Filomena Arienzo esordisce nella prosa con "Il libriccino ingiallito" (Transeuropa), opera che rappresenta una tappa importante del suo percorso, iniziato con la poesia, genere in cui si è mossa pubblicando "Assorta" (PAV Edizioni) e "Momenti incespicanti" (Montag).
Un'autrice giustamente pignola, ma anche creativa, come emerge dall'intervista.
Grazie per l'invito e per l'opportunità di avere questo spazio a disposizione! Innanzitutto porgo un caloroso saluto a te e a tutti i lettori. Mi presento dicendo che sono principalmente una mamma, sono laureata in Lettere, indirizzo Pubblicistica, e sono una giornalista pubblicista, iscritta all'albo dal 2005. Sono tantissime le cose che amo o amerei fare, ma, per il poco tempo che ho a disposizione, non riesco a dedicarmi a ciascuna di esse come vorrei, e purtroppo questo vale anche per la scrittura che è la mia più grande passione.
La tua passione per la scrittura nasce in tenera età. C’è stato un evento in particolare che ti ha portato a scrivere?
Scrivo da quando ho imparato a scrivere nel senso letterale dell'espressione, ma non c'è stato un evento in particolare che mi ha portato a farlo. Credo che sia qualcosa di innato, sono sempre stata molto creativa anche in altri ambiti. Già all'epoca, se avevo una penna tra le mani, il foglio innanzi a me non restava bianco a lungo. Diventava la mia tela bianca su cui poter esprimere tutte le mie emozioni e soprattutto dare sfogo alla mia grande immaginazione. Avevo anche dei quaderni dedicati completamente alle storie che inventavo, per lo più fiabe che mi divertivo anche a illustrare. Allora vivevo perennemente in un mondo di fantasia, e quindi mi veniva naturale scrivere quel genere, mentre ora sono fin troppo con i piedi per terra, perciò traggo ispirazione più dalla realtà, fatta spesso anche di dolori e sofferenze.
E per quanto riguarda le letture? Quali ti appassionano? Ci sono autrici o autori di riferimento, opere che ti hanno dato ulteriore impulso a scrivere? E che cosa ti hanno lasciato?
Ho sempre letto molto, ma in questo periodo purtroppo meno che in passato per i numerosi impegni che ho. Penso che tutto ciò che leggiamo lasci anche involontariamente un segno. A volte alcune letture ci piacciono più di altre per il periodo che stiamo vivendo o per la nostra età, le nostre esperienze, il nostro vissuto. Alcuni libri che consideravo eccelsi, rileggendoli anni dopo, li ho trovati molto meno belli. Sono sicuramente tanto influenzata, sia per quanto riguarda i contenuti sia per la scrittura, dai classici della letteratura più che dai contemporanei, forse anche per gli studi fatti. Ci sono state poi alcune letture dell'infanzia che mi hanno entusiasmata a tal punto da farmi pensare già allora che un giorno avrei pubblicato un libro, proprio come aveva fatto la Jo di "Piccole donne", mentre una più recente, "L'amica geniale", mi ha dato la forza di realizzare quel sogno, come la protagonista del romanzo, anche se lei è una scrittrice affermata e io invece solo un'esordiente.
Arriviamo alle tue prime pubblicazioni: come hai deciso di “metterti in gioco”?
Anche se ormai da anni non mi dedicavo più alla scrittura né per passione né per lavoro, spesso mi capitava di appuntare, soprattutto nelle note del telefono, le idee, le emozioni, gli stati d'animo che avevo provato direttamente o indirettamente per fatti che erano accaduti nella mia vita o a cui avevo assistito da spettatrice. La pausa dalle varie attività imposta dalla pandemia, sebbene sia stata molto difficile da gestire sotto tanti aspetti, mi ha regalato qualcosa di cui avevo bisogno: del tempo per riguardare quegli appunti, riordinarli e trasformarli in opere. Il giudizio molto positivo di un editore a cui ho inviato la prima opera ha fatto il resto, dandomi la spinta necessaria per provare a "mettermi in gioco". È così che sono diventata l’autrice di tre libri pubblicati in soli pochi mesi.
Ci vuoi parlare di “Assorta”? Da cosa nasce e quali temi tratta?
