Federica Frignani approda alla narrativa con "Prestami il tuo nome" (InSpire - Pub-Me - clicca qui).
Tutto nasce dai corsi di scrittura creativa organizzati dal Cassetto Culturale e tenuti dalla scrittrice e consulente Roberta De Tomi. Ma nasce soprattutto da talento, impegno e studio. La conferma che scrittori si diventa...
In particolare, alcuni momenti sono stati galeotti... Federica ce li rivela in questa intervista.
L'intervista: "Prestami il tuo nome" di Federica Frignani (InSpire- PubMe)
Benvenuta Federica. Devo ammettere che sono emozionata perché la scrittura creativa c’entra con il tuo esordio narrativo. Ma prima, raccontaci di te. Chi sei nella vita di tutti i giorni? Raccontaci un po’ delle tue passioni e di cosa, invece, non ti piace.
Grazie Roberta per questa bella opportunità. Mi trovi d’accordo, anche io sono emozionata a parlare con te in termini un po’ diversi, solitamente ci confrontiamo come insegnante e allieva…
Mi occupo di amministrazione in un’azienda di Carpi, dove vivo insieme a mio marito e ai miei due figli. Mi piace la natura, camminare, visitare luoghi nuovi, conoscere gente, ma tra le mie passioni più grandi c’è da sempre la lettura. Trovo affascinante immergermi nelle storie, immaginare, emozionarmi, è come vivere mille vite diverse.
Una cosa che invece proprio non sopporto è la prevaricazione, perché è la dimostrazione di una totale mancanza di empatia e di pensiero comune.
E quindi, un giorno hai incontrato la scrittura creativa… ci racconti qualcosa del percorso che hai intrapreso?
Ci è voluto un po’ di coraggio per buttarsi, perché l’ultima volta che avevo scritto qualcosa di mio è stato alle superiori, una vita fa… Poi ho visto la locandina del tuo corso di scrittura creativa al Cassetto Culturale e si è riaccesa la scintilla, la voglia di mettersi in gioco è stata più forte della paura di sbagliare. Tra un’edizione e l’altra, ho frequentato il corso per circa due anni e mezzo, non avrei mai pensato di poterci riuscire. Ero convinta che la mia fantasia si fosse assopita, fosse invecchiata con me, invece è bastato risvegliarla con i tuoi esercizi e mille storie, mille idee si sono fatte avanti. Il problema vero è stato organizzarle!
A proposito… tutto è nato da una foto… ci puoi dire qualcosa in più?
Non scorderò mai quella lezione. Stavamo lavorando sulla caratterizzazione dei personaggi e ci avevi dato un compito: dovevamo impostare un racconto e creare la scheda dei personaggi partendo da un’immagine a scelta fra tre proposte. La prima non mi aveva convinta, era una ragazza dai capelli rossi in un bosco. La seconda mi piaceva, ma non la sentivo vicina, gli occhi di quel ragazzo erano lontani mille miglia da me. Poi è arrivata quella giusta: due donne che indossavano il burqa e reggevano un ombrellino colorato per ripararsi dal sole. Mi sono sentita dentro quell’immagine, come se fossi stata io sotto quel burqa. Ho buttato giù qualche idea, ma non riuscivo a concludere perché le domande a cui dovevo trovare una risposta erano troppe. Se fossi io là sotto? Cosa proverei a guardare il mondo da una rete così fitta? E se l’altra donna fosse mia figlia, cosa le racconterei?
Ricordo bene che dopo un paio di lezioni, sei stata tu a dirmi di continuare a scrivere e non pensare più al racconto, perché dietro l’idea c’era molto di più.
Perché proprio questo argomento?
Probabilmente perché è legato intimamente al concetto di prevaricazione, alla negazione dei diritti, della libertà. È un argomento verso cui sono sempre stata molto sensibile e guardando quella foto mi sono tornate in mente le immagini mostrate dai telegiornali al momento della ripresa del potere dei talebani in Afghanistan, immagini che dopo un paio di settimane avevamo già dimenticato. A modo mio, ho sentito il bisogno di fare qualcosa, di raccontare, di condividere la mia rabbia.
Come hai proceduto nello sviluppo della storia?
Quando grazie a te ho capito che non si trattava di un racconto ma di qualcosa di più, ho iniziato a tratteggiare i personaggi principali attraverso una sorta di mappa, come ci avevi insegnato al corso: le caratteristiche fisiche principali, i tratti del carattere, qualche spunto di vita pregressa. Man mano che il progetto prendeva corpo, sono emersi anche particolari più definiti della storia che volevo raccontare e per fissare le idee, ho utilizzato un altro metodo che ci hai insegnato: ho scritto un elenco di parole che descrivevano gli ambienti, le sensazioni, le peculiarità dei personaggi. Giorno dopo giorno, la storia si è delineata.
