“Manuale di autostima per teenager”: il libro
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Questo libro è stato scritto da una giovane ragazza per i suoi coetanei e tratta, in particolare, di un concetto, paradossalmente, alla base dell'autostima: il fallimento. Forse sembrerà un ossimoro ma per avere successo bisogna conoscere il fallimento e non temerlo. Sfatarlo come tabù e saperlo anche accettare, per superarlo.
"All’interno di questo libro si parlerà di varie situazioni critiche che si possono creare all’interno di un preciso ambito e di come superarle, perché qualunque ostacolo si ponga davanti al nostro cammino non è un muro invalicabile ma una porta da aprire, probabilmente con molte serrature… ma sempre oltrepassabili. Scoraggiarsi fa parte del percorso ma non ha senso rimanere demoralizzati per sempre, senza riprendere in mano la nostra vita.
È importante ritrovare la motivazione che si aveva prima di fallire e, se si capisce di non poter più raggiungere un determinato obiettivo, bisognerà impegnarsi per trovarne un altro che possa soddisfarvi e cercare di raggiungerlo con più impegno, rispetto all’obiettivo precedente."
La recensione
Quante volte siamo in cerca di risposte su determinate situazioni? Quante volte ci troviamo in preda ai dubbi, ma soprattutto alle nostre insicurezze, anche quando le celiamo dietro a un sorriso e alla determinazione? I problemi che si parano sul nostro cammino sono molteplici e, a questo punto, non abbiamo che una strada da percorrere: trovare una soluzione. Perché la soluzione si trova sempre.
Questo è il messaggio che sta alla base del “Manuale di autostima per teenager”. Valeria Figini, con argomentazioni cristalline ed esempi calzanti, affronta ogni questione focalizzandosi sulle soluzioni. Dalla scuola ai rapporti con i genitori (e gli insegnanti) passando per lo sport, i temi sono numerosi tanto quanto i problemi che possono insorgere. In un’età in cui tutto è in costruzione, avere qualcuno che dà qualche consiglio, laddove possono esserci difficoltà ad aprirsi con gli adulti e i coetanei, non è cosa da poco. Il manuale è ottimo per la fascia di età cui si rivolge, ma può essere uno strumento utile anche per gli adulti, i quali possono capire quali difficoltà possono avere i più giovani, per poi intervenire.
Gli esempi riportati da Valeria ci fanno comprendere meglio l’applicazione dei suggerimenti o le situazioni riportate. L’approccio dell’autrice è sempre basato sulla mediazione. Succede qualcosa di grave? Fermati un attimo e rifletti. Per Valeria l’importante è capire come risolvere il problema, avendo un approccio positivo e pratico. Il manuale è un piccolo vademecum motivazionale, uno sprone per chi deve ancora imparare a credere in se stesso e per chi crede in se stesso ma deve capire come risolvere alcuni problemi.
In una società competitiva dove affiorano temi preziosi come l’inclusione, la tolleranza, il rispetto, portati avanti dalle nuove generazioni, gli adolescenti sono messi a dura prova. Spesso i messaggi dei media sono contraddittori e superficiali, e l’autostima si trova a dover fare i conti con pressioni contrastanti. Il “Manuale di autostima per teenager” è un piccolo faro da accendere e da tenere aperto sul mondo: i nostri ragazzi non potranno che beneficiarne, soprattutto perché a parlare è un’adolescente con sogni, obiettivi, dubbi e determinazioni in cui identificarsi. E la sua penna ci arriva bene!
Ciao, Valeria, benvenuta! Innanzitutto, parlaci un po’ di te: della tua formazione, di cosa fai nella vita, che cosa vorresti fare. Cose che ti piacciono, cose che non ti piacciono…
Attualmente sono iscritta alla facoltà di Ingegneria Aerospaziale, al Politecnico di Milano. Non ho mai pensato di fare Lettere o una Facoltà legata alle materie umanistiche e, infatti, la scrittura del libro è stata un’eccezione. Quando mi è stato proposto, mi sono detta: “Ma sì, lo faccio, è un’opportunità da cogliere.” Per il resto, dalla terza/quarta classe del liceo Scientifico sono sempre stata convinta di fare il percorso che ho scelto.
