domenica 8 luglio 2018

Racconto - La vittoria del criceto - Quando un raccomandato "vince"

Il tema è di grande attualità: le raccomandazioni. Finché non toccano te, un tuo amico o un figlio/nipote, tutto bene. E se tocca agli altri, non è vero. Non aggiungo altro, se non il dolore che si prova e, dall'altra parte, la gente che ti denigra. Sei tu che non vali, in fondo. Sei invidioso e presuntuoso perché queste cose non accandono!
 I tuoi sogni, il tuo lavoro sono serie zeta.
Per fortuna, si può sempre ricominciare.
Ecco il racconto.

Maggio 2015
La lettera di dimissioni era pronta, stavo soltanto aspettando il mio responsabile, intrappolato (come diceva sempre con i suoi modi da comunicatore disinvolto) in una riunione. Nel frattempo ripensavo agli ultimi tre anni.



Agosto 2012
Ricordai il giorno del colloquio all'Agenzia di Comunicazione. Non mi aspettavo di essere ricontattata; invece, a una settimana dall'invio del curriculum, mi trovai in attesa del mio turno, accanto a una ragazza mora con la faccia da criceto e un fisico da modella. Una candidata… eravamo soltanto in due? 
Non feci in tempo a darmi la risposta, che fui chiamata nell’ufficio del grande capo, AKA il Comunicatore Disinvolto. Dopo il colloquio con lui, una collaboratrice mi accompagnò in una saletta di registrazione per la prova vocale. Dovevo leggere il testo di una pubblicità.
“Quando sei pronta, schiacci il pulsante in centro. Quando avrai terminato la lettura, lo schiacci di nuovo e potrai uscire dalla sala. Prenditi il tuo tempo. In bocca al lupo.”
Mi lasciò sola, a prendere fiato sul foglio. Rilessi il testo per individuare la punteggiatura, respirai, mi accostai al microfono e lasciai uscire la stringa di parole. Al punto finale, spensi la registrazione. Lasciai la saletta, senza pensieri, soddisfatta della lettura, ma senza aspettarmi di essere richiamata.
E, invece, pochi giorni dopo ero già con la biro in mano, a fare la firma che segnava l’inizio della mia avventura.
Tirocinio formativo nella redazione di un'agenzia di comunicazione con studio di registrazione.
“Hai una bella voce.” Mi disse la capa, una bionda allegra e vivace, il primo giorno di servizio, osservando il brano che avevo preparato per la promo. “E scrivi perfettamente.”
Guardò la collega, una giovane fatalona con il sorriso finto stampato sul viso super-truccato.
“Questa ci fa le scarpe!” scherzò con la sua voce piena e robusta.
Mai espressione fu così funesta, ma me ne sarei resa conto più tardi!
Erano i giorni in cui credevo che i sogni si realizzassero sempre, bastava crederci e impegnarsi. Così, lavoravo, tra creazione di contenuti web, siti, prove vocali.
Lavoravo, chiusa nella sala di registrazione, oppure davanti allo schermo, di fronte alla ragazza con la faccia da criceto. Anche lei era stata scelta: ne sarebbe rimasta una, citando Highlander!
Passarono i giorni e arrivò quella sera di fine novembre. Mancava la voce più bella per una promo urgente. Io e la cricetina fummo messe a confronto. Alla fine, lode alla cricetina e affondi alla mia voce. Ma c’era la mia scrittura… che valeva meno della voce dell’altra, ovviamente. Improvvisamente qualcosa si spezzò, illuminandomi di consapevolezza. Non ero io quella destinata al lavoro in comunicazione e promozione.

Maledetto novembre 2012
Da quel momento, tutto cambiò. Dopo i primi tre mesi all'ufficio promo, passai a quello degli eventi, al piano di sotto. Mentre mi sbattevo e ricevevo tiepide approvazioni, faccia-da-criceto riscuoteva consensi. Sì, lei collaborava anche ad articoli commissionati per prodotti editoriali rivolti ad aziende. E ovviamente veniva aiutata nella stesura degli articoli. La scrittura non era il suo forte, lo ammise per caso, parlando con me. Io, invece, aderivo all’arte di arrangiarmi, come mi aveva insegnato l’accademia della vita dopo la laurea.
I mesi di tirocinio volarono. Ovviamente ebbi la conferma che la prescelta era l’altra, così iniziai a mandare curricola in giro, certa che nessuno mi avrebbe risposto.
La scadenza del tirocinio era prossima, come la certezza del mancato rinnovo, quando ci fu la sorpresa.
Il comunicatore mi chiamò in ufficio e mi annunciò: “Abbiamo deciso di farti un contratto di collaborazione. Scegli il full o il part time. Ovviamente per gli eventi e lavori di segreteria.”
Part-time, senza se e senza ma: visto l’aria di raccomandazioni che tirava, preferivo tenermi aperto un varco per un’altra collaborazione.
Così arrivò l’occasione: il lavoro per un quotidiano locale, i complimenti del direttore che convinsero anche il mio titolare. Ci voleva un esperto a fargli capire che ero brava?
Iniziò la seconda fase ascendente: tra conferenze stampa, eventi, la mia vita risaliva una china inattesa. Le corse, la vita privata azzerata, la telefonata della domenica per un notizia dell’ultimo minuto.
Io correvo, correvo, senza sapere dove sarei arrivata, sperando, ma poi… un altro criceto, altri criceti e io, con la mia faccia, ero esclusa.
Era quella la vita che volevo? Una corsa senza fine e senza prospettive all’interno di un meccanismo che aveva strangolato la mia creatività?
Spesso i sogni si pagano, se i Santi si ritirano dal tuo Paradiso. Ma io Santi non ne avevo mai avuti; per questo, all’apice della stanchezza, avevo maturato la decisione.
Dopo tre anni di sbattimenti senza fine.

Maggio 2015
Il comunicatore arrivò. Mi fece un cenno, io lo seguii tenendo in mano la lettera.
Arrivati nella saletta delle riunioni, si portò dietro alla scrivania di vetro. Mi indicò la sedia, mentre con l’altra allentava il nodo della cravatta.
“Volevi parlarmi?”
“Sì. Per le dimissioni. Ho qui la lettera.”
“Mi hanno già riferito delle tue intenzioni. Purtroppo non posso assicurarti una posizione migliore.”
“Non fa niente. A fine mese concluderò le consegne che mi ha affidato.”
“D’accordo.”
Si alzò, mi tese la mano.
“Grazie per quello che hai fatto.”
Una stretta gelida e molliccia, prima della mia dipartita.
Non mi restava che aspettare la fine del mese, poi tutto si sarebbe ripetuto. Altri colloqui, contratti precari, la sensazione di essere prigioniera del meccanismo maledetto che strozza i sogni; malgrado lo studio e l’impegno, restavano nel fondo del mio vaso di Pandora, a suggello della speranza.
La ragazza con la faccia di criceto mi raggiunse al pc.
“Ho saputo delle tue dimissioni. Dopo, cosa farai?” mi chiese sarcastica.
“Diventerò una scrittrice di bestseller.”
Mi rise in faccia, ma poi si placò.
Tutti uguali questi criceti, certi della loro superiorità!
Io la guardo.
“Stavo scherzando. Mi comprerò una ruota su cui correre.” Mi guardò perplessa. “Lascia perdere, anche questa era una battuta.”
Rise, per finta o per tenermi compagni, in quel modo forzato che denota scarsa simpatia per la sottoscritta.
D'altro canto... i criceti non capiscono le battute.

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