martedì 9 marzo 2021

INTERVISTA/RECENSIONE - "Le macchinazioni" di Baret Magarian

Un romanzo perfetto: così riassumerei "Le macchinazioni" (Ensemble Edizioni) di Baret Magarian. Ma non fraintendemi: non si tratta della perfezione algida di un Thomas Mann; usciamo dalle logiche dei magnifici affreschi degli autori russi; non abbiamo neppure il rocambolesco storico de "I promessi sposi"; del resto, ogni epoca ha il romanzo che la sa rappresentare con gli stilemi e i temi che le sono proprie. Il romanzo di Magarian è perfetto proprio perché è uno specchio aperto sul nostro tempo, in cui però si respira la lezione dei classici. Ecco la recensione con l'intervista. 


"Le macchinazioni": la trama
Quando Daniel Bloch, scrittore londinese, inizia a scrivere un racconto incentrato sul suo amico, Osca Babel, pittore in cerca della sua ispirazione, la storia inizia a prendere il sopravvento al punto da farlo diventare un nuovo profeta. 
Una storia sui miti della celebrità, sul potere di internet e sulle mistificazioni che fondono e confondono verità e leggenda. Magarian ci porta in un mondo che ha abbandonato il realismo e ci guida in un viaggio pieno di pathos, umorismo e bellezza sovversiva, dando vita a un’opera selvaggiamente inventiva, con un cast di personaggi abbaglianti e grotteschi. "Le macchinazioni" è un romanzo che riflette i nostri tempi tumultuosi, capace di mescolare satira, amore e meditazione su sesso e identità.

La recensione
Quando un romanzo ti lascia uno spettro variegato di emozioni e di suggestioni, in bilico tra mente e cuore, allora significa che l'autore ha fatto centro. Non si tratta soltanto di compiutezza formale: il romanzo presenta un intreccio ampio e compiuto, in cui ogni nodo trova il proprio scioglimento, arricchendosi di una molteplicità di elementi che vanno a comporre diverse sottotrame altrettanto compiute e connesse alla principale. 

"Le macchinazioni" include una miriade di riferimenti: dal tema faustiano che dal mito ci riporta al Dorian Grey di Wilde, in cui la situazione parte dalla pagina scritta, riflesso del dipinto. Faust, ma anche il Novecento di Baudelaire, la Beat Generation, qualcosa di Salinger, Orwell; e poi la filosofia, i "paradisi perduti" e quelli artificiali, la filosofia, l'estetica, la Caverna di Platone, gli abbagli mediatici, i Social. La Storia entra in rotta di collisione con la trama: ci sono momenti già visti nello show che si fa reality, e Babel ha tocchi biblici fusi a quelli di un improbabile Buddha. Momenti sacri, fusi alla blasfemia, come riflesso della confusione dei tempi. Ma la confusione trova la sua dimensione nella pagina scritta, negli eventi che riflettono gli attuali, dove si cercano nuovi guru che indichino la via, nel naufragio dei valori tradizionali. 

Il romanzo è una finestra aperta sulla creazione dei falsi miti e sulle mistificazioni mediatiche. Il mito della celebrità non si riduce ai quindici minuti di Warhol, c'è qualcosa di più, incarnando la fame di apparenza che pervade la nostra epoca ma al contempo è anche tema universale. L'essere umano cerca la fama per poter vincere la propria condizione di "misero" mortale; ma spesso la fama non è altro che un momento ancora più effimero della vita stessa.

Con una prosa molto ampia, districata su 500 pagine in cui si sprofonda, complice una scrittura fluida, densa di trovate sorrette da un ottimo ritmo, Baret Magarian presenta una vera e propria epopea. Perfetta nel suo racchiudere lo spirito di un'epoca, senza però cadere nell'effimero del popolare. La sua è una scrittura contemporanea, capace di fissare temi universali; parla di oggi come se fosse un ieri, guardando al futuro. A volte si dilunga su alcune questioni perché la penna non si accontenta dell'aforisma, né cerca lo stucchevole, la trasgressione per far parlare. L'autore sa raccontare quello che vuole raccontare e lo fa dall'alto della sua versatilità. Da leggere, insomma. 