Mi è sempre piaciuto molto lo sport e, infatti, pratico il nuoto a un livello abbastanza alto. La maggior parte di ciò che ho imparato, l’ho imparato proprio da lì, anche perché prima del liceo, non avevo tante amicizie. Per quanto riguarda i libri, non leggo moltissimo, perché non ho molto tempo, ma mi piace molto il genere Fantasy; oppure leggo storie scientifiche, magari incentrate sui viaggi spaziali, o sviluppate nell’ambito fisico dello spazio.
Arriviamo al Manuale: tutto nasce da un tema di italiano, giusto? Raccontaci qualcosa...
Sì esatto, lo racconto anche nell’introduzione. Ora, non ricordo bene l’argomento, ma nel tema ho sostenuto che nei libri noi troviamo le indicazioni relative a come raggiungere un obiettivo, con il conseguente successo, ma non troviamo mai indicazioni su come risollevarsi se va storto qualcosa, né suggestioni su come risolvere determinati problemi che si pongono tra noi e il nostro obiettivo. Questo perché, in realtà, nessuno lo racconta. Ad esempio: se vuoi diventare un astrofisico, devi prima frequentare l’Università di Fisica e poi la magistrale in Astrofisica; nessuno ti spiega come procedere verso l’obiettivo. E, soprattutto, nessuno spiega come comportarsi nel caso in cui qualcosa vada storto. Insomma, ti raccontano solo la parte migliore.
Al prof. di Italiano – Daniele Corradi NdR – questa mia osservazione è piaciuta molto, così ha chiesto all’editore se avessi potuto scrivere un libro. L’editore ha dato l’okay e io l’ho scritto.
Quando ti ha fatto la proposta, come hai reagito?
Sono rimasta sorpresa. A 17-18 anni non ti aspetti di scrivere un libro, soprattutto se hai ben altre ambizioni. Ho accettato perché è più difficile che un editore ti dica di scrivere un libro, piuttosto che proporlo. Quindi ho detto, okay! Magari hanno visto che riuscivo a scrivere qualcosa e allora mi hanno dato questa opportunità. In effetti è stato un lavoro molto complicato: non avendo molte esperienze, non riuscivo a scrivere tanto, ma mio papà, mia mamma e mio fratello mi hanno aiutato. Mi hanno spronato, dandomi spunti che mi hanno permesso di portare a termine il manuale.
Hai avuto spunti da amici?
Sì: in alcune parti del libro ci sono avvenimenti che sono veramente accaduti, mentre altri sono solo ispirati a situazioni reali, con persone “inventate”.
Nei capitoli affronti una serie di temi partendo dal concetto: “Come sopravvivere a…”. Essere adolescenti è davvero sopravvivere?
In realtà sì, perché la vita di un adolescente non è sempre rose e fiori. Alcuni giovanissimi non sono molto determinati, senza contare che c’è sempre qualcuno che fa calare l’autostima. In questo caso, occorre combatterlo. Il fatto è che mano a mano che si cresce, si arriva a costruire la nostra identità, no? Quando siamo definiti e sappiamo chi siamo, se qualcuno ci giudica, possiamo dire: “Questa cosa la dici tu, non mi conosci così tanto bene. Continua a pensarlo solo tu!”. Invece da adolescenti è più difficile, anche perché devi sempre cercare di integrarti. Al liceo, ad esempio, ti devi confrontare con persone nuove, non sai bene come fare, magari non va proprio per il verso giusto, soprattutto se non trovi una classe unita. L’autostima è davvero messa a dura prova!
