martedì 25 maggio 2021

RECENSIONE/RIFLESSIONE - "Alice attraverso lo schermo - Da Poe a Carroll, viaggio nella letteratura fantasy nel cinema" di Cristina Canfora e Luca Lardieri

Fin dalle sue origini il cinema ha sempre attinto ampiamente alla letteratura. Il genere fantastico, nella sua molteplicità di sottogeneri, ha preso come opere di riferimento classici inossidabili. Tra gli autori di riferimento: Edgar Alla Poe e Lewis Carroll. Cristina Canfora e Luca Lardieri, nella raccolta di saggi "Alice attraverso lo schermo - Da Poe a Carroll, viaggio nella letteratura fantasy nel cinema" (Sovera Edizioni) analizzano le influenze, dirette e indirette, di questi grandi nomi della letteratura nella cinematografia.

"Alice attraverso lo schermo - Da Poe a Carroll, viaggio nella letteratura fantasy nel cinema": il contenuto

Il cinema, sin dalle sue origini, ha sempre guardato alla letteratura per trarre ispirazione. Il genere fantasy e la fantascienza, in particolar modo, hanno attinto a piene mani da un certo tipo di racconti e di romanzi che durante oltre un secolo di storia cinematografica, sono stati interpretati e rivisitati secondo il preciso gusto di numerosi cineasti. Attraverso il confronto e l'analisi di testi celebri come "Alice nel paese delle meraviglie" e recenti bestseller come "Lovely bones" di Alice Sebold, questo agile volume compie un viaggio nel cinema fantastico mettendo in risalto, tra gli altri, i film che hanno segnato un'epoca (il mago di Oz, Matrix e il Signore degli anelli), piccole gemme (Donnie Darko e Sleepy Hollow) e gli ultimi capolavori di tre maestri della settima arte, che aprono una breccia nel cinema del futuro (Avatar, Amabili resti e Tim Burton's Alice in Wonderland).

La recensione/rilfessione
Ho trovato questa raccolta di saggi ben scritto e ricchissimo di spunti interessanti, considerando il forte rilievo che viene dato a Lewis Carroll e al suo mondo. Un mondo veramente straordinario, forse incompreso e relegato nell'angolo della "letteratura per l'infanzia". Questo libro è la conferma della complessità di opere del calibro di "Alice nel labirinto" e "Attraverso lo specchio". Libri che si oppongono a qualsiasi operazione edificante; libri di rottura che nel cinema hanno fatto sentire la loro influenza in maniera consistente, grazie a una fitta rete di simbologie che sul grande schermo hanno trovato una molteplicità di espressioni e trasposizioni visive.

Un primo soggetto, molto presente nel libro, è a un regista che ha saputo incantare le platee attraverso i suoi personaggi incredibili - spesso freaks isolati a causa della loro diversità - le atmosfere gotiche, la fantasia capace di evocare scenari, mai disgiunti a una "morale" di fondo. Sto parlando di Tim Burton, definito anche il "folletto di Burbank". Le sue opere vengono analizzate in maniera trasversale, a partire dal suo esordio in quella macchina dei sogni che è la Disney che all'inizio lo respingerà per il suo mood troppo gotico, salvo poi richiamarlo per la realizzazione dello spettacolare "Alice in Wonderland".

E proprio il cimento disneyano del 2010, come rilevato da ambedue gli autori del saggio, segnerà un rovesciamento nella produzione burtoniana. Quasi paradossalmente, il regista che, per per modus operandi e seguendo un istinto creativo "folle", più si avvicina a Carroll, nel momento in cui si è confrontato con i capolavori dell'autore inglese, si è dato un assetto di trama laddove prima le trame erano in secondo piano. A dare manforte, il lavoro della sceneggiatrice Linda Woolverton che ha messo in fila le vicende di Alice realizzando una commistione tra le due opere cardine. Nel film troviamo molteplici riferimenti alla poetica di Burton e richiami alle pellicole precedenti; ma dell'inconfondibile alone gotico troviamo poca traccia, anche se il film ha introdotto qualche  stravolgimento negli stilemi e nella policy disneyana. "Alice in Wonderland" è insomma una commistione di elementi e presenta una serie di paradossi lampanti, se si pensa ai precedenti di Burton. Il successo al botteghino e l'apprezzamento del pubblico hanno premiato il lavoro, ma agli appassionati del "folletto di Burbank" qualcosa non ha convinto. E io per prima, pur affascinata dalla fantasia e dal grande mestiere di Burton, non posso che trovarmi d'accordo con gli autori quando sostengono che film non direttamente basati sui romanzi carrolliani abbiano saputo tradurre sul grande schermo meglio i temi posti da "Alice in Wonderland".