Il mio primo amore per la scrittura, oltre che per le fiabe, era stato per la poesia, perciò il mio primo libro non poteva che essere completamente dedicato a essa. Alla primaria avevo vinto anche un premio indetto per le scuole e negli anni avevo continuato a esprimere quelle emozioni che ora sono tutte racchiuse in "Assorta", una raccolta di duecentodieci poesie. La prima si intitola "Poesia adolescenziale" perché concepita proprio in quel periodo della mia vita. Si tratta, quindi, di una silloge poetica nata in quanto assorta in quei rari momenti in cui ho potuto dedicarmi a me stessa e a ciò che stavo provando. Non ho cambiato niente di quanto trovato in quegli appunti, anche se il contenuto mi sembrava talvolta eccessivo o non riuscivo più a riconoscermi in quelle parole, ma se in passato avevo provato quello stato d'animo e l'avevo espresso, forse doveva restare impresso su quel foglio. L'unica cosa che ho fatto, che rappresenta anche un po' l'originalità dell'opera, è stato suddividere le poesie in capitoli, ciascuno con una propria tematica. L'ispirazione, cioè il momento esatto in cui quello che sentivo voleva a ogni costo essere esternato e io ho accettato quella provocazione e ho voluto esprimerlo e metterlo per iscritto, si è fatta viva soprattutto in momenti in cui ero triste, confusa, arrabbiata, angosciata, ecco perché la mia è stata definita una poesia dalla tristezza cosmica, che alla fine lascia comunque intravedere uno spiraglio di apertura alla speranza. È stata considerata, però, anche una poesia utile perché chiunque vive quelle stesse situazioni può riconoscersi, immedesimarsi, trovare similitudini e forse trarne persino conforto, che è un po' il mio scopo e anche la mia sfida, avendo l'obiettivo di avvicinare sempre più persone a questo genere letterario, considerato ormai di nicchia.
A proposito di “Momenti incespicanti”: qual è stata la sua genesi?
Si tratta sempre di una silloge poetica nata, però, per un premio letterario a cui ho partecipato, e, in quanto opera meritoria, la casa editrice che lo aveva indetto mi ha proposto la pubblicazione. È un libro che, partendo da una sfera più personale, arriva a una visione sul mondo, toccando varie tematiche e parlando delle difficoltà e delle problematiche che ognuno prima o poi si trova ad affrontare nella vita, quelle che nell'opera chiamo "Momenti incespicanti". A volte sembrano ostacoli insormontabili e finiscono per farci cadere, ma ciò che conta è riuscire a rialzarsi, superarli e andare avanti: questo è il messaggio finale della silloge.
Arriviamo al romanzo, “Il libriccino ingiallito”: quanto e come ha influito la poesia nella sua stesura?
La poesia ha influito moltissimo. Alcune liriche sono state proprio il punto di partenza. Ciò che era presente nei versi, spesso molto brevi, talvolta composti da una sola parola, si è ampliato sempre più, tramutandosi in prosa. In altri casi, quel che volevo raccontare l'ho preso dall'esterno, l'ho interiorizzato, e, una volta fatto mio, l'ho trasformato in altro, pur facendolo passare sempre attraverso un sentimento, uno stato d'animo e tutta la sfera emotiva presenti nella poesia, così, lasciando la forma dell'essenzialità, è diventato un testo man mano più corposo, una pagina, una di quelle del manoscritto ritrovato, il libriccino ingiallito che dà il titolo al romanzo.
Di cosa tratta, cosa lo ha influenzato?
È una storia di amicizia, amore, resilienza, dolore e sofferenza ma anche e soprattutto di speranza e di rinascita che tratta il tema della violenza sulle donne. È stato influenzato dai numerosi casi di cronaca di cui purtroppo le vittime sono sempre più frequenti. Per il mio forte legame con il mondo del giornalismo, mi sono sentita in dovere di affrontare questa tematica che mi sta particolarmente a cuore, come credo che lo sia a tutte le donne.
Chi sono i personaggi principali e di cosa sono in cerca?
Sono tre donne di età differenti che non si conoscono tra di loro e vivono delle vite molto diverse, eppure, una volta che si incontrano, diventano amiche inseparabili. Ognuna di loro ha le sue fragilità, è un'anima tormentata che soffre per la condizione in cui si trova, ma, grazie a quel manoscritto, che diventa una preziosa testimonianza, tutte e tre riescono a riscattarsi, a trovare la chiave per liberare il proprio potenziale e a rinascere, guidate dall'amore, che è il sentimento di cui sono in cerca.
Dal punto di vista dello stile e delle tecniche, come hai lavorato? Che cosa hai evitato di fare e quali accorgimenti hai messo in campo?