 

L'intervista a Baret Magarian

Benvenuto, è un onore averti ospite su La penna sognante. Hai un percorso artistico poliedrico con un curriculum notevole. Da cosa è nato, qual è il tuo background?
Sono nato a Londra ma il mio allevamento era essenzialmente armeno. I miei genitori mi parlavano in armeno, andavo regolarmente alla chiesa armena a Kensington, mia madre preparava cibo armeno - davvero delizioso! - Mia madre è nata in Siria e si è trasferita a Cipro quando era bambina, quando a suo padre è stato offerto il posto di prete armeno di Nicosia. Mio padre è nato a Nicosia dove lavorava nel settore assicurativo. I miei genitori si incontrarono lì ed emigrarono nel Regno Unito a causa della minaccia di un'invasione turca dell'isola, avvenuta in realtà nel 1974. La mia educazione era tipicamente britannica, il che significava morire congelati sui campi da gioco durante il brutale inverno, scrivere righe in detenzione e sadici maestri di scuola che non avrebbero mai trovato un lavoro al giorno d'oggi. Ero uno scolaro molto infelice a cui non piacevano le docce comuni con gli altri ragazzi e non era bravo nei giochi o nell'esercizio fisico. Di conseguenza, naturalmente, volevo diventare uno scrittore. Tutto ha perfettamente senso.

Che ruolo ha avuto il giornalismo nella tua formazione artistica?
Non c'e nessuno legame tra il giornalismo e i romanzi veri, secondo me. Però ora i giornalisti pensano di essere veri scrittori, ma non lo sono. Dunque i romanzi dei giornalisti mancano del vero sangue della narrativa: sono sterili.

E l’Italia in cui ti sei trasferito, in cosa ti ha influenzato?
Credo che la mia scrittura sia diventata piu viscerale, in Italia. Qui c’e più luce, più vita “nuda”, per cosi dire… l'Italia è più visuale dell’ Inghilterra, più immediata… ma anche più ambigua…

Prima de “Le macchinazioni” ci sono state tappe creative che hanno portato alla sua stesura? C’è un rapporto con il monologo “La tela del dolore” o sono capitoli diversi del libro della tua vita?
La mia vita sembra ora tutta confusa, tutto un gran caos…. Non ci sono capitoli, solo un paragrafo infinito senza punteggiatura. Lo so che volevo sempre scrivere, esprimere qualcosa… non so la ragione, ma sembrava a me importante dare qualcosa al mondo, anche se il mondo lo rifiuta…

 “Le macchinazioni” è un romanzo di ampissimo respiro: nel suo sviluppo si avvertono molteplici influenze. Lo definiresti un romanzo d’arte o un romanzo sull’arte? O altro?
Né l'uno né l'altro. Il libro è una meditazione sull'arte, la fama, i media, l'identità, la sincronicità, il sesso e la follia.

Il romanzo è ambientato a Londra: quale Londra? 
La mia Londra non è la vera Londra, per così dire. Nel romanzo Londra è irreale, esagerata, giocosa. Volevo creare un posto magico e incantevole, un miglioramento rispetto alla Londra reale. La narrativa offre allo scrittore la possibilità di migliorare la vita, di darle più colore, più amore, più vita.

Quando ho iniziato a leggere “Le macchinazioni”, ho avuto l’impressione di essere catapultata in un tempo passato, analogo al primo Novecento. Ma di fatto si parla di email e di altri elementi che ci ricollegano ai giorni nostri. Sembra di essere sospesi nel tempo… era quello che volevi?
Si, esattamente. Mi fa molto piacere che hai avuto questa sensazione!

Il tema del successo e della celebrità sono cruciali, il tuo romanzo è uno specchio dei nostri tempi… o pensi che in realtà si tratti di un tema che attraversa i secoli in forma differente? Pensiamo solo alla mitologia… al mito dell’eterna giovinezza… al tema faustiano, arrivando a oggi.
Si, certamente, le storie e i racconti sono sempre variazioni su temi eterni.
Ma ora stiamo vivendo in un'epoca in cui la natura di ciò che significa essere un essere umano sta cambiando molto velocemente… tra poco non so se le vecchie storie saranno ancora rilevanti…

Bloch è uno scrittore, Oscar l’amico pittore con un blocco… chi sono esattamente questi personaggi e quanta specularità in loro?
Oscar Babel, il protagonista, vuole essere un grande pittore, ma non riesce a cominciare. Chiede al suo amico Daniel Bloch, un famoso romanziere, di aiutarlo e Bloch ha l'idea di scrivere una storia su Oscar, una finzione le cui invenzioni potrebbero galvanizzare Oscar e ispirarlo a prendere il controllo della sua vita. Invece i dettagli inventati iniziano a manifestarsi nella realtà. Alla fine Oscar ottiene un enorme successo, non come pittore, ma come una sorta di messia contemporaneo, in parte grazie allo spin doctor che ho citato, il cui obiettivo è distruggere e creare sistematicamente la verità ... Nel frattempo, la vita di Bloch va in rovina. In un certo senso Bloch e Oscar sono la stessa persona… Bloch rappresenta la mente, Oscar il corpo, Bloch è Dio, Oscar Gesù, Bloch è lo scrittore, Oscar l’attore, Bloch è invisibile, fragile, sta morendo, Oscar è bello, visibile, vivo. Ecco. Tutto qui.

