sabato 16 novembre 2019

Recensione - "L'amante" di Marguerite Duras

La sua trasposizione cinematografica, per la regia di Jean-Jacques Annaud, è nota, per la componente erotica enfatizzata che ha valorizzato la fascinosa attrice, Jane March, ma soprattutto la tematica "lolitesca". La critica l'ha ritenuta morbosa, in quanto indugia fortemente sulla componente sessuale; tuttavia Annaud ha saputo restituire odori, colori e sapori di questo romanzo, sensuale non tanto per la scabrosità della storia narrata, quanto per l'universo di sensazioni tangibili in cui ci immergiamo nella lettura. "L'amante" di Marguerite Duras non è però soltanto una storia d'amore proibito; narra una drammatica vicenda in cui la povertà della famiglia e la depressione della madre emergono con prepotenza, intrecciandosi alla necessità e offuscando la percezione dei sentimenti.



Lui, 27 anni, cinese, di famiglia ricca. Lei, 15 anni, francese, un
 corpo esile, una bellezza destinata a sgretolarsi all'improvviso
- a fatti avvenuti -. L'amore che sboccia è proibito sia (soprattutto) per la differenza d'età, sia per una questione di decenza sociale (ed etnica). Il sentimento si perde tra le pieghe del desiderio e nelle necessità economiche che a un certo punto portano la ragazza a prostituirsi. Ma lei non è una prostituta: ama il giovane adulto in una maniera totalizzante che lei confermerà soltanto diversi anni dopo.

"L'amante" non è soltanto la storia di un amore; c'è soprattutto lo spaccato di una famiglia in rovina, capeggiata da una madre affetta da sindrome maniaco-depressiva e afflitta da un fratello maggiore violento e da un fratello minore destina alla morte. Questi aspetti sono meno evidenti nel film, ma nel romanzo emergono con forza, dando il la al mood drammatico che lo caratterizza. La stessa protagonista in un passo - molto toccante -  racconta della propria endemica tristezza.

Il romanzo si compone di quadri che alternano i momenti famigliari a quelli dedicati alla relazione con l'amante; i due piani arrivano a intrecciarsi senza seguire la successione cronologica. Il flusso della narrazione segue quello del pensiero con salti continui che dal presente ci porta agli eventi successivi. La scrittura incide come un bisturi tagliente; non si profonde nella resa di dettagli ed evoca una difficoltà materiale che corrisponde a quella emotiva. Nel suo essere essenziale la penna della Duras evoca, avvince, a volte ci graffia l'anima e poetizza la mercificazione che percepiamo effettivamente come un amore. E noi vediamo, percepiamo e tocchiamo con mano gli accadimenti.

Non è scandaloso come "Lolita", oltraggioso come "Le 120 giornate di Sodoma" o esplicitamente erotico come "Il delta di Venere"; ma "L'amante" è un romanzo sensuale a 360°. Agli estimatori dell'erotico più "hard" può non entusiasmare, ma il non-detto, gli odori e le atmosfere dell'Indocina s'intrecciano alle sensazioni corporee creando un mix efficace e trasognato.

Per concludere
"L'amante" non è un mero esercizio di stile, né un racconto morboso che indaga le ragioni di un amore proibito indugiando su dettagli hard. Al contrario, la sensualità che lo pervade ha un qualcosa di malinconico che enfatizza la drammaticità di un amore impossibile e di una condizione umana e famigliare. Un amore così grande che sfugge alle definizioni ma che diventa odore, tocco e sapore, restando come un ricordo indelebile.

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