mercoledì 27 ottobre 2021

INTERVISTA - Francesco Colafemmina ci racconta l'"Enigma Laocoonte"

Un capolavoro della statuaria antica, il suo ritrovamento, l'arte che sorprende per la perfezione delle linee, Michelangelo Buonarroti e un mistero: sono alcuni degli ingredienti del saggio "Enigma Laocoonte" (Mimesis) di Francesco Colafemmina, saggista e traduttore con alle spalle una robusta produzione, nata dalla passione per l'arte e il mondo antico. Ecco l'intervista all'autore.


"Enigma Laocoonte": la trama
Il 14 gennaio del 1506 nella vigna di un funzionario pontificio, Felice de Fredis, fu ritrovato un complesso marmoreo che avrebbe condizionato profondamente l’estetica europea: il Laocoonte. Immediatamente identificato come uno dei capolavori della statuaria antica, menzionato da Plinio nella "Naturalis historia", viene acquistato per il cortile del Belvedere da papa Giulio II. Sul luogo della scoperta quel giorno apparve Michelangelo Buonarroti. Il Laocoonte lascerà un segno indelebile sulla sua arte di imprimere energia e forza vitale al corpo umano. E se questo legame avesse un’altra spiegazione? Se Michelangelo, già noto per una famosa contraffazione, Cupido dormiente, “antichizzato” a dovere e sepolto in una vigna, poi venduto per antico, avesse replicato la truffa? Il libro analizza tutti i risvolti di questa intricata vicenda, ne ricostruisce il contesto storico-culturale, richiamando la dimensione simbolica del Laocoonte e il suo messaggio spirituale e politico.

L'intervista
Benvenuto su La penna sognante, Francesco. Ci puoi raccontare qualcosa della tua formazione del tuo attuale lavoro di saggista e di traduttore? Quali sono i tuoi lavori e su cosa sei maggiormente focalizzato?
Grazie anzitutto per l’ospitalità! Scrivo per passione e questo mi consente di concentrarmi sugli argomenti che maggiormente suscitano il mio interesse, che reputo più stimolanti. Certo, la passione per l’arte, l’antichità e il mistero mi accompagna da tempo. Per formazione sono classicista e il mondo antico è la mia casa, ma amo la Grecia al di là del tempo, perciò traduco sia dal greco antico che dal moderno. 

Arriviamo all’ “Enigma Laocoonte”: di cosa tratta?
Tratta di una indagine storica dedicata alla scoperta del Laocoonte vaticano, il portentoso complesso marmoreo scoperto nel gennaio del 1506 in una vigna romana. All’analisi della storia della sua scoperta si associa un approfondito esame dei suoi possibili significati, della ricezione simbolica nell’epoca in cui apparve o riapparve. 

Che ruolo avrebbe Michelangelo Buonarroti nella vicenda?
Il dilemma è appunto questo. Il Laocoonte ci è noto da una menzione nella Storia Naturale di Plinio il Vecchio come una delle opere più illustri della statuaria antica, tuttavia, non è comparabile ad opere degli stessi suoi presunti autori (vissuti nella seconda metà del I sec. a.C.), tre scultori di Rodi, ritrovate a Sperlonga negli anni ’50. E mostra una certa distanza dall’arte cosiddetta pergamena (II sec. a.C.). Quindi è un’opera antica o un falso antico di epoca cinquecentesca? Realizzato da chi? Forse da quel Michelangelo che si trovava casualmente sul luogo della scoperta nel gennaio del 1506?

Sulla base di quali precedenti si attribuiscono a Buonarroti determinate azioni?
Già nei suoi primi anni di attività grande scalpore aveva suscitato una contraffazione, successivamente scoperta, di Michelangelo. Un Cupido dormiente, sotterrato anch’esso in una vigna…

Se pensiamo a questo grande artista, ci sembra difficile immaginarlo nel ruolo di contraffattore. È un Buonarroti “inedito” in un certo senso? Che ritratto emerge dell’artista?
Il rapporto con l’imitazione e il superamento dell’antico era molto più libero e ardito di quanto possiamo immaginare. Siamo in un’epoca nella quale si forma nell’immaginario l’idea dell’artista demiurgo, l’artista “romantico”, ma nella realtà vive nell’anima del genio quella dell’artigiano. E l’arte non è mai esente dalle necessità della bottega. Si suppone che con Michelangelo si avvii anzi una fase nella quale l’artista crea opere al di là delle commissioni, un po’ come un moderno atelier scultoreo. Il falso antico scenograficamente sottoposto ad una “riscoperta” accresce notevolmente il valore dell’opera. E se poi si scopre la “truffa” il nome dell’artista finisce per essere esaltato per la sua ardita maestria.

