domenica 20 maggio 2018

20 Maggio 2012: la prima scossa - Sei anni dopo


Un boato nella notte. Io ce l'ho ancora impresso quel boato. Prorompeva dalle viscere della Terra, traducendosi in un movimento mai sentito.
"Il terremoto!"
Quella notte ho urlato come non faccio mai. Io non urlo, ma la paura ti fa urlare. Perché in quel frangente hai davvero paura di tutto. Di quelle pareti che potrebbero sbriciolarsi in un attimo. Di quello che potrebbe accadere ai tuoi cari. Di quella forza che la natura manifesta, e ti sembra una madre maligna, parafrasando Leopardi.
Una forza che ci ha spinti fuori dal luogo in cui ci sembrava di essere sicuri. E in situazioni di questo tipo ti accorgi che le sicurezze sono spesso labili menzogne.


20 Maggio 2012
Eravamo in giardino, in attesa di capire cosa fare. La casa, in apparenza, sembrava integra. Ma in quel frangente era possibile tutto e il contrario di tutto.
Siamo rimasti in attesa, nella guazza fredda di fine maggio. Avvolti in coperte di lana, cercavamo di difenderci dai brividi che salivano dai piedi. Dal freddo puoi difenderti. Dalla Terra no. E la sensazione era quella che, da un momento all'altro, una nuova scossa sarebbe arrivata.
Sensazione confermata e tradotta nella realtà.
Volti coperti per non vedere un eventuale crollo della nostra e di altre case. Un brivido indicibile. Il cielo echeggiante le tinte dell'alba da cui sembrava non potesse essere tratta la speranza di un nuovo giorno.
Quando abbiamo abbassato le mani dai volti, abbiamo costatato che gli edifici davanti e intorno a noi avevano retto.
Un sospiro di sollievo, subito cancellato dalla necessità di sapere cosa stesse accadendo.
Finalmente siamo riusciti a recuperare una radio, sintonizzata su un canale locale. Lì abbiamo saputo di crolli. Di paura. Di crepe aperte e pericolose sui muri degli edifici e sulla pelle delle persone.
"Non entrate in casa fino alle ore 15.00."
Ordine delle Autorità, mentre il giorno prendeva quota.
Noi, però, siamo entrati in casa di sgamo per prendere qualcosa da mangiare. Una toccata e fuga pericolosa, ma si sa... tutto è bene quel che finisce bene.
Qualcuno di noi si è assopito sul dondolo. Qualcuno è rimasto a passeggiare nel cortile, tenendo le orecchie tese.
Avevamo paura di quello che sarebbe accaduto, mentre i radiogiornali ci lasciavano senza parole.
Il sole, intanto, correva nel cielo; il tempo era come rallentato.
Eravamo sospesi come bolle di sapone sul punto di scoppiare.
Avevamo paura, ma sapevamo anche che non era una di quelle situazioni in cui ci si poteva arrendere.
Perché non era finita, anche se al termine della giornata poteva sembrare così.
No.
Non era finita. Altre scosse sarebbero arrivate, anche se le nostre speranze avrebbero voluto dirottarle altrove.

Quel 20 maggio è ancora stampato in testa, come monito a guardare avanti. A ripensare che a volte abbiamo paura di cose che sono il frutto della nostra immaginazione, finché non viviamo esperienze come questa. Così, capiamo...

1 commento:

  1. Terremoto

    Dopo i rumori
    della notte,
    appaiono fantasmi
    nella mente.

    Poi,
    nel silenzio
    delle altre notti,
    anche il palpito
    del proprio cuore,
    fa paura.

    Il tuo nido d’amore
    la tua fortezza
    ora è un mostro
    orrendo di notte
    e di giorno.

    Ogni certezza muore
    soffocando ogni ricordo.
    Consumeremo unghie
    su vetri opachi
    e viscidi di burocrazia.

    Si rivive
    con le crepe
    nelle case e
    nel cuore.

    Cumoli di macerie
    come lacrime versate.
    Luigi Golinelli
    7 luglio 2012

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