lunedì 8 marzo 2021

8 marzo - Chiamami Chiara

"Chiamami..."
Restai immobile, sorpresa. 
"Cosa?"
Chiara scosse la testa. Non me lo sarei mai aspettato da lei, sempre così precisa, persino con i puntini sulle i. Guai a sbagliare un termine, un aggettivo, altro che Miss Puntiglio! Poi, all'improvviso, la parola inattesa. 
E noi, ragazze dello staff, restammo di pietra.

Paola espresse la sua contrarietà. Lorella, femminista purista, batté il pugno, mostrando la sua ostilità. Flavia fu più morbida, ma disse la sua con un certo cipiglio indignato. Anna storse il naso ma non pronunciò verbo. Io, invece, restai immobile, presa tra i fuochi. 
Lorella scattò in piedi.
"No, non può essere. Si dice così."
Capo. Chiara voleva essere chiamata capo. Sostantivo maschile singolare. 
"Mimosa, tu cosa ne pensi?"
"A parte che mi piace la camicetta gialla, credo che la questione dei nomi sia importante. Cioè, se decliniamo al femminile le parole, laddove la desinenza lo consenta, iniziamo a pensare al femminile. Stessa cosa per le professioni e i ruoli in origine appannaggio maschile. La declinazione al femminile si riflette sul pensiero e quindi dovrebbe produrre dei cambiamenti a livello sociale. Parole al femminile per un pensiero al femminile. Detta con parole semplici."
"Cominciando a ragionare al femminile" intervenne Flavia. 
Lorella approvò, io osservai Chiara, giocando con una ciocca dei miei capelli, freschi di tinta.
"Sentite ragazze, io vorrei essere chiamata così."
Lorella si arrabbiò. Lanciò insulti, mentre le altre cercavano di calmarla. 
Chiara non batté ciglio. Si alzò in piedi, raggiunse la collega e la guardò seria.
"Quindi, se mi chiamo come vuoi tu, ti va bene?"
Paola intervenne: "Se si dice così, perché non dirlo così?"
Chiara fissò le ragazze contrarie alla sua decisione. Prese il laptop, posato sulla scrivania. Ci fissò una a una, poi lo aprì e lo accese. 
Mentre si caricava, lei abbozzò: "Così voi ne fate un problema di parole, vero?"
Lorella, Paola e Flavia divennero le tre civette sul comò, attente a quello che faceva il dottore. 
Quando il desktop baluginò, Chiara cliccò su una cartella intitolata "Documenti condivisi".
Da lì entrò in un'altra cartella con la scritta "Presentazione".
La cartella era vuota. 
Il capo si staccò per un attimo, infilò la mano nella tasca dei pantaloni ed estrasse una chiavetta USB. 
Lorella si portò la mano al collo, Chiara la guardò, severa.
"E così pensavi di cancellare il progetto per farmi fare una figuraccia? E magari presentare il tuo e ottenere la promozione?"
Lorella sbiancò. Cercò di giustificarsi, Chiara la fissò seria.
"Ti incazzi per la questione del nome, ma poi cerchi di silurarmi?"
"Ma come..."
La fissò seria: "Qualcuno ti ha visto mentre mettevi le mani sul mio pc. Pensavi di prendere tu questo posto?"
Paola e Flavia si guardarono e guardarono l'amica che, fino a quel momento, avevano sostenuto per un'idea comune.
Chiara abbassò la chiavetta.
"Dovrei fare rapporto ai miei capi. Potrei insultarti come tu mi hai insultato per un nome, imponendomi  il tuo punto di vista, salvo poi accoltellarmi alle spalle. Ma siccome sei in gamba, Lorella, voglio darti una possibilità. Ma tu devi promettermi che sarai leale. Soltanto così, potremo presentare dei grandi lavori".
Lorella riprese colore. Era incredula: per quello che aveva fatto, rischiava un richiamo disciplinare, ma Chiara era andata oltre. 
Anna intervenne come faceva raramente: "Dobbiamo creare una squadra unita".
Io dissi la mia, rompendo il silenzio: "Sì, e per quello ci vuole cuore e onestà".
Chiara intervenne: "Io voglio una squadra di lavoro unita. Così si vince".
Lorella abbassò la testa, poi la rialzò, piangendo. 
"Scusa. Ho capito ora."
Dovevamo essere quello, prima di tutto. Unite.
"E chiamatemi Chiara." Disse. "Ma se volete, chiamatemi anche capa. Comunque sempre Chiara sono. E ora, torniamo al lavoro."


 

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