrazioni che corredano le prime edizioni di "Alice nel paese delle meraviglie" troviamo una bambina completamente diversa dalla figlia del rettore Liddell. Se la piccola Pleasance era una brunetta con un'espressione scafata considerata l'età (successivamente diventerà una donna di cultura nonché artista di peso a livello europeo), l'Alice del romanzo è una bizzarra biondina con lineamenti delicati che ha ispirato le successive generazioni di artisti visual e non. 

Questa figurina ispira anche i disegni del lungometraggio del 1951, diretto da  Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wilfred Jackson. Il film rappresenta uno dei cimenti da realizzare, in linea con la visione di un grande sognatore qual è Walt Disney. Tredicesimo classico della scuderia, il film d'animazione si configura come una fusione di commedia, film fantastico e musicale, a partire dal soggetto di Carroll. Numerose le revisioni alla sceneggiatura, per un romanzo di non facile adattabilità.
L'accoglienza non è delle migliori. 
Se da parte degli estimatori dei romanzi carolliani, l'accusa è di avere americanizzato l'opera, da un'altra parte il critico Morandini ne rileva il sostanziale fallimento, pur nell'apprezzabile tentativo sperimentale e nella messa in evidenza di componenti stralunati e paradossi - cita anche: non si può "espungere la filosofia dell'assurdo di Carroll e, insieme, conservarne l'impianto narrativo bislacco che soltanto quella filosofia avrebbe potuto giustificare" (O. De Fornari) -. Qualche plauso da parte del critico italiano a personaggi come lo Stregatto, che considera azzeccato. 

La revisione avviene quasi a distanza di vent'anni dalla sua uscita originale e dopo il successo nordamericano del film d'animazione di George Dunning "Yellow Submarine" (1968); grazie alla direzione artistica super-visionaria di Mary Blair e all'associazione di lunga data dell'opera carrolliana con la cultura della droga, il film viene riscoperto dai giovani del tempo come una sorta di "film cerebrale" (insieme a "Fantasia" e "I tre caballeros") e mostrato in diverse università in tutto il paese. Da parte del colosso Disney, le reazioni non sono entusiastiche, complice un'associazione che non ha nulla a che spartire con la filosofia "artistica e aziendale"; ma del resto, la presenza di funghi ed elisir dalle proprietà magiche (per non dire altro), il bruco fumatore e altri elementi, danno adito a non pochi pensieri psichedelici!

Revisioni e deliri a parte, dagli anni Cinquanta la figura di Alice con le sue disavventure, è diventata d'ispirazione, aprendo al mondo dell'onirico.
Consideriamo che di versioni cinematografiche ne abbiamo diverse, precedenti e successive: 1903, 1915, 1933. Un'opera come quella di Alice si presta benissimo agli albori del cinema in cui la componente surreale ha un ruolo importante, pensando ai viaggi di George Méliès; ma anche dopo il 1951, tra gli anni Settanta e il 2016 non mancano numerose trasposizioni in celluloide del classico di Carroll, tra cui si cita la disneyana del 2010 con la direzione di un maestro del surreale dark, Tim Burton
Una versione che anche in questo caso lascia qualche perplessità, pur nel tripudio visionario sorretto da un mestiere di alto livello qual è quello del regista americano.

La bionda Alice con il vestitino azzurro e il grembiule bianco, evocatrice di un'immagine delicata e infantile, è protagonista di dialoghi che lasciano senza parole, considerando che si tratta di una bambina della puritana epoca vittoriana; tali dialoghi, assurdi non per caso ma per aggirare la censura dell'epoca, ma sempre rispondenti allo spirito dell'autore, si inscrivono perfettamente nel filone della psichedelia. Da lì anche una recente iconografia dark-splatter di Alice.

Chiudo questo articolo con un'ultima considerazione: se il film disneyano ha mantenuto un impianto narrativo tradizionale per una ragione di fruibilità, è anche vero che esso ha dato adito a una discrepanza con il romanzo al punto che chi, reduce dallo schermo si cimenta sulla pagina carolliana, resta sorpreso.

"E io che pensavo che Alice fosse..."
Insomma tra il film e il libro, corre un oceano di differenze che hanno contribuito a distorcere il personaggio di Alice e il senso dei romanzi carrolliani. Ma è anche grazie a Disney che si sono spalancate le porte sulla figura di questa bambina bizzarra, dando adito a una molteplicità di interpretazioni variegate, a volte contrastanti, non sempre corrette rispetto alle opere narrative, ma di certo stimolanti dal punto di vista creativo. E in fondo, Carroll gradirebbe. 

Le vedremo nei prossimi articoli!  

Foto 1: Alice Pleasance Liddel
Foto 2: Immagine del fil disney
Foto 3: Il Bianconiglio illustrato da John Tenniel

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