venerdì 13 maggio 2022

"Quasi madre": corrispondenze individuali e universali nella poesia di Rita Pacilio. Leggi la recensione.

"Forse siamo in tempo/per alzare gli occhi al soffitto chiuso/farci tornare la voglia del mondo/prima che qualche pezzo di cielo/possa scomparire per sempre". Abbiamo scelto alcuni versi di uno dei componimenti che riteniamo tra i più belli della raccolta "Quasi madre" di Rita Pacilio (peQuod) di cui proponiamo la recensione.


Dal Comunicato Stampa 
Dopo l’uscita del romanzo “Cosa rimane” (Augh, Utterson 2021) Rita Pacilio, poetessa di origini beneventane, presenta il suo nuovo lavoro poetico dal titolo “Quasi madre” in cui la sua voce poetica e umana svela, con la delicatezza dell’amore, il segreto lancinante dei rapporti psicologici e sociali tra madre e figlia.

Piero Marelli nella postfazione del libro scrive […] “il suo progetto stilistico appartiene a un bisogno aurorale di poesia, giocata sulla figura della madre, non più come un colloquio con i morti di tanta lirica contemporanea, da Pascoli a Raboni, per esempio, ma invece come dialogo, con una presenza che disarticola continuamente la quotidianità e che possiede già “naturalmente” una propria disarticolazione. Una madre come completamento della stessa autrice” […] 

Infatti, la poetessa ha scelto un linguaggio che persegue la logica sensoriale che dirige il lettore verso ipotesi di confronto tra chiarezze e oscurità, simbolismi e corrispondenze del rapporto madre/figlia sicuramente intricato e problematico e che va oltre il significato letterale/letterario/retorico. Rita Pacilio si incammina nei rapporti tra madre e figlia sviscerando i […]  fattori che ostacolano, negli anni della seconda socializzazione, la formazione di un buon rapporto madre/figlia: per esempio il modello materno debole o inadeguato, le lunghe assenze da casa, la freddezza o il disinteresse della madre, il legame di dipendenza privo di comunicazione, la serenità eccessiva negli interventi educativi, l’iperprotezione, la rigidezza di ruolo e la mancanza di fiducia nelle possibilità presenti o future della figlia, gli atteggiamenti ipercritici, l’educazione alla vergogna e ai sensi di colpa. (Rita Pacilio in Pretesti danteschi per riflettere di sociologia – Guida Editori, 2021).

La recensione
Il rapporto tra una madre e una figlia si snoda in questo percorso poetico in cui la forma sembra quella dialogica e individuale; in realtà, c'è qualcosa di più. Il rivolgersi a una figura determinante, e non per ragioni freudiane (la psicanalisi è il meno, anche se la psiche prevale), diventa l'occasione di uno scavo interiore che si rivolge all'esterno, al mondo che propone una molteplicità di coordinate concrete e sensoriali.

Elementi della quotidianità, tra bicchieri, xanax, fermate del treno, riti che si consumano nell'intimità famigliare, insieme ai drammi e ai silenzi taciuti, si intrecciano a un qualcosa che sa di infinito; è il connubio di sacro e profano, sempre compenetrati tra loro, sempre compresenti in un rapporto dicotomico che accende i contrasti, le lacerazioni, i momenti d'amore.  

Non mancano versi cruenti, come riferiti a un'effettiva guerra, a ferite che sanguinano, cicatrici dure a rimarginarsi: "Tremano vetri e palpebre tatuate/lei si gira piegata sul bastone/aeroplani da guerra i capelli/sulla nuca qualcuno è rimasto ucciso e picchiato a sangue". Contrastano con attimi di fragilità: "La osservo come una sconosciuta/le mani così fragili/così vaghe/muovono saggezze antiche" (...) "Che voglia di piangere, eppure/uscirne asciutta/già sull'altra sponda". Contrasti che accendono il rapporto, arricchito da immagini evocanti un passato che scivola oltre le sponde del presente. Un presente spezzato in cui si anela alla fuga: "Scappiamo finché siamo in tempo". Ma si resta a camminare sul filo sospeso e contorto delle sensazioni, sfaccettate ma latrici di una consapevolezza: "Lo so che sei una mamma di altri tempi con l'erba selvatica tra i piedi".

La poesia di Rita Pacilio attinge al quotidiano, ma con una sapienza che denota una cultura, echeggiante nei riferimenti diretti indiretti; è una poesia sgombra di virtuosismi, ma dotata di un'intrinseca ricchezza; una poesia dalla semplicità consapevole, densa di echi e suggestioni in cui la sfera del privato incontra quella dell'universale. Il rapporto con la madre è sviscerato, posto sotto la luce di un lirismo sfaccettato, ricco di note sensoriali. Una poesia che si libera degli sperimentalismi novecenteschi, che ha una sua eleganza intrinseca, complice una penna abile che fa sua lezioni di rarefazioni e suggestioni. 

Per concludere
Il volume sviscera il legame madre-figlia attingendo agli elementi del mondo, naturali e non, con un linguaggio che si libera di tecnicismi e di fronzoli per evocare intime e universali corrispondenze. Emozioni che si tendono come corde, forse sono sul punto di spezzarsi, ma poi restano così, facendo echeggiare una molteplicità di suggestioni. Da leggere in un'atmosfera soffusa, a cuore aperto.  

L'autrice: Rita Pacilio
Rita Pacilio (Benevento, 1963) è poeta e scrittrice. Sociologa di formazione e mediatrice familiare di professione, da oltre un ventennio si occupa di poesia, musica, letteratura per l’infanzia, saggistica e critica letteraria. Direttrice del marchio Editoriale RPlibri è Presidente dell’Associazione Arte e Saperi. È stata tradotta in nove lingue. Sue recenti pubblicazioni: "Gli imperfetti sono gente bizzarra", "Quel grido raggrumato", "Il suono per obbedienza", "Prima di andare", "La principessa con i baffi", "L’amore casomai", "La venatura della viola", "Cosa rimane", "Pretesti danteschi per riflettere di sociologia", "Quasi madre".
Sito web: clicca qui

Ufficio Stampa: Simona Mirabello


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