domenica 2 maggio 2021

Il silenzio dei NEET, il lavoro che sprofonda, la resistenza (ignorata) dei precari, tra disinformazione e letture

Due dati: da febbraio 2020, si sono persi 900mila posti di lavoro. 2milioni e 116mila sono i NEET messi in silenzio (dati del 2018, analoghi a quelli del 2010). Due dati che fotografano un'Italia spezzata dal Covid, sì, ma su cui si passa oltre. La pancia grida e la testa tace. Ecco alcuni contributi per riflettere su un problema reale. Nel caso, l'ultima spiaggia sarà farsi raccomandare... 

Lettera di un senza lavoro

Carissim* che mi leggi,
ho aspettato in silenzio l'arrivo di una mail. Ieri ho inviato una decina di CV. Lettera di presentazione mirata, come mi hanno insegnato al corso. Io leggo, studio, ci sono cose che mi scivolano via come sabbia. Come il tempo, ad esempio. Il tempo mi scappa come un no, la mia laurea è una bella pergamena che ha trovato rifugio dietro al vetro. La cornice che la adorna è un bellissimo monito, come un orpello che si dimentica in un attimo. 
L'altro giorno, ho pianto. Mi sono chiesto che cosa ho di sbagliato. Tutti quei no, quei le faremo sapere. Ho anche inviato una candidatura per fare il magazziniere. Silenzio, non una risposta automatica. 
Ieri, poi, ho guardato il mio estratto conto. Ho, ovviamente, disdetto l'abbonamento a Netflix, ma giuro che non farò il pirata di serie. Andrò in biblioteca, dove già chiedo in prestito i libri e dove leggo i quotidiani. E poi leggo altro e vedo la realtà e tante cose non mi tornano.
Hanno indetto una raccolta fondi per un ragazzo cacciato di casa per le sue scelte personali. Sono cazzi suoi e della famiglia, una raccolta fondi e lui lavora... io, invece, quando sono stato lasciato a casa, ho ricevuto tante pacche sulle spalle. Saluti, dai che ce la fai, sei in gamba, troverai presto. 
Un po' di ammortizzazione, sì, ma il tempo passa e io sono qui e i soldi finiscono. Guardo la laurea, il mio CV. Sono in gamba, sono resiliente, ho fatto il cameriere, l'operaio e altri lavori a condizioni orrende.
Mi invento. Forse, sarà quella la mia salvezza. L'invenzione.
Ma per me, tra il conto ormai vuoto e la pancia che brontola, nessuna parola. Si sono dimenticati di me persino per il Primo Maggio. 

Firmato uno che non lavora.

Lettera di una NEET

Carissim* che leggi,
ieri ho spento la televisione. Non ho più voglia di fare nulla. Una volta, durante il colloquio, un tipo mi ha toccato il ginocchio. Un incidente, sì. Un lavoro ottenuto? No. Io ho ritirato il ginocchio e sono volata via dopo le ultime domande. 
"Sai, sei bella, in gamba. Dai che lo trovi?"
Il lavoro? O un uomo ricco che mi mantenga?
Tante stronzate retoriche. Le sento da almeno cinque anni. Dagli stessi che poi fanno i paladini dei diritti.
Sono una NEET. Guardo il mio posto di lavoro con il binocolo. E gli annunci di lavoro dove ti chiedono cose impossibili. Forse, un giorno, mi farò una foto con il cartello. "Cerco lavoro". Meglio, "Cerco un futuro". Magari non festeggerò il Primo Maggio... no, non festeggio. Guardo il vuoto davanti a me. Io sono solo un  numero, non un'influencer famosa che, se sparo cazzate e falsità oggettive, vengo osannata. Perché una cosa giusta è giusta. Anche quando non sai di cosa stai parlando: giusta a prescindere! E le fake erano il terrore di tutto... Su Instagram ho appena duecento contatti, su Tik Tok parlo di cose interessanti e documentate. Ma le parole ignoranti e famose valgono più di quelle di una persona capace e competente. A proposito, sono NEET da tre anni. Io sono laureata, parlo 4 lingue, ma non ho santi in Paradiso. Mi arrangiavo... una volta. Quando vedevo il futuro. Ora non lo vedo più. No. Forse dovrei darla via o essere raccomandata. Sì, raccomandata. O influencer pandemica. Okay, ora mi sparo il filler e vado in onda. Faccio vedere il culo mentre tutti parlano di dignità.     

