giovedì 4 aprile 2019

Tre autori per un viaggio nel fantastico: dalla realtà alla magia, oltre lo specchio.

I libri esposti alla Branasserie
Il genere fantastico: siamo davvero fuori dalla realtà?
Ne abbiamo parlato venerdì 29 marzo, alla Branasserie (a Reggiolo), con gli scrittori Luca Marchesi, Fabrizio Carollo e Alessandra Pozzi.




Luca Marchesi
PRIMA TORNATA 

La presentazione si è aperta con Luca Marchesi (che chiameremo Luca), giornalista professionista e scrittore della trilogia delle “Streghe della Bassa” che comprende i romanzi editi da Leone Editore:“L’ultima notte di nebbia. Il mostro e le streghe della Bassa” (2009); “La maledizione della pioggia. Le sirene e le streghe della Bassa” (2010); “Battaglia finale” (2011).


La penna sognante – Luca, com’è nata la trilogia delle "Streghe della Bassa"?
Luca - Nato come romanzo singolo, la vicenda delle streghe è diventata trilogia a seguito dei buoni riscontri ottenuti in termini di vendite e consensi. Il primo romanzo, ambientato nella Bassa modenese, è nato osservando le dinamiche tra i ragazzini, guardando quindi i loro reciproci approcci e comportamenti, dalle liti alle manifestazioni d’affetto, passando per i giochi. I ragazzini cui mi riferisco sono mio figlio e i suoi amici; ad esempio già in seconda elementare aveva una fidanzatina con cui è stato insieme fino alla seconda media (una storia d’amore lunghissima per l'età!). Così ho pensato di trasportare queste vicende nel libro, combinandole alla magia che nasce da tradizioni, storie e leggende della nostra zona e della pianura Padana, nonché delle nostre famiglie (di Luca e della moglie Elena).

La penna sognante – Ci racconti qualcosa di queste leggende?
Luca - Certo. Nel primo libro c’è il Ciribecco che è l’avversario contro cui combattono i maghetti protagonisti della trilogia. Ho sentito nominare questa creatura immaginaria per la prima volta dalla famiglia di mia moglie. Dopo cena i nostri nonni si riunivano nelle stalle perché era la parte più calda della casa, grazie alla presenza degli animali. Quando arrivava l’ora di distendersi, arrivava un uomo che diceva: “Donne, andate a letto che arriva il Ciribecco”. Il Ciribecco era una creatura, figlia della nebbia, che durante la notte compariva per rapire le donne per portarle in luoghi ignoti.
Per la realizzazione del primo romanzo ho attinto quindi a questa tradizione, adattandola alle esigenze narrative.

La penna sognante – Dal Ciribecco, alle tempeste... com’è strutturata la trilogia?
Luca - I libri sono collegati  tra loro e si svolgono a distanza di un anno l’uno dall’altro. Ogni libro ha un inizio e una fine e sono collegati dagli elementi meteorologici. Nel primo abbiamo la nebbia, l’elemento tipico della nostra zona per antonomasia; nel secondo la pioggia e i fiumi; nel terzo, l’afa e i temporali. I protagonisti sono i ragazzini che osserviamo crescere a distanza di un anno. Nei romanzi c’è anche un intento pedagogico per mostrare il fatto che ci sono doveri da assolvere; e infatti i piccoli protagonisti, di libro in libro, crescono affrontando situazioni sempre più complesse. A questo, si aggiunge la componente magica, ma anche la presenza di situazioni e personaggi particolari. Ad esempio nel terzo libro troviamo un personaggio che conosce la data della sua morte.

La penna sognante – Un personaggio ispirato alla realtà?
Luca – Sì. Questa figura è ispirata al bisnonno di mia moglie: un giorno, infatti, mentre era al lavoro nei campi, gli si avvicinò una signora, forse una mendicante. Lui le offrì da bere e la donna, per ringraziarlo, gli diede il testo di una preghiera dalla cui recitazione quotidiana sarebbe venuto a conoscenza della data esatta della sua morte. Trascorsi alcuni anni, questo signore, forgiato dal lavoro nei campi, dopo aver fatto il giro del podere, annunciò la sua morte tra lo scetticismo dei conoscenti. Ebbene, il giorno dopo morì, lasciando tutti a bocca aperta.

