"Ma hai scritto un racconto erotico?"
"Tu, proprio tu?"
Imbarazzo.
Circolarità di sguardi.
Manca solo il tossicchiamento tipico di queste situazioni, ma su web è impossibile captarlo. Anche se posso immaginarlo, dopo la pubblicazione dell'intervista su ModenaToday (clicca qui)
Dal filone impegnato, all'eros, la domanda nasce legittima. Perché questo cambiamento? No, nessuna voltagabbana,
La risposta è una.
Perché scrivo. Posso trattare di Neet in un romanzo scritto all'epoca in cui nessuno si filava pari i Neet, per poi, passare a tematiche più hot (vedi la mia intervista a Modena Today cliccando qui). Bando alle etichette. Scrivere non è una missione sociale. O forse può esserla ma non dal mio punto di vista. Scrivere è prima di tutto un lavoro duro. Non concepisco la logica di chi ti vuole incasellare nel genere. Le etichette, comodissime nei contesti didattici, nella realtà sono ancore che immobilizzano la creatività. E come scrisse Palazzeschi... lasciatemi divertire!
Tutto ha avuto inizio da alcuni erotic dribbler, micro-racconti che sono rimasti circoscritti alla pubblicazione su una pagina di Facebook. Piccoli giochi, perché scrivere è essenzialmente provare. Cancellare. Riprovare. Nessuna provocazione, vorrei soltanto non essere mai uguale a me stessa. Scrivere è trovare se stessi. Sciogliere remore. Ricavare un angolo in cui poter cesellare immagini che scorrono come film.
E da piccole scene unite, è nato un racconto lungo.
Da altre scene nasceranno altri racconti.
Una persona molto saggia un tempo mi disse che quello che contava era una cosa sola. Che io scrivessi.
"Roberta, tu devi scrivere".
Lavoro complicato... non si campa di scrittura pur considerandolo un lavoro. E così diventa una seconda occupazione, Fatica su fatica, ma anche la passione che pulsa e ti spinge nei momenti difficili a superare alcuni tuoi limiti.
A prescindere da dove mi porteranno le parole e le storie, ho scelto la Pillola Rossa. Così inseguo Conigli in ritardo e cerco Paesi in cui potermi meravigliare. E un po' perdere.
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