Porto il mio esempio: al liceo io facevo parte di una classe molto unita e ci siamo trovati subito bene. Conosco invece persone che dalla prima alla quinta superiore non si sono mai parlate. Arrivavano in classe e litigavano tutti i giorni. Non era bello: così ti passava la voglia di andare a scuola.
In questo caso, vivi in un clima di competizione che ti mortifica e amplifica il senso di solitudine…
Esatto. La competizione è giusta, ma bisogna essere consapevoli del fatto che ci vogliono dei limiti. Inoltre, prima di guardare agli altri, bisogna mettersi in competizione con se stessi.
Tu come vedi gli adolescenti di oggi?
Secondo me gli adolescenti sono divisi a metà. Alcuni sono molto determinati e puntano in alto. Qualsiasi cosa succeda, riescono ad andare avanti, tenendo gli occhi rivolti ai loro obiettivi. Altri ragazzi, invece, sono un po’ più “liberi”, quindi si fanno prendere dalle mode e hanno i piedi meno ancorati a terra. Ora, io non dico che la scuola sia sempre la via giusta, magari non sono predisposti allo studio, però questi ragazzi non hanno un obiettivo perché sono "piccoli" e non riescono a essere guidati nel modo adeguato a loro. Magari non trovano la via giusta o pensano di essere sbagliati o non adeguati alle situazioni. Un esempio: sono convinti che tutti li odino, che i professori non siano abbastanza bravi da coinvolgerli; da qui si genera un distacco rispetto ai coetanei, con il risultato che restano indietro. Non parlo solo dal punto di vista didattico, ma anche da quello sociale.
Ci sono, insomma, ragazzi che sanno che cosa devono fare, mentre altri sono spaesati e hanno bisogno di una guida.
Consideri la tua generazione molto ribelle o più “tranquilla” rispetto ad altre?
Per come la vediamo io e miei amici, siamo ribelli rispetto a qualcosa che non ci piace più e contro cui stiamo combattendo. Rispetto a come la pensano i nostri genitori e la società, siamo in campo su temi quali razzismo, omofobia e tutto ciò che tende a escludere. Cerchiamo di combattere queste cose, in modo diverso, parlandone e creando momenti di confronto. Ci sono, ad esempio, ragazzi che vanno a fare giornalismo, dicono la loro su questi temi e fanno molto bene. Al contrario, ci sono ragazzi come “no-vax” che secondo me non seguono una linea giusta; credo che però non sia colpa loro, ma della generazione precedente che ha fornito insegnamenti scorretti.
A parte questo, noi adolescenti siamo ribelli in quanto vogliamo cambiare le consuetudini contemporanee, che non sono più adatte al nostro pensiero e modello di vita. Siamo anche, credo, una generazione educata e che combatte con educazione. E io ritengo che si stia cambiando in meglio.
Un tema importante è l’inclusione...
Esatto. Ognuno deve essere libero di fare quello che vuole. Siamo diversi ma essere diverso, non significa doverlo giudicare.
Torniamo di nuovo al “Manuale di autostima per teenager”. Scuola, amicizia, genitori, sport, lavoro, fallimento: questi sono gli ambiti che sviluppi, cui sono dedicate le sezioni in cui è suddiviso il libro. Rispetto alla tua esperienza, c’è stato un ambito o un momento in cui la tua autostima è stata particolarmente messa a dura prova? Perché e come ti sei comportata?
Gli anni delle medie: penso sia stato il periodo più brutto della mia vita, finora. Allora ero molto introversa, quindi non parlavo con nessuno delle mie difficoltà a scuola, con compagni di classe e insegnanti. In realtà l’ho superato grazie allo sport, ed è per questa ragione che ne parlo tanto nel libro. A quei tempi, uscivo da scuola e andavo direttamente ad allenamento: lì trovavo delle persone completamente diverse, che avevano più stima di me, rispetto ai compagni di scuola. Per il resto non ho avuto brutte esperienze. Alle superiori mi sono trovata bene: del resto lì si conoscono persone che sono molto più vicine a quello che tu vorresti essere e risulta più facile stringere amicizia o creare dei legami.