La penna sognante – Non mancano usanze contadine che hanno ispirato la trilogia…
Luca – Cito questa: se si espone all’esterno delle proprie abitazioni l’albume dell’uovo in un contenitore d’acqua, nella notte dei Santi Pietro e Paolo, come indicato da un’altra antica usanza contadina della Bassa, al mattino l’uovo dovrebbe avere assunto la forma della barca dei due santi. Mia moglie l’ha fatto per una vita; posso confermare che una volta l’albume ha effettivamente assunto la forma di un antico veliero.
Nel secondo romanzo ho adattato questa leggenda, tarandola sulle barche volanti che ritroviamo durante la narrazione.
Tutto questo è un modo per far conoscere ai bambini e ai ragazzi leggende del nostro territorio che diversamente si perderebbero. L’originalità della trilogia sta proprio nell’ambientazione nella Bassa ai tempi nostri, nel quadro di una mitologia locale recuperata e resa viva.

La penna sognante: Che ruolo ha la magia in questi libri e che rapporto hai con il fantasy?
Luca - Io leggo di tutto, infatti dicono che per scrivere un libro bisognerebbe averne letti almeno mille. Inoltre, tra i numerosi lavori fatti nella mi vita, sono stato anche libraio. Ovviamente sono un lettore anche di fantastico. Ho inserito la magia perché ogni tanto è bello pensare di poter realizzare le cose con essa. Tuttavia è importante sottolineare che nei miei romanzi la magia è uno strumento che cresce con i protagonisti delle storie, ed è qualcosa che devono imparare a dominare, quindi è un modo per mettersi alla prova e per crescere.

Fabrizio Carollo e Alessandra Pozzi
Passiamo quindi la parola Fabrizio Carollo (che chiameremo Fabrizio). Scrittore, speaker radiofonico, collaboratore di una testata giornalistica e fotografo, ha un debole per l’horror, anche se la sua scrittura è ispirata soprattutto al thriller. Ci presenta “7 rintocchi” (Falzea)


La penna sognante - Abbiamo parlato di fantasy che con te acquisiscono sfumature “orrorifiche”. Che cosa ci hai voluto raccontare con i “7 rintocchI?”
Fabrizio – Faccio una premessa: per la mia produzione letteraria ho attinto molto e attingo dai miei sogni oppure dalle mie paranoie; la mia passione per la scrittura mi ha permesso di vincere molti dei miei limiti: è quindi uno strumento per conoscermi e per esorcizzare tante mie paure. Detto questo: ho cominciato a scrivere e tuttora scrivo racconti perché è il genere in cui trovo la mia definizione. Sono appassionato di queste storie brevi perché mi consentono di spaziare tra un genere e l’altro. Più che un mood horror, con i sette racconti che compongono l’antologia ho creato una sorta di surreale che tende al cupo, prendendo in esame tanti aspetti della vita umani, quali la paura dell’abbandono, l’emulazione, la morte, il porsi sopra la giustizia ; cose che sono comuni a tutti e a cui fornisco un’interpretazione personale avvalendomi di personaggi estremi, sopra le righe.

La penna sognante – Cosa vuoi trasmettere ai lettori?
Fabrizio - Cerco di portare il lettore a conoscersi, in modo che possa dare una propria interpretazione della storia; io stesso tendo a dare un finale non troppo schematico per consentirgli di formarsi una propria idea, puntando quindi a coinvolgerlo. “7 rintocchi” mi ha dato tantissime soddisfazioni a livello personale perché sono sempre stato del parere che tutti noi abbiamo un lato oscuro e conoscerlo ci permette di bilanciarlo. Anche esplorare i propri lati più scomodi ci porta a immergerci a livello di sensazioni positive.

La penna sognante - La fantasia è un modo per interpretare la realtà?
Fabrizio - Sì! E poi i sogni, cui attingo per la scrittura, sono il nostro aspetto più intimo e personale. Andando a esplorare queste situazioni strane, sono portato a fare un esame approfondito di me stesso, costruendo quindi storie di un certo tipo, "di nicchia", riservate a un lettore più attento che ha voglia di uscire dagli schemi della narrativa tradizionale. Non c’è gore, non c’è splatter: quello che c’è, nasce da un retaggio personale.

