"È sabato mi hai lasciato e sono bellissimo": la trama
Giugno 1990, esame di maturità: alla domanda finale della commissaria esterna "cosa farà adesso?" Emanuele ammutolisce "come un imbecille illuminato dal sole". Quel che vuole, in effetti, lo sa benissimo: "L'inno nazionale mentre sono sul podio, i giornalisti che mi aspettano all'aeroporto, le ragazzine che si strappano i capelli al mio passaggio. Avevo vent'anni e una ruga verticale fra gli occhi. Avevo vent'anni e una vita davanti, come si dice. Del resto avevo vent'anni, e non capivo un granché. Che poi a dir la verità non avevo ancora vent'anni: mancavano otto mesi..."
Emanuele, meglio, Ema, coltiva i suoi sogni tardo-adolescenziali che lo portano a cercare di capire quale strada intraprendere nella sua vita. Cerca di sfuggire alla mediocrità che lo circonda, elevandosi, ma alla fine, nell'incontro con Saba e Angelica si snodano le complicanze del corpo e del cuore che lo riportano alla realtà. A queste s'intrecciano le passioni, la vocazione letteraria, la presa di coscienza del proprio esistere, spesso strascicato, a volte cinto dagli allori di una soddisfazione, più spesso dal crollo delle illusioni. Le delusioni diventano il bagaglio che arricchirà il suo percorso, fino a un finale che spacca le aspettative. E riempie il lettore di (legittimi) quesiti.
La recensione
Premesso: ho letto numerosi romanzi di formazione, a partire dal liceo; quello che mi ha sempre sorpreso è vedere come, in fondo, gli aneliti, le aspirazioni dei giovanissimi non siano così diversi a distanza di secoli. Cambiano gli strumenti, i background culturali, ma restano sempre gli animi inquieti, il desiderio di elevarsi dalla mediocrità, il sognare in grande che si frantuma di fronte alle evidenze della realtà, in modi e forme diverse, ma spesso con un corollario di amarezza tanto potente quanto edificante.
Penso a "I dolori del giovane Werther": per me la lettura pregnante di un Goethe che ha fornito al protagonista i pretesti per un finale che lo accomuna ad altri grandi classici. La morte come soluzione di fronte all'impossibilità della vita, oltre il dolore. Oppure a quel "Giovane Holden" che si sporca nel linguaggio, scandalizza ma che mostra le pulsioni tanto modo spudorato quanto vero e privo di ipocrisie. Ecco, cambia nel tempo anche l'espressione corporea manifesta. E arriviamo a Ema.
Con la narrazione in prima persona ci conduce nei meandri dei suoi pensieri e della sua esistenza, un districarsi tra eventi che lo fanno ora ribollire ora avvilire. C'è un idealismo fortissimo in lui, insieme al desiderio di porsi al di sopra di tutto, ma anche l'energia di una gioventù che pensa di avere il mondo in pugno. Non mancano gli amici: Alcapone, Niso, France e Rebecca e le new entry che sconvolgeranno gli equilibri della piccola compagnia. Sesso e sentimento, i desideri che si svegliano, senza troppi indugi, le rivalità, i distacchi.
Premesso: ho letto numerosi romanzi di formazione, a partire dal liceo; quello che mi ha sempre sorpreso è vedere come, in fondo, gli aneliti, le aspirazioni dei giovanissimi non siano così diversi a distanza di secoli. Cambiano gli strumenti, i background culturali, ma restano sempre gli animi inquieti, il desiderio di elevarsi dalla mediocrità, il sognare in grande che si frantuma di fronte alle evidenze della realtà, in modi e forme diverse, ma spesso con un corollario di amarezza tanto potente quanto edificante.
Penso a "I dolori del giovane Werther": per me la lettura pregnante di un Goethe che ha fornito al protagonista i pretesti per un finale che lo accomuna ad altri grandi classici. La morte come soluzione di fronte all'impossibilità della vita, oltre il dolore. Oppure a quel "Giovane Holden" che si sporca nel linguaggio, scandalizza ma che mostra le pulsioni tanto modo spudorato quanto vero e privo di ipocrisie. Ecco, cambia nel tempo anche l'espressione corporea manifesta. E arriviamo a Ema.