In tempi di Social e di strapotere dell’immagine, quanto è messa a dura prova l’autostima? Con quali conseguenze e quali soluzioni, dalla tua esperienza?
Non ho avuto tutte queste influenze dai Social, anche se in realtà provocano cali di autostima perché sono proposti modelli di bellezza irraggiungibile, complici filtri e trucchi vari.
Alcuni adolescenti si perdono in modelli effimeri, a causa delle influenze dei Social?
I Social Media esercitano un’influenza importante; io penso che siano strumenti positivi, perché ci si collega a chiunque e ci danno informazioni in tempo reale. Ovviamente le cose cambiano se vengono usati male. Forse i ragazzi più giovani, quando utilizzano i Social o quando fanno qualcosa, pensano di fare tutto giustamente, poi alla fine fanno dei danni. Io spero che non accada, in realtà.
A proposito, le influencer: come possono essere percepite dalle ragazze (e dai ragazzi) di oggi?
Dipende dall'influencer, qualcuno magari è troppo incentrato a raccontare la sua vita e non sempre fornisce esempi positivi. Ad esempio: le influencer che escono da alcuni programmi televisivi poi fanno pubblicità prodotti estetici che possono essere dannosi, ma le ragazzine non lo capiscono; se non ci sono genitori che le controllano e guidano, non lo capiranno mai. Poi dipende: d’altro canto ci sono genitori troppo restrittivi. Ci deve essere una vita di mezzo. Poi, invece, ci sono influencer che trattano di argomenti più seri che, sempre con uno sguardo critico, possono essere ascoltati in modo da poter creare un proprio pensiero.
A proposito di fallimento: quanto diventa difficile affrontarlo, in una società che chiede certi impegni? Eppure i fallimenti ci fanno crescere… e senza fallimento non c’è vittoria…
Il fallimento deve esserci. La società vorrebbe che non ci fosse, ma non è così. Dopo un fallimento, è giusto riprovare un test di ammissione a una scuola, anche se si dilatano i tempi; oppure un colloquio di lavoro, una gara. Bisogna continuare a provare, se è quello che vogliamo fare davvero. Bisogna tenere alta l’asticella, pensare “Ho sbagliato? Okay, riprovo!”, oppure “Non riesco, ci penso, ma vedo come risolvere”.
Quello che mi ha colpito nelle tue argomentazioni, è la capacità di motivare e di cercare di mediare. A volte, infatti – e accade in adolescenza, ma anche in età adulta – si è presi da impulsi improvvisi, a volte oscillando da un estremo all’altro. Secondo te, quanto fregano l’impulsività o l’emotività?
Alcune volte essere impulsivi è importante, perché magari rischi che ci pensi troppo e così perdi l’occasione. Certo è che quello che è fatto, è fatto e bisognerebbe essere molto fieri delle proprie scelte. Nel caso in cui sia stato un errore, occorre dire: “Va bene, troviamo la soluzione. Ho sbagliato in quel momento – si può dire – ma adesso lo risolvo”. Questo perché, se si rimane attaccati al “non avrei dovuto farlo”, allora non si va avanti.
A volte troviamo scuse per non superare noi stessi…
Sì, magari ci diciamo che è troppo complicato, non si sa cosa fare e quindi ci si demoralizza e si molla tutto.
Quanto è importante credere negli altri, stando attenti alle ferite che ci possono infliggere?
