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martedì 13 dicembre 2022

"Il supervisore dei suicidi": la fantascienza a tinte cupe nel romanzo di Claudio Secci

Dal punto di vista della narrativa, lo abbiamo conosciuto come autore del thriller "Le dita sottili"; ora lo ritroviamo in un cimento diverso. Claudio Secci è uscito alcune settimane fa con "Il supervisore dei suicidi", un romanzo di fantascienza edito anche questo come il precedente da Delos Digital (Collana: Odissea Digital).
Ecco la recensione.

La trama
Nel 2109 una catastrofe mondiale impone agli umani di abbandonare la Terra per raggiungere KB34, un pianetino abitabile già colonizzato da qualche tempo. Il nuovo pianeta è sfruttato nella zolla sud dagli umani, e nella zolla nord, quella più ricca di risorse, da Magnus0, un androide cognitivo ribelle fuggito nel 2107, capace di dare vita a un esercito di androidi convertiti in semi-senzienti. Bisogna prendere possesso delle materie prime per il sostentamento delle fabbriche e degli impianti, perché nella regione sud sono quasi terminate. Lewis Harper, il protagonista, un sopravvissuto che dopo l'approdo su KB34 viene incaricato di diventare un operatore speciale, un Supervisore dei Suicidi. Lo scopo è quello di cercare di prevenire i tentativi di suicidio da parte degli umani, che si tolgono la vita in modo preoccupante, per motivi misteriosi. Nel frattempo la guerra si intensifica, e i Magnus avanzano minacciosi. Riusciranno gli umani a sopravvivere o saranno costretti a rientrare sulla Terra, sperando sia possibile viverci?

La recensione
"Il supervisore dei suicidi" (Odissea Digital) parte da un'idea molto interessante e presenta tutti i topos del genere, proiettandoci in una dimensione angosciata, che instilla una serie di domande la cui risposta sembra persa in un limbo. Perché le persone si suicidano? Che cosa le spinge? Una situazione che porta la fantascienza a un livello ontologico tale per cui la scrittura diventa anche uno scavo nelle motivazioni umane. Il lettore si immedesima completamente nel personaggio, grazie al lavoro dell'autore, e questo è un punto molto forte dell'opera. 

Lo scenario è un altro aspetto forte. L'attenzione alla costruzione è certosina, l'autore non omette un dettaglio. C'è però qualcosa che sfugge nello sviluppo della trama, dove la parte finale sembra risolversi in un modo troppo rapido rispetto al resto del romanzo. Ci sono domande che restano sospese, motivazioni che non si chiariscono, un amore che si sviluppa troppo rapidamente, che sembra non avere agganci con il passato.

Solitamente il lavoro dell'autore, caratterizzato dalla fatica naturale nello svolgimento del proprio mestiere, deve dare l'impressione della naturalezza; qui, invece, ho avvertito una certa fatica della scrittura, un aspetto che va a svantaggio del risultato generale. Nell'attenzione certosina data alla forma viene congelata la spinta emotiva; la narrazione di Harper non viene completamente risolta e la parte emozionale viene tagliata, quando avrebbe contribuito a creare un personaggio in 3D. 

La penna di Claudio Secci cerca la perfezione con uno sforzo che si avverte. Tale sforzo, segno di cura e attenzione, tende però a ingabbiare la parte emotiva e questo va a discapito sia della costruzione dei dialoghi, che suonano forzati, sia della gestione del ritmo, molto rallentata. Il controllo sulla materia è parte del mestiere, ma lasciarsi andare al lato meno razionale dà calore allo scritto. Un po' manca questo aspetto, forse uno svelarsi della penna che dovrebbe solo lasciarsi andare al gioco della creazione e alle dinamiche più intime del personaggio.         

Per concludere
"Il supervisore dei suicidi" nasce indubbiamente da un grande impegno, con una penna che però, nella ricerca della precisione, perde di vista il piano emozionale e rallenta il ritmo.  Finale un po' tirato via, ma costruzione del mondo e implicazioni interessanti nel rapporto uomo-tecnologia. 

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