Scordatevi la versione disneyana, con il lieto fine e il granchio Sebastian che canta "In fondo al mar"; scordatevi le atmosfere rutilanti di questo lungometraggio. La fiaba di Andersen ha ben altri registri e non presenta la vivace Ariel che ha allietato le nostre ore e riempito il nostro immaginario sottomarino. Analizziamo un po' la fiaba più nota dello scrittore danese.
"La sirenetta": la storia
La Sirenetta vive negli abissi marini, con la famiglia: il Re del mare, rimasto vedovo, una nonna che tiene a sottolineare l'origine nobile, e le sorelle di cui lei è la più giovane. Come da legge del mare, al compimento del quindicesimo anno d'età, la Sirenetta può risalire in superficie per esplorare il mondo emerso, suo grande sogno fin dalla più tenera età. Giunta in mare aperto, la creatura s'imbatte in un vascello su cui scorge un bellissimo principe umano; scoppia una tempesta che provoca il naufragio del natante, e la sirenetta salva il giovane, recandolo a riva, accanto a un tempio. Costretta a fuggire per non farsi vedere da altri umani, per giorni sogna il principe di cui è innamorata. Sogna di stare con lui e di diventare umana, conquistando l'immortalità dell'anima, desiderio che la spinge a rivolgersi alla strega del mare, che la accontenta trasformando la coda in due belle gambe dai cui piedi sgorgherà sangue a ogni passo; in cambio la terribile creatura si prende la voce. Il patto poi è chiaro: la Sirenetta dovrà far innamorare il principe; nel momento in cui lui prenderà moglie, lei sarà destinata a sciogliersi in spuma di mare, la mattina successiva alle nozze. La fanciulla raggiunge il suo principe che l'accoglie, incantato. Ma quando gli viene promessa una giovane che pensa essere colei che l'ha salvato dal naufragio, Sirenetta si rende conto di essere spacciata. Il matrimonio si celebra in pompa magna, quando le sorelle emergono con i capelli tagliati e con un pugnale con cui colpire il giovane per recuperare la coda e tornare in fondo al mare. Ma la Sirenetta rifiuta di uccidere il principe: così si scioglie nelle acque che l'hanno vista crescere. Senonché il sacrificio le consente di venire accolta, entro 300 anni dalle figlie dell'aria. Una ricompensa divina che premia il buon cuore della creatura.
La fiaba
Cosa vi avevo detto? Scordatevi la versione Disney. Avevo ragione, giusto? Ci siete rimasti male? Non solo la celebre versione d'animazione ha stravolto la trama per esigenze in linea con la "vision" disneyana vigente ai tempi; anche il mood è diverso. Ma non è solo questione di trama.
La narrazione di Andersen è fortemente malinconica. Le atmosfere sono quelle del mare del Nord, compensate dalle suggestioni cromatiche di una natura viva, in cui i pesci sono paragonabili agli uccelli e i giardini ricchi di vegetali. L'autore restituisce con dovizia di particolari gli ambienti marittimi, creando un contesto preciso che contestualizza le vicende delle principesse del mare. La vita sottomarina è scandita dai ritmi della natura: una natura cui Sirenetta non si conforma completamente. Lei sogna di avere un'anima immortale, cosa che la spinge a unirsi a un terrestre. C'è in lei una diversità di indole, una sorta di ribellione che tende a tacere e a essere travolta dal destino.
La voce, in primo piano nelle trasposizioni animate, e prerogativa delle sirene come narra la mitologia, non viene subito evidenziata; c'è quasi più attenzione al silenzio, fino a quando non si arriva al patto con la strega. Anche la bellezza si evidenzia in un secondo momento. Il gesto d'amore, il sacrificio ma anche il contrappasso legato alla rinuncia alla propria natura per diventare altro, sono gli aspetti predominanti, insieme al concetto cardine di derivazione cristiana, con riferimento all'immortalità (qui connessa alla redenzione).
La scrittura presenta ridondanze e uso di metafore per rafforzare i concetti. La Sirenetta sembra una creatura in balia di un destino sordido, trattata dal principe come un'ancella notevole per la bellezza. E a proposito di principe: bello, ma dotato di quella nobiltà che si lega a un privilegio. In lui non vediamo l'archetipo dell'eroe che salva la principessa, anzi, si pone in netto contrasto, rovesciando un tipo fiabesco. E la Sirenetta, in bilico tra paura e coraggio, priva di aiutanti magici, è a sua volta un prototipo fiabesco differente rispetto alla tradizione.
"La sirenetta", come altre fiabe dell'autore danese, è una fiaba che rovescia molti canoni, rinnovando il genere. I personaggi, pur non essendo a tutto tondo, iniziano a delineare qualche elemento psicologico, prima impensabile nella tradizione fiabesca. Questo perché, a differenza delle fiabe dei Grimm, non si tratta di un adattamento, ma di una storia scritta ex novo da Andersen, che nelle sua fiabe ha riversato la severa morale cristiana che intride la sua visione. A dimostrazione di ciò, il finale duro - ricordando tuttavia i finali di fiabe della tradizione, spesso con corollari al limite dell'horror - ma che apre a uno spiraglio di speranza, in accordo al cristianesimo.
Una fiaba lirica, che apre a temi che travalicano il genere, complice la visione personale e non sempre condivisibile dell'autore, ma pur sempre ricca di suggestioni. Da leggere, senza però mettere da parte la versione disneyana, notevole per animazione e idee - io stessa la amo tantissimo -. E per i colori del mare che mi immagino.
Cosa ne penso: una fiaba che amo
"La sirenetta" è una delle mie fiabe preferite. La scoprii che ero una bambina e me ne innamorai, forse perché veniva incontro alla mia indole di malinconia sognatrice. Mi ci trovo ancora, con le suggestioni sottomarine e quell'aspirare a qualcosa che va oltre, nonché il bisogno di un amore, di un'evasione. Perché Sirenetta ha bisogno di quello e a volte per ottenere qualcosa, rinneghiamo la nostra natura. Ma è davvero la scelta giusta? E c'è sempre la possibilità di riscatto, anche quando i nostri sogni sembrano così lontani?
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