La penna sognante – Leggendo i tuoi racconti ho notato che non cerchi il clamore,  ma vai oltre. Come ti ha influenzato la visione di film di cui fai anche le recensioni “carfatiche”?
Fabrizio - La mia avventura nella scrittura è iniziata molti anni fa, grazie ai film, quando, complice una buona memoria, riportavo su dei quadernini le battute dei film che avevo visto. In seguito mi sono slegato da questa pratica, attraverso una scrittura ispirata a una visione autonoma.
Quello che amo fare con le mie storie è portare avanti una letteratura di genere che si sta un po’ perdendo. Oggi, infatti, per accontentare tutti, si tende a essere più schematici, forse impersonali, per cui si tende a perdere l’identità nel narratore per richiesta della casa editrice.
Io scrivo tenendo ben presente l’approccio della cinematografia anni Settanta, quando il genere era più definito.

L'opera prima di Alessandra Pozzi
La terza ospite, Alessandra Pozzi (per noi, Alessandra), è autrice, attrice teatrale, conduttrice radiofonica, come Fabrizio originaria dell’appennino bolognese. Grande appassionata di horror e fantastico a tinte dark, firma la sua opera prima, “Quotidiano d’ombra” (self).


La penna sognate – Come nasce “Quotidiano d’ombra”?
Alessandra - Nasce da un’esigenza, da una grande passione perché anche io, come Fabrizio, ho iniziato a scrivere quando ero bambina, con la differenza che invece di ricopiare le battute dei film, mi ero lanciata a scrivere romanzi rosa, visto che la mia mamma in quel periodo li leggeva.
“Quotidiano d’ombra” nasce dal desiderio di mettermi in gioco perché per anni mi sono detta che non sarei stata capace di scrivere. Questa raccolta nasce anche e soprattutto dalla voglia di scavare il reale, di andare oltre quella che è l’apparenza, senza giudicare anche chi compie atti mostruosi. Per la sua realizzazione ho preso spunto da storie vere.

La penna sognante – C’è un racconto che vuoi citare?
Alessandra – Sì, uno che s’intitola “Pioggia di fine estate”, in cui ho stravolto quella che era una storia legata alla tragedia del Salvemini (1990). Ci furono infatti molti ragazzi che morirono, tra cui diversi di Sasso Marconi (dove Alessandra risiede); in particolare, a una ragazza di poco più grande di me – all’epoca avevo 13 anni – vittima della tragedia, la famiglia tributò una tomba a forma di banco. Quando entravi al cimitero, vedevi la madre che apriva l’ombrello per proteggere la tomba; da lì è nata questa storia che ho stravolto. Tale vicenda, che mi è entrata dentro fin da subito, è maturata dentro di me con lo scorrere del tempo. Si tratta di una narrazione che parla anche di me stessa, come le altre storie, nate da vicende realmente accadute. Storie talmente assurde che ti fanno dire che la realtà supera di gran lunga la fantasia.

 La penna sognante - Altre ombre quotidiane?
Alessandra – La vicenda di un signore, proprietario di una farmacia che venne ucciso dall’amante , cui mi sono ispirata per un altro racconto contenuto nella raccolta; è talmente incredibile da lasciarti senza parole. Io sono andata a modificare la situazione che, come altre che racconto, sono sicuramente torbide in quanto attingono non tanto nell’orrore classico, ma da tutto ciò che ci passa accanto e che crediamo che non potrà mai accaderci. In realtà questo orrore, riportato dalle cronache, potrebbe irrompere nel nostro vissuto quotidiano quando meno ce l’aspettiamo. Da qui il titolo “Quotidiano d’ombra”: l’ombra che si insinua nella realtà.
Nella raccolta vediamo quindi la vita di queste persona che abitano in provincia – anche io abito in provincia – dove imperversa il pettegolezzo cui sono avvezza;se vogliamo, mi riferisco anche a quel fenomeno di illazione che ha generato la stregoneria. Il tema del sospetto che è alla base del racconto. Tanto che io scrivo: “Non è che cambiare sia nocivo, ma a volte è pericoloso, può distruggere ciò che si è costruito con il sudore e la passione”.
Quindi, il pettegolezzo come paura dell’altro .

