mercoledì 23 giugno 2021

RECENSIONI - "La bambina che aveva mangiato una nuvola grande come la Tour Eiffel" di Romain Puértolas: quando la leggerezza veicola la fantasia, parlando di grandi problemi

In questi giorni mi sono imbattuta in una malattia chiamata mucoviscidosi. La "prima volta", attraverso la lettura di cui sto per fare la recensione. La seconda, guardando un film, "Sul più bello". Due storie completamente diverse, ma con un significato meraviglioso. E mentre ci si scanna su varie questioni, c'è chi steso su un letto d'ospedale, attaccato a una macchina deve veramente combattere. Come accade alla piccola Zahera. Ecco la recensione de "La bambina che aveva mangiato una nuvola grande come la Tour Eiffel" (Einaudi) di Romain Puértolas.

"La bambina che aveva mangiato una nuvola grande come la Tour Eiffel": la trama
Léon, un controllore di volo dell'aeroporto di Orly, entra da un anziano barbiere per farsi tagliare i capelli. E, visto che il negozio è vuoto, inizia a raccontare una strana storia: la vicenda di una giovane postina che, il giorno dell'eruzione di un vulcano islandese che ha riempito i cieli d'Europa di una nube di ceneri bloccando tutti i voli, è arrivata alla sua torre di controllo in bikini chiedendo il permesso di prendere il volo. Cioè di volare lei stessa, con la sola forza delle sue braccia. Anche il barbiere si ricorda quel giorno: è quando l'aereo su cui viaggiava suo fratello è caduto a causa della nube; vi furono 162 morti, nessun sopravvissuto. E ricorda pure la notizia folle di Providence Dupois, la donna che ha volato e di cui hanno parlato tutti i giornali. Cosí, Léon comincia a raccontare tutta la storia dall'inizio. Da quando Providence, postina con sei dita al piede destro e una vita tempestosa, viene ricoverata in ospedale durante un viaggio in Marocco per un'appendicite e conosce Zahera che ha sette anni, è orfana, e vive fin dalla nascita in ospedale per una malattia congenita ai polmoni che, in assenza di un trapianto, la condurrà certamente alla morte. C'è una «nuvola» in fondo ai polmoni della bambina, una «nuvola grande come la Tour Eiffel». Le due buffe e amabili creature s'innamorano una dell'altra, Zahera ha una visione del mondo tutta sua dove, ad esempio, le stelle sono lanciate in cielo da cannoni cinesi, mentre Providence le fa scoprire il mondo reale tramite Internet. Il loro legame diventa cosí forte che la donna decide di adottarla. Il giorno dell'eruzione, con tutti i documenti finalmente completati, Providence doveva partire per Marrakech e portare Zahera a Parigi. È una promessa che ha fatto alla sua bambina, e dunque non può non arrivare, cascasse il mondo! Cosí l'intrepida postina comincia un viaggio sempre piú bislacco tra Parigi e il Marocco, in un crescendo surrealista e divertente che ricorda le fantasticherie di Boris Vian e la materia onirica dei film di Michel Gondry. Fra truffatori senegalesi che si spacciano per maestri cinesi per avere piú clientela, monaci tibetani a Versailles che giocano a bocce con i pomodori verdi e insegnano a volare con l'aiuto di una console Wii, Providence finirà davvero per prendere il volo dall'aeroporto di Orly: con i capelli tagliati e sul corpo nient'altro che un bikini e una fiala di vetro contenente una pozione miracolosa...

La recensione
Il romanzo è scritto con una leggerezza che ho avvertito già nei libri dell'autrice francese Marie-Aude Murail: una dote che consente allo scrittore di affrontare temi pesanti senza calare sul lettore la ghigliottina della tragica pesantezza, eredità che, ahimé, nasce dalla diffusa convinzione che, trattando temi importanti con un registro aulico e pedante, ci si possa cingere di alloro. Ma io per prima, come autrice, negli ultimi anni, sto ricevendo preziose "lezioni di leggerezza". 

Raccontare una malattia, utilizzando un registro lieve. Se poi la malattia è la mucoviscidosi di cui è affetta Zahera, come la Marta del film "Sul più bello", allora la faccenda si intreccia al motivo della nuvola che diventa, per traslato, un simbolo multisfaccettato. Zahera ha nei polmoni una nuvola che le rende difficoltosa la respirazione; una nuvola impedisce il decollo del volo che dovrebbe portare Providence dalla sua piccola. La nuvola è un ostacolo, ma è anche l'emblema della leggerezza. E il volo, rappresenta la battaglia, il baluardo di una speranza di vita, laddove la morte incombe. 

