La gente al Lime ha sfidato pure la pioggia per Caparezza! |
E finalmente un pezzo in cui posso mettere dei "secondo me". Dopo anni di deformazione professionale anche post-giornalismo, torno a ricoprire il mio ruolo di penna narrante.
Il pubblico di Caparezza |
Al di là del numero 709 (l'incursione numerologica è fondamentale per comprendere l'album sia dal punto di vista strutturale sia da quello concettuale, ma è pure la mia data di nascita e infatti ho festeggiato i miei 29 anni con l'uscita di questa canzone!), nel rapper pugliese c'è sempre la tendenza a una rottura delle etichette e degli schermi. Per inciso e per chi è un po' a digiuno, senza citare troppo i Public Enemy o gli NWA, il rap è tentativo di rottura e ancora prima, protesta e analisi!
Cito Prosopagnosia
"Non ha senso recitare la parte degli incompresi/ con tutti dalla mia parte/con tutti così cortesi"*
Versi che racchiudono le contraddizioni di una condizione elogiante quella stessa diversità che in altre situazioni verrebbe vista in tralice o forse, addirittura, subissata dalla... fitta sassaiola dell'ingiuria.
Ma arrivo al concerto. Non citerò tutte le canzoni, né farò un elenco della scaletta, del resto, sono soltanto impressioni di luglio.
Parto con la prima canzone: L'infinto.
Malgrado la pioggia, Caparezza arriva sul palco e risolve il gioco di parole del titolo che ci riporta all'Infinito di Giacomo Leopardi, in un tripudio di cibernetica. Io sono finto, lo siamo tutti, no? Siamo tutti fakes, nell'attesa beckettiana di un ritorno all'umanità e ci scandalizziamo pure se diciamo come stanno le cose? Fotografia perfetta del nostro mondo, lo sbriciolamento dell'illusione che si ricostruisce di nuovo intorno a noi, quando ci sembra di avere raggiunto un traguardo.
Con Prisoner 709, atmosfere cupe per un pezzo che mi prende fino in fondo. Angoscia, rabbia, inquietudine: un testo complesso (come qualche altro dell'album), la percezione di essere semplicemente un numeroa. Numeri che hanno attinenza con la musica, quali il 1210 e il 33 giri, ma che connotano anche una situazione. Citazioni che dalla musica ci riportano sempre alla vita e all'atto introspettivo di Caparezza.
"(...)
Voglia di elevare i contenuti
Scale che non si permette Muti
Prevedo il futuro, Baba Vanga
Decedo sicuro, pala, vanga
Porto nelle vene tanta rabbia
Non so contenere la valanga.
(...)" **
Seguono diversi brani tratti dal nuovo lavoro e cito non per forza in ordine: Confusianesimo, Una chiave e via così fino a Prosopagno sia!
Il nostro rapper traccia il filo rosso delle certezze che cozzano contro il concetto di libertà: e torniamo dunque alla gabbia in cui ci chiudiamo o veniamo chiusi di default. Nello stesso esercizio creativo, ci troviamo in gabbia... Caparezza si trova in gabbia... c'è una crisi personale che trabocca e il rap diventa il più grande atto di psicoanalisi.
Libertà... un'illusione anche quando ti sembra di averne toccato l'apice, proprio così? O forse...
Mentre la musica e i testi scorrono, in uno spettacolo in cui ritroviamo anche brani meno recenti come Goodbye Malinconia (che amo particolarmente per quel mood anni Ottanta che intride il sound), Argenti vive, Io vengo dalla luna, La mia parte intollerante, La rivoluzione del sessintutto, Van Gogh (non li cito in ordine, la cronaca pedissequa è altrove), l'energia che travolge il pubblico, complici anche il light design, la band, i vocalist e i ballerini, si sprigiona dalle parole che volano sul pubblico.
A proposito del pubblico: ci sono tutte le età. Bambini, adolescenti, ma anche persone un po' più grandi, 29nni come me compresi. Caparezza ha il dono di arrivare a molti, ma non a tutti. Se il testo è complesso, il costrutto al contrario fluisce in testa, lasciando tracce forti nella memoria. Questo artista ha sicuramente molto da dare e non è mai banale, anzi! E per chi scrive, studiare i suoi testi può essere utile per il background culturale che si ritrova, citazione letterarie incluse.
Detto questo, un bello spettacolo che va oltre lo show di maniera. I concept sviluppati in scena vanno di pari passo a quelli dei testi. Caparezza insinua dubbi che vive nella ricerca del testo. Il suo è un rap vero, intriso di contaminazioni (come dovrebbe essere il rap). E poi ci sono la verità delle emozioni, il mettersi a nudo mettendo a nudo la realtà che a volte non vogliamo vedere.
E quel Testo che avrei voluto scrivere in cui la penna cerca la perfezione (e ne so qualcosa anche io), sfocia nel Lasciatemi divertire di Aldo Palazzeschi:
"Scrivo il migliore dei testi, Mogol e Lavezzi
Lanciatemi invettive
Così impegnato che il cantautorato in confronto
È da sguatteri di regime."***
Non è facile raccontare la musica, io ci ho provato ma a questo punto vi lascio all'ascolto. E se vi capita di fare una CAPAtina ai live... sappiate che ne vale la pena.
Io intanto provo a scrivere... il testo che vorrei scrivere. Peace&Love.
NB: Gli estratti sono citati ai fini dell'esposizione. Di seguito, cito le fonti.
* Prosopagnosia (Capitolo: Il Reato) Caparezza - Feat. John De Leo - Produced by Caparezza - Album: Prisoner 709 - Casa Discografica: Universal Music Italia
** Prisoner 709 (Capitolo: La Pena) Produced by Caparezza - Album: Prisoner 709 - Casa Discografica: Universal Music Italia
*** Il testo che avrei voluto scrivere (Capitolo: La lettera) - Caparezza - Produced by Chris Lord-Alge - Album: Prisoner 709 - Casa Discografica: Universal Music Italia
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