La penna sognante: Il pettegolezzo è fantasia?
Alessandra – Per quanto mi riguarda è uno spunto fantastico da cui partire per costruire le storie. A me è capitato che i personaggi mi vengano a trovare: in testa si insinuano le loro voci, quelle che ti spingono a scrivere una storia e di loro. Il pettegolezzo diventa uno spunto su cui andare a inventare: può uccidere ma può anche creare situazioni divertenti. È un esercizio di fantasia di persone che non leggono o scrivono, ma a loro volta inventano storie. In fondo è quello che ogni uomo fa. Il pettegolezzo entra nel quotidiano, che è la normalità, e le persone spettegolano per travaso di personalità; vuoi perché ultimamente sono stata toccata personalmente da questa pratica, andrebbe trattato per quello che è, ovvero una sorta di invenzione narrativa, e non come qualcosa di oggettivo.

Uno dei romanzi della trilogia
SECONDA TORNATA

Torniamo a intervistare Luca Marchesi

La penna sognante – Parliamo ora di “Un lingotto rosso sangue”: dalla trilogia fantasy, passiamo al thriller… quali affinità hanno le tue opere?
Luca - Premesso che ci sono dei personaggi che ho trasportato dalla trilogia al nuovo romanzo (e non bisognerebbe farlo) perché mi sono affezionato a loro ed è stato difficile abbandonarli... “Un lingotto rosso sangue” è un romanzo per adulti, un giallo ambientato al tempo del terremoto che ha colpito la nostra zona (2012). Il sisma ha segnato tutti noi: c’è un prima e un dopo, e il libro è stato un modo per esorcizzare questo terribile momento della nostra storia locale. Il giallo si svolge durante lo sciame sismico. Dai primi segnali, che non erano stati colti (le crepe nei terreni, l’acqua che ribolliva nei campi) arriviamo alle indagini di Milano, il carabiniere che deve scoprire l’assassino di una ragazza barbaramente uccisa. A proposito di personaggi ripresi: ritroviamo anche una strega della bassa. Inoltre, anche qui c’è il pettegolezzo, come da ripresa del terzo romanzo della trilogia in cui la strega secondo i compaesani non potrebbe sposarsi in chiesa; il prete la fa sposare a dispetto delle dicerie che la riguardano .

La penna sognante – Cosa ha significato per te cimentarti in questo genere?
Luca - Il thriller è per me un nuovo terreno di esplorazione; la mia principale paura era quella di incappare nelle inesattezze. Mi ha però aiutato il fatto di avere lavorato per due anni come cronista di nera in una televisione di Modena.

La penna sognante - Passare da un fantasy al thriller: quanto è stato difficile? E chi ti ha aiutato in questa impresa? Chi ti ha fatto da maestro?
Luca - Giuseppe Pederiali, primo fra tutti. Ha letto i miei scritti, sostenendomi; ha anche letto l’inizio di questo giallo, prima di venire a mancare in una maniera tragica e inattesa.
In questo mio lavoro ci sono il giallo, il sisma e la magia, in una commistione di elementi che non so fino a che punto lo rendano “commerciale”; ma mi sentivo di scriverlo chiudendo il capitolo del terremoto ed esorcizzando così l’orrore di quanto vissuto.

"7 rintocchi"
Passiamo a Fabrizio Carollo.


