martedì 12 dicembre 2023

Riscrivere l'archetipo dimenticando l'umanità: gli adattamenti e le debolezze dell'ideologia Woke, alla riprova dell'arte

Quest'estate ho assistito alla proiezione della Sirenetta di Disney e devo dire che, a dispetto delle polemiche, l'ho apprezzata. L'introduzione di una sirena di colore, calata nel contesto geografico adatto, ha dato adito a un'opera tutto sommato riuscita ed emozionante. Certo, dal punto di vista estetico, ho trovato più efficace la versione animata, con un'Ariel, a mio parere, meglio definita nel suo ruolo di ribelle e più energica; ma Halle Bailey, ci ha messo del suo e non si discute il fatto che sia stata una brava interprete. Qui l'adattamento, dal mio punto di vista è riuscito, ma questo non significa che tutte le opere debbano essere riadattate, come a voler riscrivere la storia e la cultura in tutte le sue manifestazioni ed espressioni, per pervenire all'inclusione e compiacere chi sta cercando una riscossa da un'esclusione secolare. Il rischio è di snaturare le radici, creando opere deboli per trame e personaggi. Il tutto per una ragione chiara: l'archetipo. Qualcosa che preesiste all'essere umano e che rispecchia la nostra essenza collettiva. 

Gli archetipi
Che cosa sono gli archetipi? La definizione primaria ci riporta a un modello, una matrice. Il termine ha svariate applicazioni nelle diverse discipline, ma c'è chi, in epoca moderna, ha contribuito all'approfondimento della questione, apportando nuove implicazioni: Carl Gustav Jung. Le teorizzazioni in ambito psicanalitico di Jung sono state determinanti e hanno influenzato diversi settori, quali la comunicazione di massa e il marketing.
Ma in cosa consistono tali archetipi? Si stratta di immagini preesistenti che costituirebbero l'inconscio collettivo. Tali immagini influenzerebbero profondamente gli essere umani, connettendoli a un terreno comune. 
Nella mitologia, Joseph Campbell è stato determinante, mentre nella narrativa, anch'essa influenzata da Jung, il critico russo E. M. Meletinskij ha dato un importante impulso. Ancora, gli studi del linguista e antropologo Vladimir Propp, che ha analizzato la morfologia della fiaba. 
Di base, troviamo 12 archetipi: il saggio, l'innocente, l'esploratore, il sovrano, il creatore, l'angelo custode, il mago, l'eroe, il ribelle, l'amante, il giullare e l'orfano. 
Da questi archetipi si dipanano le possibilità narrative, considerando la capacità di approfondimento che nel Novecento letterario ha visto la psicanalisi come materia d'impulso alla creazione di personaggi dai tratti più approfonditi. Non a caso il Novecento è un secolo di personaggi, come insegna Pirandello. E poi, la pletora di figure che dalla narrativa è rimbalzata al cinema. E qui arriviamo a oggi. E all'ideologia Woke.

Consapevolezza, giustizia sociale, Woke e ideologia
I stay woke è una canzone di Eryka Badu, artista del new soul di grande impatto. Woke è una variante del termine awake che significa stare sveglio; da lì, il riferimento alla mobilitazione che, a partire dai Black Lives Matters nel 2017, si è fatta più incisiva. Il punto va posto sulla mobilitazione attuata a seguito di una presa di coscienza, per opporsi alle ingiustizie sociali e alle discriminazioni. Tale mobilitazione, con il tempo ha assunto una forte connotazione morale, connessa al politicamente corretto e alla cosiddetta cancel culture. Modificare la cultura, al punto da cancellare o negare alcuni elementi di base, diventerebbe il modo per creare inclusione.
Da qui, sono scaturiti gli adattamenti e le nuove versioni di opere, espressione di una maggioranza e, al contempo, il dibattitto che contrappone la validità dell'opera e la moralità dell'artista. Tutto ciò fa pensare a una sostanziale moralizzazione dell'opera, introducendo variazioni volte e compiacere i diversi pubblici, a costo di snaturarla. Il tutto innescando una contraddizione: da una parte, la necessità di espressione che porta alla libertà, dall'altra la censura e le modifiche imposte in nome dell'inclusività. Infine la creazione e moltiplicazione di segmenti ed etichette che incasellano l'essere umano in categorie. Tutto questo quando si è sempre parlato di nuove possibilità di espressione e di una libertà per tutti gli esseri umani. Un modo per incanalare nell'ideologia gli individui, insomma. Non è forse omologazione, questa? 

