Lubiana svetta sul suo metro e settanta-e-troppo. Ora che indossa il tacco 12 mi pare una gigantessa dalle gambe infinite e con corpo e volto troppo perfetti per essere veri.
Faccio la brutta statuina mentre lei pronuncia il mio nome. Ha una dizione pulita, come se avesse messo nel cassetto quell'accento acuto che conferiva a ogni parola una cantilena fluttuante. In compenso, non ha perso il portamento elegante che l'ha sempre distinta da me.
"Luby."
Sussurro, senza fiato.
Questione di un attimo: scatto e mi precipito verso di lei.