Sono partita da appunti che avevo preso anche dopo la lettura o la visione di inchieste giornalistiche. Volevo perciò che quel che mi stavo apprestando a scrivere fosse credibile, reale, vero, ecco perché ho pensato di servirmi di un manoscritto ritrovato, in modo che potesse essere la stessa vittima di violenza a parlare della sua vita. Una vita che all'apparenza poteva sembrare persino normale, a parte il fatto che chi aveva al proprio fianco era incapace di amarla, eppure aveva avuto un tragico epilogo. Ho pensato di utilizzare l'espediente del manoscritto autobiografico anche per poter fare uso della prima persona, che trovo sia molto più coinvolgente, perché in fondo il mio intento non è solo quello di sensibilizzare contro la violenza, ma soprattutto di provare a fornire spunti di riflessione e aiutare ad arrivare a una maggiore consapevolezza, per fuggire da situazioni di pericolo prima che sia troppo tardi. La parte della narrazione, che si svolge dieci anni dopo il ritrovamento del libriccino, è invece scritta in terza persona. Mi sono servita di tre protagoniste per dare centralità alla figura della donna, per la stessa ragione ho fornito solo a loro dei nomi propri. Colei che invece scrive il manoscritto, pur essendo una donna, non ha un proprio nome, ma in questo caso per una motivazione ben diversa, perché vorrei che ciascuna donna si riconoscesse in lei, almeno in uno dei suoi molteplici aspetti. Ho cercato, sempre per favorire l'identificazione, di essere vaga anche sul luogo di svolgimento della storia e sul tempo in cui accadono i fatti, anche se ci sono diverse indicazioni nel testo che permettono di intuire entrambe le informazioni. Ho evitato spesso i dialoghi, preferendo una forma più raccontata per dare maggiore fluidità e intensità a quel che si stava narrando. Ho dato ampio spazio alla lettura del manoscritto, così tanto che la parte centrale dell'opera può considerarsi un romanzo nel romanzo.
Rispetto alla tua evoluzione di scrittura, come si pone questo romanzo? Cosa rappresenta per te la sua pubblicazione?
Sicuramente questa pubblicazione è stata la realizzazione di quel sogno che, come dicevo prima, avevo sempre avuto sin da piccola. Sebbene avessi pubblicato già altri due libri, questo è stato il punto di arrivo, dopo poesie, fiabe, racconti, articoli. La poesia è sempre stata parte di me, ma arrivare a pubblicare un romanzo, soprattutto con il poco tempo che ho a disposizione, è stata una vera e propria sfida con me stessa. Mentre per le sillogi avevo lasciato ogni verso invariato per rispettarne la genesi, per l'opera narrativa è venuta fuori tutta la mia pignoleria e la mia voglia di migliorare il testo il più possibile, così l'ho letto e riletto non so quante volte, aggiungendo, togliendo, sostituendo parole, paragrafi, a volte persino capitoli, ma sono soddisfatta del risultato finale, visto che è diventato una storia coinvolgente che tocca in modo profondo le corde emotive di chi lo legge. Nonostante sia stato un grosso lavoro per me, sono molto contenta di aver avuto la forza di portare avanti la mia passione e di aver realizzato il mio sogno, seppur con innumerevoli difficoltà, ecco perché l'ho dedicato ai miei figli, vorrei che coltivassero le loro passioni e credessero sempre nei loro sogni, come lo auguro anche a tutti i lettori.
Ci puoi parlare dei tuoi progetti futuri?
Il mio progetto per il futuro è pura follia, soprattutto per i numerosi impegni quotidiani. Sarebbe provare a scrivere un romanzo per ciascun genere letterario, ecco perché ne ho iniziati sette, tutti molto diversi tra di loro. Appena ho un'idea, e durante l'arco della giornata ne ho tantissime, l'appunto, ma sarà molto difficile poi collegarle tra di loro, trasformarle in una storia e soprattutto farlo con tutti quanti i romanzi. Non so quanto tempo mi ci vorrà, ma spero vivamente di riuscire a portarli a termine tutti. Intanto uno di questi è già prossimo alla pubblicazione, due sono circa a metà della prima stesura, mentre per gli altri ci sarà da aspettare ancora un po', anche perché nel poco tempo libero mi sto dedicando molto alla promozione delle opere già pubblicate, non perché vorrei diventare famosa, ma perché mi piacerebbe arrivare a quanti più lettori possibili affinché possano riconoscersi, immedesimarsi e cogliere il senso delle mie opere, che, sebbene di generi diversi, hanno lo stesso identico messaggio: andare avanti sempre e comunque nonostante le difficoltà che la vita ci riserva. Essendo molto creativa, le idee non mi mancano, perciò continuo a fare progetti anche in merito a tante altre cose, che, finendo quasi sempre su carta, magari un giorno verranno realizzati da uno dei miei personaggi.
Se vuoi aggiungere altro…
Credo di essere stata già fin troppo prolissa nelle risposte, perciò non aggiungo altro, se non un grosso ringraziamento per questa intervista!
L'autrice: Filomena Arienzo (Salerno, 1981)
Laureta in Lettere, indirizzo Pubblicistica, presso l’Università degli Studi di Salerno, giornalista iscritta all’Albo dei giornalisti pubblicisti, risiede a Reggio Emilia. Sposata, ha tre figli.
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