Si sa, parlare di morte, soprattutto quando a essere coinvolti sono dei bambini, è quasi come camminare su un pavimento di cristallo. La paura di rompere qualcosa è enorme. Eppure la morte è un altro aspetto, qualcosa cui non si sfugge. E, allora, inizia la battaglia che vede schierati tanti personaggi, alleati di Providence e Zahera. Spesso sono bizzarri, strappano risate, pur collocandosi nel centro di un situazione che rasenta il tragico. Dopotutto, la piccola sta lottando contro la malattia; dopotutto, la mamma non può raggiungerla. Insomma, sembra che un sogno debba sfumare. Ma poi, arriva la fantasia a vestire gli eventi, donando loro un nuovo aspetto. 

Come il Piccolo Principe, Providence (nome inusuale, per una francese, ma nulla è a caso) intraprende un viaggio incredibile nel senso più ampio dell'aggettivo. Incredibile è la circostanza del volo che riporta la postina (e anche noi) alla necessità di acquisire una consapevolezza interiore per ottenere qualcosa. Per volare occorre liberarsi dagli orpelli materiali; qualsiasi peso di troppo può inficiare il successo della missione. E il volo è il sogno ancestrale dell'essere umano, raccontato dai miti, oggetto di studi da parte di Leonardo, per fare un esempio illustre. Volare è un po' come avere un potere, prossimo alla libertà. E all'amore.

L'amore è un altro tema centrale, fuso all'interculturalità. Providence è francese, Zahera, marocchina; il loro incontro sembra essere stato dettato dal destino. Non ci sono limitazioni, anzi, lo stesso volo diventa un modo per abbattere ogni confine. Si tratta di temi cari a Puértolas e che in questo romanzo trovano uno sviluppo, alimentato dalla fervida immaginazione dell'autore.

Infine, la fantasia. Una trama che, a un certo punto, destabilizza il lettore, lo scuote dalla sospensione dell'incredulità. Ma, attenzione, fa parte del gioco della narrazione e l'autore mostra tutta la sua abilità nel creare una relazione tra piano reale e piano fantastico, sovvertendo le nostre aspettative, salvo poi farci immergere di nuovo nella magia della narrazione. Il tutto senza forzature, con una penna che scivola e risente delle lezioni del surrealismo, senza manifesti bretoniani annessi, ed evitando di scivolare nell'intellettualismo. Per questo è un romanzo per tutti. 

Per concludere
"La bambina che aveva mangiato una nuvola grande come la Tour Eiffel" è un romanzo scoppiettante e brillante, basato su una trama ben delineata, ma capace di riservare sorprese. Il lettore è sempre in bilico, l'autore ci sorprende, ci incanta e ci fa sognare, complice una penna densa di riferimenti culturali e contemporanei, mai compiaciuti. Una penna lieve, che tesse scenari magici e ci apre a molteplici suggestioni sul valore della vita. La leggerezza, insomma, come porta aperta su temi gravi, da cui restiamo toccati e su cui, inevitabilmente, apriamo spiragli di riflessione sulle battaglie per cui vale la pena scaldarsi e combattere. Soprattutto quando diamo per scontato cose che Zahera vorrebbe avere e non ha. Come accade ad altri bambini e adulti, in tutto il mondo.

L'autore: Romain Puértolas
Romain Puértolas, di origini francoispaniche, è nato nel 1975 a Montpellier. Ha vissuto in Spagna e in Inghilterra, lavorando come dj, insegnante di lingue, traduttore, assistente di volo, illusionista e analista per la polizia di frontiera. Per Einaudi ha pubblicato "L'incredibile viaggio del fachiro che restò chiuso in un armadio Ikea" (2014) e "La bambina che aveva mangiato una nuvola grande come la Tour Eiffel" (2015).

2 commenti:

  1. Il libro è davvero interessante e credo che la leggerezza sia la chiave giusta per affrontare certi temi delicati e pesanti, come la malattia di una bambina. Grazie per averlo postato. Un abbraccio.

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