martedì 12 febbraio 2019

FIABA - "La fata Lusina e il Folletto Malefico"

di Roberta De Tomi

Era una bella mattina di inizio maggio. Le rose stavano sbocciando nel Giardino delle Fate. Sui rami degli alberi, fiori e gemme brillavano di migliaia di sfumature preziose.
Lusina, la principessa delle fate, stava passeggiando tranquillamente. Le libellule della sua Corte Felice reggevano la veste lunga ai due lati, in modo che gli orli non toccassero terra. Dietro alla bella fata si era formato un corteo di insetti: coccinelle, farfalle, formiche, persino due lombrichi!


Lusina osservava il suo giardino quando, a un tratto, si fermò. Fissò un cespuglio di rose, le Tea, quelle bianche come neve, poi osservò quelle accanto, rosse come i pomodori maturi, quindi tornò alle prime. I boccioli erano semi-aperti, ma c’era qualcosa che non andava.
La principessa corse verso le Tea. Si chinò per alcuni minuti, quindi si alzò, gridando: “Chi ha strappato i petali delle mie rose preferite?”
Gli insetti si bloccarono, mentre dal palazzo reale uscirono alcune ancelle avvolte in abiti candidi e vaporosi come le nuvole.
Una della prima fila, con le trecce dorate, raggiunse la fata.
“Nostra signora, che cosa sta succedendo?”
“Tilly, hanno strappato le mie rose.”
Tilly era la prima ancella della principessa, nonché la sua migliore amica. “O mia Dea, chi potrebbe essere stato?”
Tra le fanciulle fatate si levarono commenti più o meno sussurrati. Lusina era sconvolta, nessuno sapeva dare indicazioni, quando, improvvisamente, dal cespuglio con i boccioli recisi, spuntò un folletto.
Una delle ancelle lo indicò, spaventata.
Il Folletto Malefico!
La creaturina si portò ai piedi della principessa. Indossava un cappello rosso, cosparso da macchie bianche, che nascondeva un volto paffuto rotondo come la Terra.
Lusina lo fissò, seria. “Sei stato tu a recidere le rose?”
“Io? Forse no. Anzi sì!”
“Ma lo sai che non si deve fare? Se tagli le rose del nostro giardino, la bellezza scomparirà dal mondo degli uomini.”
“Non mi interessa. Noi Folletti Malefici non aiutiamo gli esseri umani.”
“Lo so. Ma tu non puoi tagliare le rose delle fate.”
Il folletto fece una pernacchia. “E io invece lo faccio.”
Cominciò a saltellare come un leprotto e allora Lusina lo inseguì. Cercò di acchiapparlo, ma il Folletto era troppo veloce. A quel punto anche le ancelle provarono a catturarlo, e così anche gli insetti; ma era un fulmine e nessuno riusciva a metterlo in trappola!
Quando ormai Lusina stava per rinunciare, ecco che la creatura inciampò in un riccio e cadde a terra.  La fata, rapida, lo afferrò.
Strinse il pugno, arrabbiata. “Ti darò una bella lezione.”
Tilly intervenne: “Non farlo! Se lo schiacci, non ti potrà ridare i petali!”
Lusina allentò il pugno
"Allora, che cosa devo fare?"
L'esserino pigolò: “Devi regalarmi il cielo in un attimo.”
“Ma io non posso regalarti il cielo in un'ora, figuriamoci in un attimo!”
Il Folletto si agitò. "Oh insomma, non hai capito! Devi regalarmi una cosa bella e rara come il cielo! E lo devi fare in un attimo!”
La fata ci pensò, quindi propose: “Ti posso regalare dell’oro.”
Ma al Folletto non interessava l’oro.
“Ti posso regalare qualche potere magico.”
Ma il Folletto non poteva avere la magia delle fate.
“Ti posso regalare un amico.”
Ma il Folletto non poteva avere amici. Era malefico.
La Principessa era disperata. Non sapeva cosa fare. Si guardò intorno, cercando risposte che non arrivavano. Gli insetti e le ancelle non sapevano cosa dirle.
Quindi si fece delle domande. Che cosa poteva avere un Folletto Dispettoso? E che cosa non poteva avere?
Pensò, ripensò, e a quel punto la risposta arrivò. La fata si chinò sulla creaturina. Posò un bacio sulla fronte. Lo fece, anche se puzzava di muffa: in fondo, per un folletto malvagio, un bacio era come avere un pezzo di cielo in dono.
Quando si fu staccata da lui, le ancelle gridarono al miracolo.
I boccioli strappati erano ricresciuti ed erano più belli di prima!
Lusina posò il folletto su un sasso. Quello sorrise. Un sorriso dolce come il miele, che subito scomparve nella solita pernacchia. Sparì, con la promessa che non avrebbe più toccato un fiore del Giardino Reale, né avrebbe toccato i fiori di altri giardini. Avrebbe fatto i dispetti soltanto… agli esseri umani!

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