A proposito di quanto ho scritto sopra: "The Matrix" e "Donnie Darko" vengono analizzati nel capitolo "Alice e le meraviglie della fantascienza" da Luca Lardieri. Nella pellicola degli allora fratelli Wachoski i temi carrolliani si giocano sul rapporto tra le differenti realtà; il "Paese delle Meraviglie" del film è cupo e poco piacevole, ma è laddove è possibile vivere liberi dall'asservimento delle macchine che si alimentano grazie ai corpi umani. In "The Matrix" troviamo un "Bianconiglio", le celebri pillole, oggetti anche di meme; inoltre troviamo il concetto di relatività del tempo che Carroll aveva indicato cinquant'anni prima dell'avvento di Einstein. Segno che spesso la letteratura, in maniera intuitiva, arriva ad anticipare ciò che verrà successivamente dimostrato dal pensiero scientifico, instaurando una interconnessione tra i campi del sapere. "The Matrix" presenta anche il riferimento allo specchio, negli occhiali di Morpheus. E anche qui, scatta l'omaggio al pensiero di Carroll, con un monito: "Non ammazzate il tempo (pag. 94). 

"Donnie Darko", diretto da Richard Kelly, è un'altra pellicola con riferimenti lampanti al mondo carrolliano. Anche qui troviamo il riferimento alla relatività del tempo; e anche qui c'è un coniglio che il protagonista deve seguire, un Darkconiglio inquietante che strizza l'occhio a parte della cinematografia horror. "Donnie Darko" è una pellicola di frontiera: fantascienza che intreccia thriller e horror. Quello che la avvicina all'autore inglese, oltre al tema del tempo, è lo stravolgimento della realtà, adombrata da un perbenismo irritante che nasconde il marcio; a questa realtà si contrappone quella allucinata di Donnie, affetto da problemi psichici, ma che sul lungo termine rivela di essere più lucido nella percezione degli eventi.

Entrambe le pellicole partono da un presupposto differente dalle opere carrolliane: luoghi apparentemente tranquilli sono l'alcova perfetta per l'omologazione e il conformismo; mentre per l'autore inglese la realtà conformista è noiosa. Il paese delle meraviglie diventa il posto dove l'universo, così come lo conosciamo, viene messo in discussione. Detta in parole povere: quello che abbiamo sempre considerato reale, forse non è poi cosi reale e, forse, non è per forza la verità; e la verità può avere il potere eversivo di un tè preso con il Cappellaio Matto e la Lepre Marzolina.

Il saggio di Canfora e Lardieri analizza anche altre pellicole e personalità del cinema e della letteratura, come Poe o Peter Jackson; io mi sono focalizzata su Carroll per mettere in evidenza come la sua opera sia entrata direttamente e/o indirettamente nella rotta di collisione di cineasti geniali, che hanno saputo cogliere lo spirito delle vicende di Alice, e dunque la portata innovativa e la capacità di collegarsi alla realtà, andando contro al conformismo. Carroll era un anticonformista. Balbettava, in effetti, ma sapeva andare oltre grazie alla sua penna. Con Alice, non a caso una figura femminile, ha rovesciato le convenzioni asfittiche di un'epoca. Mettendo da parte tutte le convenzioni della letteratura e appellandosi a una Musa su tutte: la Fantasia, quella capace di andare oltre e di infrangere le regole. Una Fantasia che va oltre i conformismi, i pensieri unici e che ha saputo aggirare la censura vittoriana, grazie ai nonsense. 

Per concludere
Un saggio consigliatissimo a chi volesse approfondire il rapporto tra la letteratura e il cinema fantasy e le tematiche carroliane attraverso il cinema. Scritto in maniera chiara e limpida, argomentazioni precise, con le fonti precisate. Ottimo lavoro, lettura molto agevole.

Gli autori
Cristina Canfora
Classe 1986, vive a Torino dove si è laureata in Scienze della Comunicazione con una tesi sulla rappresentazione del personaggio femminile in E.A. Poe e Tim Burton.

Luca Lardieri
Classe 1980, nato a Olten, Svizzera, giornalista e pubblicista, scrive per varie riviste cinematografiche; nel 2005 fonda l'associazione culturale Kimerafilm; collabora con la Cattedra di Cinema dell'Università degli Studi di Roma Tor Vergata, ha preso parte a diversi spot pubblicitari, videoclip e lungometraggi. Curatore della collana "Ciack si scrive" edita dalla Sovera, insieme a Simone Isola ha pubblicato: "Dario Argento", "Tim Burton" e "Steven Spielberg". 


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