Smontare l'archetipo e l'arte suona falsa
Da questi presupposti, per quanto legati a buone intenzioni, si arriva a mettere le mani sulle opere. Il risultato? Certo, abbiamo inserito persone di diverse etnie o appartenenze di genere che vanno oltre le distinzioni mainstream. Abbiamo riscritto, ad esempio, un'opera vittoriana, inserendo personaggi legati a minoranze, disattendendo così la credibilità, in nome dell'inclusione. Il risultato? Trame deboli, personaggi ancora più deboli, quasi macchiettistici perché fuori contesto e, soprattutto, lo snaturamento dell'archetipo. Personaggi e storie che nascono in un contesto, diventano altro; mettere mano sull'archetipo, che è qualcosa che ci precede e che traccia i solchi della nostra umanità, ci fa immedesimare di meno. 
L'inclusione forzata, la cancellazione o le modifiche apportate hanno lo stesso effetto della frase tolta da un contesto: porta a un fraintendimento, alla comprensione parziale ma, soprattutto, a una manipolazione concettuale. 
Ma, soprattutto, la negazione degli archetipi che ci accomunano, non fa altro che acuire le differenze. Il punto non è modificare le opere per veicolare un messaggio di inclusione. Il punto è creare delle opere che rispecchino la multiformità e le nuove istanze sociali. Sarebbero più coerenti e, di certo, più efficaci, a patto che non si dimentichi che l'arte al servizio dell'ideologia è sempre un rischio. Meglio nuove opere, frutto della nostra epoca, che ne esprimono le istanze. Opere che non si riducono agli slogan ma che tengano conto della diversità e che portino al confronto, al dialogo, nell'ottica di una parità dei diritti effettivi. Parità che non significa negazione: Biancaneve, le cui caratteristiche fisiche nascono da ragioni precise, incarna una figura archetipica, non vuole essere espressione di un'intolleranza. Stessa cosa per Cenerentola o per la Strega cattiva. Sono figure che rappresentano dei modelli con tratti in cui ci rispecchiamo tutti, alla fine. Il resto lo fa la contestualizzazione e il senso che diamo alla storia.

Per concludere
Gli archetipi fanno parte del nostro bagaglio. Cercare di mettere mano a essi, giustificandosi dietro a una rivoluzione, significa negare le proprie radici, il bagaglio comune dalla cui definizione discende il nostro essere umani. Negare, forzare, cercare di cancellare qualcosa di innato è uno degli atti più reazionari che possano esserci; il progressismo è un'altra cosa. Siamo umani, l'arte, la cultura, la narrativa lo esprimono. E se per creare inclusione si cancella qualcosa di già prodotto per affermare un ideale di giustizia sociale, non si è meglio di coloro che si contesta. Si cerca solo di rovesciare un sistema di poteri. Negare gli archetipi non è la soluzione, poiché essi restano e fondano le narrazioni che valgono. Le fiabe e il mito lo dimostrano.
L'insuccesso di molte opere riscritte in chiave Woke lo dimostra: trame deboli e personaggi striminziti non restano, come la paura di offendere qualcuno con l'ironia o la paura di usare la parola sbagliata. Torniamo umani e ridiamo di noi senza offenderci. 
Siamo umani, non perfetti. 
E includere non significa omologare, come parlare di libertà per toglierla agli altri è un altro atto di esclusione. E nulla cambia.   


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