Dipende dal rapporto che hai con quella persona, da quanto quella persona è in grado di aiutarti perché se può aiutarti davvero, va bene. Se però ti dà giudizi affrettati, pensando di sapere qualsiasi cosa di te e del tuo vissuto, allora no, non è proprio adatta. Magari le stai parlando di università e, a un certo punto, dici che intendi dare due esami su tre perché in realtà non hai tempo per prepararli tutti e preferisci passarne due, piuttosto che rischiare la bocciatura su tutti e tre. La persona in questione, allora, ti risponde: “Non si può dire così, si ha sempre tempo per prepararsi!”; ma non ha mai fatto l’università e non può capire le dinamiche. A quel punto replichi: “Bene è una tua opinione personale, poi puoi esprimerla, ma saprò io se va bene!”.
Io credo che occorra prendere le cose con ironia. Pensare prima di prendere come oro colato le parole che escono da chi non conosci abbastanza o da chi conosci abbastanza ma sai che potrebbe dirti qualsiasi cosa, ma che non è giusta per te.
Arriviamo alle ultime domande. Cos’ha significato per te scrivere questo libro?
Per me ha significato fare un riassunto di quello che è successo prima, per capire come affrontare la vita successivamente. Non l’ho scritto velocemente, ci ho messo un annetto, perché è stato molto difficile analizzare quello che ho fatto e metterlo in discussione. Dovevo vedere i pro e contro, trovare una soluzione per ogni problema, ma per quanto riguarda la mia esperienza, è stato davvero molto utile.
Che accoglienza ha avuto?
Ne ho dato uno ai miei amici, che però non mi hanno dato un feedback perché sono “cattive persone” (Valeria ci scherza un po’! Ndr). Gli amici di famiglia l’hanno trovato molto bello, perché avendo figli piccoli, ne hanno tratto suggerimenti utili per loro. Ricordo che c’è anche la parte sui genitori, anche quella vissuta, che è interessante. E poi, mio papà: l’ha scritto con me, ogni volta lo rileggeva e ne dava parere positivo. Lui è sempre sincero.
E ora, quali sono i tuoi progetti?
Sono indirizzata alla laurea in Ingegneria AeroSpaziale e poi punto alla magistrale in Spaziale. Spero di arrivare a fare qualcosa di “bello” nella mia vita. La mia prima aspirazione è progettare i velivoli spaziali, ma come scrivo nel libro, bisogna prefiggersi obiettivi più piccoli, prima di raggiungere il più grande, in modo tale da essere soddisfatti del proprio percorso. Inoltre, per non illudersi, meglio mettere anche obiettivi più piccoli, e infatti ho anche diversi “Piani B”. Se, ad esempio, dovesse andare male con l’università, andrei a fare il pilota, lavoro che mi permetterebbe di essere a contatto con quel mondo.
Scriveresti ancora qualcosa?
Sì, ma solo qualcosa di bello che mi dovesse succedere e che vale la pena raccontare. Per far sapere com’è andata.
La divulgazione, potrebbe essere un’altra strada?
Non saprei, in quanto io sono molto più pratica che teorica. Mi piace molto leggerla, capirla… Però, magari, in ambito spaziale potrebbe essere un’altra strada interessante. Adrian Fartade tratta di lanci spaziali... sto leggendo un suo libro. Lui, pur avendo una formazione umanistica, in quanto laureato in storia e in filosofia, ha avuto questa passione che l’ha portato a diventare un divulgatore scientifico. Non sei proprio sul campo, però racconti cose inerenti a esso. Anche questo ambito non sarebbe male.
Se vuoi aggiungere altro, per concludere.
Non lasciarsi andare, prendere la vita com’è, lavorarci sopra e trovare una soluzione a tutto, perché c’è sempre una soluzione!
Il libro è disponibile su tutti gli eStore. Lo potete trovare in ebook e cartaceo.
Sito editore: clicca qui
Foto da Pixabay
Foto 1 - La cover del libro
Foto 2 - La solitudine di un'adolescente
Foto 3 - Essere amici
Foto 4 - Adolescenti complici
Foto 5 - Uniti ci si confronta e aiuta meglio
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