Siamo all’inizio del Cinquecento: quale contesto storico-culturale ricostruisci, secondo quali fonti e muovendoti in che modo, rispetto alla visione che i lettori possono avere del Rinascimento?
Ho cercato di ricostruire il contesto non solo storico, ma appunto culturale. L’epoca della quale parliamo ha molte assonanze con la nostra. L’uomo si libera dalla concezione del tempo medievale, scopre di non avere quasi più limiti né confini, ritrova la divinità dentro di sé e nello stesso tempo percepisce il brivido di una profonda solitudine. Scava così nei testi antichi, riscopre l’ermetismo, costruisce una lettura dell’uomo e della divinità quasi antagonistica rispetto a quella cristiana. Siamo abituati a studiare la storia a compartimenti stagni, ma anche nel passato, specie in quell’epoca, l’osmosi fra luoghi e tempi è estremamente viva. 

Durante la ricerca che ha preceduta la stesura del saggio sono emerse delle particolarità? Quali?
E’ emerso sicuramente il riferimento in un piccolo libricino scoperto presso un antiquario ad un’altra statua di Laocoonte probabilmente esistita a Roma oltre quella custodita in Vaticano, ma non voglio svelare altro…

A chi consiglia di leggere questo libro?
A tutti coloro che amano la storia e l’arte e non cercano conferme, ma hanno una mente aperta al superamento dei dogmi e delle convenzioni.

Alla luce della contemporaneità, continuare a parlare dell’Antichità: in che modo, con quali riflessioni e debiti?
Consideriamo troppo spesso l’Antichità come un luogo chiuso nel tempo e nello spazio, come dicevo prima. E invece ci parla di continuo. Una volta il filosofo stoico Zenone che faceva il mercante di porpora, perse un carico importante in un naufragio. Da Atene si recò a Delfi per consultare l’oracolo. Lì la Pizia gli disse di “mettersi in comunicazione con i morti”. Lui intuì che avrebbe dovuto leggere i filosofi che l’avevano preceduto, doveva studiare gli Antichi. Questa comunicazione con il passato non si interrompe mai, anche quando pensiamo di averlo superato e ci crediamo affrancati da ogni sua eredità. Siamo come alberi che non stanno su senza radici.

Torniamo al tuo lavoro: c’è qualche progetto in fase di stesura? Qualche anticipazione?
A dicembre uscirà un romanzo distopico pensato per i giovani che vivono questo tempo disordinato e fatalista. Un romanzo che ci insegna a sperare attraverso lo sguardo dei nostri nonni. E a marzo uscirà la prima traduzione italiana di una grande opera dello scrittore greco Ilias Venezis. 

Se vuoi aggiungere altro, fare delle considerazioni particolari…
Aggiungo solo che “Enigma Laocoonte” è una riflessione sul dilemma di una civiltà al tramonto. Gridare la verità in attesa del colpo fatale dei serpenti come Laocoonte o salvare nel silenzio l’eredità dei padri e il futuro dei figli come da Enea? 

L'autore: Francesco Colafemmina
Classicista e saggista, è autore di diverse opere e traduzioni fra le quali: "Dialoghi con un persiano, di Manuele il Paleontologo (2007), "Il Matrimonio della Grecia classica" (2011), "Le Api e Noi (2017), "La Democrazia di Atene: storia di un mito" (2020).

Scheda tecnica del libro
"Enigma Laocoonte"
di Francesco Colafemmina
Editore: Mimesis
Genere: Saggistica
Data: 21 ottobre 2021
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