Firmato una NEET

Brani
Gli occhi di Elena caddero su un annuncio di lavoro. A Bologna (neanche troppo lontano) laurea corrispondente alla sua, ottima conoscenza dello spagnolo e dell’inglese, esperienza nel marketing, non necessariamente maturata nel settore. 
Candidati.
La schermata si aprì sul form da compilare nei vari campi con i dati anagrafici. Conferma dati. Barrare la casella per confermare l’accettazione del trattamento dati in accordo alla legge sulla privacy. Invio.
Risposta automatica. 

La ringraziamo per averci inviato il suo Curriculum. A breve verrà ricontattato. 
Cordiali saluti.

Per un corrispondente non esistevano ferie pagate, malattie, straordinari, in un lavoro che era sempre straordinario. Essere un collaboratore esterno comportava utilizzare il proprio pc, la propria auto, il proprio cellulare, senza avere coperture per ammortizzare le spese. C’era solo il rimborso per la benzina, per il resto arrivare a fine mese era impossibile.
Così si era messo in cerca di lavoro; intanto sbarcava il lunario con alcuni lavoretti saltuari.
“Mamma?”
La donna, una casalinga di mezza età, pacata e riflessiva, si mise in ascolto.
“Che dici, cambio lavoro?”
La signora prese i piatti, li posò sul lavandino e fece scorrere l’acqua.
Devi avere pazienza. Ho sentito dire di gente che ha fatto dieci anni di gavetta, prima di arrivare.”
“E gli altri” aggiunse il ragazzo “hanno mollato prima.”
“Già.”
Ne avevano parlato più volte, anche con suo padre, che portava a casa il pane. Era responsabile di produzione in un’azienda biomedicale, e l’aveva sempre incoraggiato e sostenuto fin dai primi articoli sul giornalino del liceo. Giovanni aveva una marcia in più, non doveva mollare.
Sbuffando, fissò il tesserino dell’Ordine. Tasse da pagare, soldi che continuano a uscire e a non essere compensati dai guadagni.
“Che sistema assurdo” mormorò, posandolo sulla vetrinetta.

Meditava sulla sua vita anche Elena, in attesa che Sandy le aprisse. Per lei, le speranze di trovare un lavoro nel breve termine si stavano rarefacendo. Per settimane aveva inviato richieste via mail, via fax. Alternava la ricerca, alle coccole a Ruggine, che cresceva e ronfava, beato, tra le sue mani.
I telegiornali parlavano di ripresa economica eppure, lungo la via, notava giovani come lei, con lo sguardo perso nel vuoto, vagare senza meta. Giovanni le aveva riferito degli scioperi non riportati dai giornali locali. Censura voluta? Nessuno avrebbe mai risposto allo scomodo quesito che lui stesso aveva rivolto a un rappresentante dei lavoratori.
E lì, silenzio.

Lukas e Antonella erano nel pieno di una conversazione che di pacifico aveva poco.
Il titolare del Pixy’s sbraitò: “Avresti dovuto seguirla di più. Altro che il ballo: Lubiana avrebbe dovuto continuare Scienze Motorie.”
Antonella si impose in tutta la sua statura.
“Era giusto farle seguire le sue aspirazioni o sarebbe stata infelice.”
Lukas le si parò dinanzi.
“Ma non vedi che è infelice comunque?! Tu l’hai riempita di illusioni. E ora siamo qui, a piangere sull’ennesima disfatta.”
“Non è vero! Lubiana non ha fallito! Ha lavorato con alcuni coreografi, è stata in tournée, ha partecipato a diversi spettacoli.”
“Certo, è una diva” ribatté Lukas, sarcastico “Poi il tempo passa e non sei più giovane. Una volta spente le luci della ribalta, lei torna a fare la cameriera, senza soldi e senza sogni.”
“La nostra ragazza ha le carte in regola per farcela, ma non ha avuto l’occasione fortunata. Almeno, non ancora.”
Il padre scosse il capo.
“E quando arriverà?  Ha ormai ventisei anni, e lo sai benissimo che per una ballerina è tardi.”

("Il maledetto residuo nel cuore" - Roberta De Tomi)

Fonti:
Un libro sul precariato: "Virginia vive in soffitta" di Giusy Botta: clicca qui
Link Il silenzio dei NEET: clicca qui
Neet: le persone oltre i numeri (Intrecciarti): clicca qui


Foto
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