Quali difficoltà hai trovato? E come le hai affrontate?
La difficoltà principale è stata reperire le informazioni necessarie perché le vicende fossero realistiche, seppur frutto di fantasia. Mi sono documentata attraverso podcast, articoli, biografie di chi ha vissuto quei drammatici momenti, ma il vero sale della storia è stata l’intervista alla “ragazza di Kabul”, conosciuta tramite un’amica comune. Sentire dalla sua voce il racconto della sua vita e della fuga è stato tanto doloroso quanto illuminante.
Quali aspetti positivi, invece, hai riscontrato durante la stesura?
In alcuni passaggi, ho avuto l’impressione che fossero gli stessi personaggi a chiedermi di raccontare la loro storia e, nonostante le difficoltà iniziali, ho deciso di lasciarmi travolgere dagli eventi che ho immaginato, quasi come se li stessi vivendo in prima persona. È stato un viaggio meraviglioso.
Dal punto di vista della tecnica, come hai proceduto? Cosa hai evitato e su cosa ti sei focalizzata?
Dopo aver cercato le informazioni e averle organizzate, ho impostato una scaletta degli eventi principali e ho cercato di controllare che tutti i personaggi richiamati, gli oggetti e gli ambienti trovassero la loro giusta collocazione, il loro scopo. Mi sono concentrata sulla dinamica della storia, lasciando spazio ai dialoghi e ai movimenti di scena, ho immaginato una voce per ogni personaggio.
Ho cercato di evitare di dilungarmi su aspetti che avrebbero appesantito la storia, come ad esempio descrizioni troppo dettagliate o un eccessivo utilizzo di avverbi. Non è stato facile, ma lasciando decantare il romanzo finito per un paio di settimane per poi rileggerlo con occhio critico, mi è stato di grande aiuto.
Che cosa rappresenta la pubblicazione di questa storia?
È la realizzazione di un sogno, di qualcosa che mi portavo dentro da sempre. Nei personaggi e nella storia di “Prestami il tuo nome” c’è tutto quello in cui credo e vederlo scritto, parlarne con le persone che dedicano una fetta del loro tempo a leggerlo, rappresenta il più grande senso di libertà che io abbia mai provato.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Raccontare. Grazie ai tuoi insegnamenti, mi sono ricordata che nella nostra mente c’è molto di più di quanto crediamo, dobbiamo soltanto trovare il modo e soprattutto il coraggio di tirarlo fuori. Perché è così, serve coraggio per scrivere. Significa davvero mettersi a nudo.
Qual è la lezione più importante che hai avuto dalla scrittura creativa?
Mi sono data una possibilità, mi sono imposta di vedere un traguardo che non riuscivo nemmeno a immaginare e questo mi ha dato la spinta per andare avanti. Dal punto di vista strettamente tecnico, sai già che l’edizione del corso che ho preferito è stata quella relativa ai cinque sensi e ho cercato di metterla in pratica nel mio romanzo. Sentire dai lettori che il profumo dei biscotti o i colori del tramonto sembrano uscire dalle pagine, è una grande soddisfazione.
"Prestami il tuo nome": una storia di libertà, contro le oppressioni
Estate 2022.
Nella Kabul stravolta dal ritorno dei talebani la vita delle donne è una costrizione continua.
Kiran ha sedici anni e per uscire di casa deve indossare il burqa e camminare a un metro da suo fratello. Zahra ha smesso di cucire abiti dai colori sgargianti, ora nella sua sartoria sono esposte solo le pesanti tuniche blu e nere che tanto odia.
Ma nella vita delle donne afghane uno spiraglio di luce è nascosto dietro una porta blu. Ed è così che Kiran impara da Zahra non solo a cucire ma anche a lottare per la libertà.
La penna emozionante dell’autrice ci trascina pagina dopo pagina in un paese martoriato, in cui una donna può diventare risorsa solo se sceglie di fare la propria parte, rischiando la vita.
Le recensioni, un sunto: cinque stelle con considerazioni sulle emozioni ma anche sull'attualità delle donne di Kabul e sui rapporti famigliari che portano a sviluppi peculiari. La narrazione spicca per capacità di approfondimento e una storia d'amore che va oltre i canoni del romance, delineando un romanzo di narrativa dall'impianto solido e definito. Con una scrittura che scorre e sa il fatto suo.
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