Con la narrazione in prima persona ci conduce nei meandri dei suoi pensieri e della sua esistenza, un districarsi tra eventi che lo fanno ora ribollire ora avvilire. C'è un idealismo fortissimo in lui, insieme al desiderio di porsi al di sopra di tutto, ma anche l'energia di una gioventù che pensa di avere il mondo in pugno. Non mancano gli amici: Alcapone, Niso, France e Rebecca e le new entry che sconvolgeranno gli equilibri della piccola compagnia. Sesso e sentimento, i desideri che si svegliano, senza troppi indugi, le rivalità, i distacchi.
Ci sono tutte le dinamiche possibili narrate, nella presa diretta di una vita scolpita nella letteratura. Lo stile di Pettener è prezioso, in linea con la voce del protagonista, ma mai pretenzioso. La vocazione è il gesto, con il risultato di una sostanziale freschezza che sorregge una trama compiuta, anche se in alcuni punti ci lascia senza parole. Forse come lettori ci aspettiamo qualche azione sorretta da maggiori giustificazioni, ma qui l'autore ha lasciato spazio alla letteratura, creando qualche "sana lacuna". Molti i citazionismi, ben incastonati nel telaio narrativo, forse con il rischio di qualche ridondanza, ma sintomo di una narrazione consapevole di essere quello che è, senza avere la pretesa di insegnare la vita; anzi, la lascia scorrere come un fiume in piena. E si sa: le piene non sempre si riescono a governare, a volte dobbiamo soltanto farci travolgere e trascinare via. Ed è bellissimo!
Per concludere
"È sabato mi hai lasciato e sono bellissimo" è un esordio che rompe le linee degli autobiografismi asfittici e autoreferenziali proliferanti, portando il lettore sullo stesso piano del narratore, un giovane in cerca della propria definizione, tra errori, cadute, ardori e la passione della letteratura che cerca di sbocciare come un fiore. Un romanzo, linguisticamente ricco, consigliato a tutte le età.
L'autore: Emanuele Pettener
È nato a Mestre. Insegna Lingua e Letteratura italiana ed è “writer in residence” alla Florida Atlantic University (Boca Raton, Florida), dove nel 2004 ha conseguito un Ph.D in Comparative Studies. Ha scritto numerosi articoli e racconti apparsi su riviste statunitensi e italiane. È autore dei romanzi È sabato. Mi hai lasciato e sono bellissimo (Corbo, 2009), Proust per bagnanti (Meligrana, 2013) e Arancio (Meligrana, 2014). Ha pubblicato il saggio Nel nome del padre del figlio e dell’umorismo. I romanzi di John Fante (Cesati, 2010) e, in inglese, la raccolta di brevi racconti A Season in Florida (Bordighera Press, 2014, traduzione di Thomas de Angelis). Ha curato il cinquantesimo numero della rivista “Nuova Prosa” (2009).
Per concludere
"È sabato mi hai lasciato e sono bellissimo" è un esordio che rompe le linee degli autobiografismi asfittici e autoreferenziali proliferanti, portando il lettore sullo stesso piano del narratore, un giovane in cerca della propria definizione, tra errori, cadute, ardori e la passione della letteratura che cerca di sbocciare come un fiore. Un romanzo, linguisticamente ricco, consigliato a tutte le età.
L'autore: Emanuele Pettener
È nato a Mestre. Insegna Lingua e Letteratura italiana ed è “writer in residence” alla Florida Atlantic University (Boca Raton, Florida), dove nel 2004 ha conseguito un Ph.D in Comparative Studies. Ha scritto numerosi articoli e racconti apparsi su riviste statunitensi e italiane. È autore dei romanzi È sabato. Mi hai lasciato e sono bellissimo (Corbo, 2009), Proust per bagnanti (Meligrana, 2013) e Arancio (Meligrana, 2014). Ha pubblicato il saggio Nel nome del padre del figlio e dell’umorismo. I romanzi di John Fante (Cesati, 2010) e, in inglese, la raccolta di brevi racconti A Season in Florida (Bordighera Press, 2014, traduzione di Thomas de Angelis). Ha curato il cinquantesimo numero della rivista “Nuova Prosa” (2009).
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