Una narrazione che prende il volo, lieve come una bolla di sapone. Questa bolla sembra sempre sul punto di scoppiare, nel crescendo di eventi che sembrano non avere soluzione di continuità. Eppure, per i tre fratelli Morlevent, rimasti improvvisamente orfani, la vita, dura e crudele, apre spiragli di luce inattesi. Vuoi per la promessa che li lega e che ci riporta al "Tutti per uno, uno per tutti" dei tre moschettieri di Dumas; vuoi perché il corso degli eventi spesso segue la spinta di quel sentimento imprevedibile che è l'amore. Se poi il tutto è raccontato dalla sublime penna di Marie-Aude Maurail, i giochi sono fatti.
Ecco la recensione di "Oh Boy!" (Giunti).
Oh Boy! (Giunti) - la recensioneNon è da tutti raccontare vicende tragiche senza cadere nella trappola della retorica più patetica (nell'accezione negativa per antonomasia del termine); Marie-Aude Maurail lo fa con una naturalezza e una sincerità che arrivano subito al lettore, conquistandolo letteralmente. Vediamo come.
Tutto inizia quando i Morlevent - un fratello e due sorelle - restano orfani. Siméon, Morgan, Venise, non sono disposti ad affidare il loro futuro alla prima assistente sociale che passa. Per questa ragione si mettono in cerca di parenti che possano adottarli; le ricerche portano a risultati fruttuosi, che tuttavia rivelano numerose criticità. Barthélemy - il fratello omosessuale un tantino scapestrato ma dal cuore d'oro - e la sorellastra Josiane, sono i "papabili". A tirare le fila, il giudice e l'assistente sociale che seguono gli orfani Morlevent, coinvolti in una serie di bizzarre situazioni.
Nel romanzo spiccano i personaggi dei tre orfani: Siméon, quattordici anni, talmente precoce da essere in procinto di preparare l'esame di maturità; Morgan, otto anni, che come spesso accade ai fratelli e alle sorelle della "terra di mezzo" (ovvero posti tra il primo e il terzogenito), risulta invisibile, pur essendo una Prima della Classe; Venise, cinque anni, è invece graziosa al punto da attirare l'attenzione di Josiane, la quale, non potendo avere figli, sogna di adottarla. Anche tutti gli altri personaggi sono caratterizzati perfettamente, complice la costruzione impeccabile dei dialoghi.
Dialoghi arguti alternati a una prosa snella, ma anche ricca di dettagli efficaci, che arriva al dunque degli eventi, senza lasciare vuoti di trama. Gli eventi procedono in maniera agile, lasciando al lettore ampi giochi di immaginazione. È proprio lo stile dell'autrice e il relativo lavoro, la chiave di volta di Oh boy.
Marie-Aude Murail narra una vicenda basata sull'accumulazione di eventi oggettivamente tragici, che sembrano posti all'interno di una stanza ovattata. Non c'è alcuna traccia di pesantezza e, anche quando le situazioni sembrano strapparci il cuore, abbiamo l'impressione di prendere il volo. Una risata, un sorriso, la levità di un dialogo condito dall'ironia. Il filtro è quello dell'infanzia, un paio di occhi disincantati, aperti sul mondo ancora ignoto degli accadimenti, percepiti con candida grazia.
Anche quando le situazioni crollano, abbiamo l'impressione di atterrare sul morbido o di rimbalzare su un materasso. Arriviamo al finale con l'impressione di una speranza sempre presente, che ci accompagna, anche quando tutto sembra grigio o irrisolvibile.
Per concludere
"Oh Boy!" ci dà una piccola lezione di ironia e di leggerezza; è un'antitesi al retaggio che ci portiamo dietro e che vede la lacrime come corollario necessario a ciò che è tragico. La penna di Murail intesse scenari leggiadri, anche nelle situazioni più prosaiche. Ci porta dentro alle vicende dei Morlevent e noi ce ne innamoriamo. Sentendoci un po' come questi bambini. Un romanzo che parte per i giovanissimi e che può conquistare anche gli adulti. Una piccola lezione di scrittura leggera. Consigliata ai "poeti della melensa banalità".
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