Molto curiosa la figura di Liliana: l’amore per i fiori ha un qualcosa di poeticamente ancestrale, ma al contempo un qualcosa di contemporaneo. Chi rappresenta ed eventualmente, l’ha ispirata qualche particolare personaggio/persona femminile?
Liliana è l’innocenza, una persona completamente buona, pura. Lei è semplicemente il prodotto della mia immaginazione. Ma come Jean-Jacques Rousseau ha scritto, più o meno, “Non trovando oggetti degni del mio amore nella vita reale, li ho creati nella mia immaginazione.” 

Quando hai iniziato a scrivere questa storia, pensavi già a questo sviluppo? Ci sono stati incidenti di percorso significativi per l’ispirazione o è stata come una scalata, faticosa ma, tutto sommato, “agevole”?
All’inizio volevo scrivere soltanto un racconto, poi il racconto è diventato un romanzo, poi un romanzo “monster”…. Come una persona che non ce la fa smettere mangiare e diventa alla fine come un mongolfiera che inizia a salire nell'aria, creando un effetto bellissimo ma surreale…

La tua storia è un fluire continuo che tiene il lettore attaccato alla pagina. A volte i punti di vista slittano, le situazioni ci estraniano ma restiamo sempre lì. È la forza della tua scrittura che evoca tanti autori definendo il tuo stile peculiare? 
Non riesco, credo, a evitare alcuni momenti di omaggio agli scrittori che amo ma spero che alla fine "Le Macchinazioni" sia un libro originale… ma non ne sono sicuro. Comunque e ne sono orgoglioso!

Ultima domanda: hai progetti letterari/artistici, lavori in corso particolari? Ce ne puoi parlare?
Spero di finire un altro romanzo, ambientato in America e molto diverso da "Le Macchinazioni". Ho qualche difficoltà con il finale ma spero di riuscire a risolverlo. Sto anche scrivendo un altro libro di racconti e ho un'idea per un racconto di fantascienza. Ovviamente sto ancora cercando di promuovere i miei altri libri, che è una specie di lavoro a tempo pieno in sé. Mi piacerebbe davvero lavorare di più in teatro, forse dirigere qualcosa, come ho fatto in passato. Tutto quello che devo trovare è la pace che, come tutti sappiamo, non è la cosa più facile da avere al mondo in questo momento.

Se vuoi aggiungere altro…    
No, per ora!

Grazie mille!! Baret Magarian

L'autore: Baret Magarian
Baret è anglo-armeno. A Londra ha svolto l’attività di giornalista freelance, scrivendo recensioni e articoli per The Times, The Guardian, The Daily Telegraph, The Independent, The Observer, The New Statesman, e The Times Literary Supplement. È stato anche regista teatrale d’avanguardia (Il misantropo di Molière, Josephine scritto da Magarian, Chinese Whispers di Grant Gordon, Cocktail Molotov, uno spettacolo di cabaret e canzoni). Poi, si è trasferito in Italia, dove ha recitato in video musicali e trailer di film, ha fatto il modello di nudo, ha cantato e suonato la chitarra in vari bar della Toscana. Ha pubblicato poesie su Collettivo R a Firenze, e sul Journal of Italian Translation a New York e sul Semicerchio e Contrapasso in Australia. Ha inoltre pubblicato narrativa breve in World Literature Today, Journal of Italian Translation, Darker Times e sulle riviste online Sagarana e El Ghibli. Il suo romanzo The Fabrications (Pleasure Boat Studio) ha avuto dei recensione notevolmente positive in America e Melting Point, la sua raccolta di racconti in italiano, è stato paragonato a Kafka, Calvino e Pessoa da Jonathan Coe nella sua postfazione. La Tela del Dolore, il suo monologo, è stato presentato a Torino e Firenze con Roberto Zibetti (Io Ballo da Solo, Pasolini) in un performance di “total theatre” con film, musica dal vivo e quadri. Lo stesso pezzo è anche stato presentato a Reykjavik in Inglese con Pall Palsson. Giancarlo Cauterruccio, il famosa regista Calabrese, ha commentato che “La Tela del Dolore è molto bello e molto coninvolgente.”  Con Cauterrucio Magarian piacerebbe presentare Oxygen – una drama sperimentale - a Firenze autumno 2021. La versione italiana di The Fabrications è uscita con il titolo Le Macchinazioni (Ensemble Editore). Simone Innocenti, il critico/giornalista per Correire della Sera ha scritto di Magarian: “ha una delle migliori voci della narrativa contemporanea.”  Le Macchinazioni ha avuto recensioni positivi nell’Internazionale, Corriere della Sera, Ansa e Le Monde Diplomatique. Magarian ha anche pubblicato una novella Specchio e Ombra (LGEditore) e una raccolta di poesia Scherzando con tutte le mie bestie preferite (Ensemble).  Le Macchinazioni uscirà in traduzione tedesca nel 2021 con Folio Verlag. 

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