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mercoledì 31 marzo 2021

RECENSIONI CLASSICHE - "La favola di Eros e Psiche" di Apuleio: donne contro donne e le conseguenze dell'invidia e dell'amore

Lo sappiamo tutti che l'invidia è "una cosa molto brutta". Un grande classico della letteratura latina, ce lo racconta: mi riferisco a "La favola di Eros e Psiche" (edizioni varie), narrata da Apuleio, che vede schierate, rivisitando il titolo di un noto film nostrano, le donne contro le donne. Per fortuna, esiste l'amore... ma con quanti travagli e con quale ruolo?

Psiche è una principessa la cui bellezza attira l'attenzione di sudditi e forestieri in maniera crescente, al punto da distogliere l'attenzione da Venere. I templi dedicati alla divinità vengono gradualmente trascurati, mentre la fama della giovane umana cresce, attirando le ire divine. Venere assegna a Eros il compito di far innamorare Psiche di un uomo mostruoso; ma il monello, preso dal trasporto per la ragazza, disattende agli ordini materni. L'amore, quindi, prende il sopravvento: Psiche entra nel talamo di Eros, la cui identità resta avvolta nel mistero agli occhi della fanciulla. Se non fosse che le sorelle, rose dall'invidia per il fasto che la circonda, agiscono come il serpente dell'Eden, inducendo Psiche a una tentazione che sarà deleteria. Soltanto l'amore le sarà di supporto: ma come?

L'ira è sempre funesta, lo sappiamo, e non solo per il Pelide Achille. Nella favola narrata da Apuleio, a mio parere il capitolo più bello de "Le metamorfosi", tra i capolavori della letteratura latina, l'ira è di donne verso le altre donne. Psiche viene presa di mira, prima da Venere (da notare come l'ambientazione sia greca ma i nomi delle divinità siano latini, con uno slittamento legato all'adattamento al Pantheon caro ad Apuleio), poi dalle due sorelle. La ragione è una: l'invidia. La dea invidia la bellezza di Psiche; le sorelle, l'agio in cui lei si trova, con un marito sicuramente più bello e giovane dei loro. Donne in competizione, per la bellezza e per un uomo: la favola è lo specchio di un modello comportamentale che, senza troppe teorizzazioni e ben prima della nascita della psicanalisi, viene reso in tutta la sua forza. Distruttiva, purtroppo. 

Psiche, travolta dagli eventi, vive una fiaba con tutti i crismi della narrazione. L'elemento magico e le tre prove che la protagonista affronta, così come gli aiutanti che accorrono in suo aiuto, sono tipici del genere. E così, la presenza di un'antagonista forte che martoria Psiche, portandola al limite dello sfinimento. Venere è un po' la strega di Biancaneve o la matrigna di Cenerentola (e, oltretutto, troviamo due sorelle, come nella vicenda della scarpina di cristallo). Ma troviamo anche un grande amore per cui vale la pena lottare. Eros non è però il Principe Azzurro che salva Psiche, la quale è un po' eroina di se stessa.

Se è vero che all'inizio Eros la aiuta grazie al suo amore, è poi vero che Psiche sarà costretta ad affrontare le prove, correndo grandi rischi sulla sua pelle, come una moderna supereroina. Più volte la disperazione sembra prendere il sopravvento, ma la purezza di cuore della fanciulla, quella sua dolce determinazione e dedizione all'amore, saranno il motore che la faranno reagire. A dimostrazione che l'invidia ha spesso le ore contate, laddove crea le condizioni per rafforzare l'amore.   

L'amore, quello vero, quello per cui si è disposti a sacrificarsi, vince. Ma sempre tra mille sofferenze: perché questo sentimento è paragonabile a una rosa con tante spine, ma proprio le spine la rendono preziosa, come prezioso è il sentimento più cantato di sempre.   

Perché leggere questo classico?
"La favola di Eros e Psiche" è un classico da leggere per come rappresenta aspetti del comportamento umano - ai tempi non ancora teorizzati - come solo una bellissima fiaba può fare. Una fiaba ricca di magia e di quel fascino ancestrale che ci riporta alle nostre radici umane. Una fiaba con una supereroina moderna, che insegna che l'invidia è un orpello inutile che prevede sempre un contrappasso, come accade alle sorelle. Chi la fa, l'aspetti. E l'amore si coglie come una rosa, malgrado le spine. O grazie alle spine. 


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