La penna sognante – Dall’onirico oscuro arriviamo a “Segmenti in volo”. Che cosa ci aspettiamo?
Fabrizio – Qui cambiamo decisamente genere, ma resto nell’orbita della mia identità. Si tratta del seguito ideale di una prima trilogia intitolato “Segmenti”, ovvero tre racconti di fantasia che avevano come base della vicenda del 2 agosto 1980 a Bologna. Uno era ambientato nel passato, uno nel presente, l’altro nel futuro. In questo lavoro volevo trasmettere le mie emozioni in merito al tema trattato, non raccontare verità preconfezionate. Questo libro capitò in mano a un amico, Loris Arbati, bravissimo poeta con cui ho sempre avuto una diatriba in quanto lui è convinto che io debba scrivere racconti del genere di “Segmenti” invece che l’horror. Loris mi ha proposto di scrivere questo seguito e alla fine ho ceduto. Una storia l’avevo già scritta e due le ho ideate successivamente. Narrano tre disastri aerei: Superga, Ustica e Salvemini. Tre storie di fantasia – che agli accadimenti reali hanno ispirato – molto diverse tra loro, che mi hanno emotivamente coinvolto. Nel primo racconto immagino la bozza di un articolo che il padre di Tosatti scrive dopo il disastro; nel secondo, più personale, narro la mia esperienza legata alla visita al Museo della Memoria di Ustica; il terzo invece racconta gli ultimi minuti nella classe del Salvemini. È stata un’avventura non nuova, ma diversa, anche se ho diversi racconti simili nel cassetto. Penso che chi scrive debba spaziare, pur mantenendo la propria identità.

La penna sognante: Che cosa rappresenta questo libro nel tuo percorso di autore?
Fabrizio - Con “Segmenti in volo” ho fatto un salto personale, più maturo. Non l’ho scritto per cercare la verità o per oppormi alle istituzioni, ma è un omaggio alle vittime, tramite il racconto delle sensazioni provate alle vicende. Credo che raccontare un evento attraverso le proprie emozioni possa essere un modo per portarne avanti la memoria.

La penna sognante – La scrittura di questa antologia è stata difficile?
Fabrizio – Sì, è stata difficile rispetto ad altri racconti. Nel primo “Segmenti” ho fatto fatica perché mi ha coinvolto molto emotivamente. C’è infatti uno stile allo scoperto che racconta tanto di me. Chi l’ha letto ha affermato di essersi sentito molto coinvolto, cosa positiva per me dal punto di vista delle emozioni.

Alessandra Pozzi
La parola ad Alessandra Pozzi: dal realismo al fantastico.

La penna sognante - Dal reale al fantastico:  come ti ha influenzato la letteratura fantastica, ma soprattutto l’horror?
Alessandra - Sono cresciuta con tante storie horror (Stephen King, per primo) e a casa mia i libri non sono mai mancati; posso dire che uno dei primi amori letterari fu Dottor Jekyll e Mister Hyde. Questo racconto, per me raccapricciante, soprattutto leggendo dell’uomo che calpesta la bambina, mi folgorò, impressionandomi fortemente.

La penna sognante - E qui torniamo alle nostre ombre?
Alessandra - Esatto. Molti hanno paura di osservare il proprio lato oscuro, ma credo che le persone temano il lato oscuro - in modo sbagliato - perché è la loro vera natura. Non dovremmo avere paura dei demoni in quanto sono la nostra parte dionisiaca; parte non sempre così negativa come ce la dipingiamo.

La penna sognante – Fantasy e horror come "influencer" per la tua vocazione narrativa: assumendo quali forme?
Alessandra - Il mio rapporto con fantasy e horror è stato segnato da questa visione; fin da piccola ho sempre inventato storie e per lavoro invento storie oralmente. Mia madre mi diceva che raccontavo storie inventate di sana pianta così abilmente da riuscire a convincere chi mi ascoltava; a partire da questa dote di narratrice, nel tempo mi sono ritrovata a confrontarmi con il genere. Ho tanti romanzi, ancora inediti. Uno è sui vampiri; un'altra invece è una storia gotica ambientata nel mio paese. Ho ideato il “Contrafforte”, paese in cui ho ambientato una storia gotica che contiene vicende realmente accadute. C’è la stregoneria, c’è Guglielmo Marconi (non poteva mancare un cittadino illustre) e, di nuovo, ricorre il pettegolezzo. La nuova conferma che a volte la realtà supera la fantasia.

Tre autori a confronto che ci hanno fatto capire come il reale sia intriso di incredibile e di magia. A volte, superando la realtà. Da queste serata è emerso come il fantastico, nelle sue molteplici forme ed espressione sia parte di noi. 


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