Termini offensivi, si dice ora. Sì, a volte si esagerava per caricare le situazioni, come uno schiaffo in faccia. Anche quando il contesto della comunicazione indica ben altro. Anche quando l'ironia, la comicità sono lo strumento che ci permettono di guardarci dentro, rivelando i nostri vizi, quelli che neghiamo perché ci prendiamo tutti sul serio. Ma ora, silenzio. Non si offende, anche perché magari si rischia di dire la verità. E gli artisti che millantano di combattere pregiudizi e tabù, affermando di voler cambiare la società, sventolano le bandiere sui terreni conquistati con il consenso. Peccato che quella società tanto avversata e che vogliono cambiare, sia la stessa che ha permesso il loro successo. Gli artisti combattenti fanno la rivoluzione con il disinfettante e gli slogan monocromatici. Ma non volevano (e volevamo) il mondo arcobaleno?
Così prendiamo il bianchetto. E cancelliamo quello che potrebbe offendere a prescindere dalle intenzioni. A prescindere dal fatto che quella cosa sia sbagliata. Il buon comunicatore deve saperlo. Essere il soldatino dell'igiene semantico. Anche se il contesto dice altro. Ma non si sa mai, il pensiero sembra un fuso dritto. Chi si punge, cade nel sonno dei cento anni? Nessun bivio, le sfumature devono essere colori netti. Il pensiero si irrigidisce, la maieutica sembra un gioco dell'ovvio, i sillogismi portano a uniche conclusioni. Sempre che non siano i sillogismi di Carroll: il mondo si capovolge. Ma questa è un'altra storia. Aspettiamo che Rosaspina si risvegli.
Intanto alcuni artisti e influencer dichiarano di combattere i pregiudizi e i tabù con il piglio di una Xena, principessa guerriera. Con il politically correct. Predicano il rispetto combattendo aggressivamente chi ha altre idee (che a loro dire, non rispettano gli altri... pensala come vuoi, purché la pensi come me? Chiedo per un amico.). I tabù sono da abbattere, ma se li metti dietro al bianchetto, li nascondi, non li elimini e non elimini le questioni e i problemi a essi connessi, semmai li moltiplichi. I pregiudizi sono le etichette da rimuovere: eppure ho l'impressione che le etichette si stiano moltiplicando nel nome di un senso di appartenenza a un gruppo in cui identificarsi. Il tutto predicando di libertà, inclusione e altre contraddizioni. Parlano di leggi e argomenti che nemmeno hanno letto, e chi è attento lo nota. Sono attivisti, anzi artivisti, veicolando pensieri precisi e orientati. Si dichiarano pronti a combattere la società cui aderiscono di tutto, in realtà. E ovviamente hanno follower a migliaia che non notano questi scollamenti tra il dire e il fare. Forse il concetto di battaglia e di rivoluzione non è chiaro, soprattutto se non si è studiato la Storia bene, interpretandola ben oltre i cavilli ideologici. Ma all'epoca dell'arte ridotta a slogan, tutto perde la forza che si ritrova nella realtà di chi ha partecipato a certe battaglie. Senza gloria, firme e andando davvero contro alle autorità forti. Il tutto, pagando uno scotto... così accade quando si è controcorrenti e il miles non è glorioso. E c'è chi per un post-tabù vede oscurata la pagina Fb dagli stessi predicatori anti-tabù. La logica dei Guelfi e dei Ghibellini del rispetto.
O forse...
Forse le idee non sono chiare, c'è confusione di termini in un mondo pandemico che ha sicuramente e inevitabilmente scardinato le nostre certezze, e le soluzioni migliori sono i sensi unici. Chiari, senza bivi, che ti portano dove vuole la necessità. O, meglio, un mondo nuovo dove inclusione odora di omologazione; dove la libertà è ormai la diatriba posta tra necessità collettive e individuali. Si apre lo spaccio delle parole, si igienizza la mente, si pensa a pochi colori... e io che sono fan dei colori! Ma non volevamo un mondo arcobaleno? E i colori sono tanti come le sfumature di pensiero, di essere, di vivere. Riprendiamo il contesto, le sfumature e le intenzioni. Come ci divertimmo davanti a chi si scandalizzava per Madonna che baciava il Gesù Cristo nero nel video di "Like a prayer"? Le sue provocazioni le costarono più scomuniche dalla Chiesa, ma lei ha continuato imperterrita, con altre provocazioni geniali. Era la libertà dell'artista. Che poi il connubio marketing e arte fosse perfetto è altra storia. Ma lì abbiamo pensato che essere controcorrenti non è male e forse Miss Ciccone nemmeno si era lavata le mani. E nemmeno ci si è posti la priorità che forse qualcuno si sarebbe offeso. Era implicito nella provocazione, che ha divertito per il rovesciamento degli archetipi sacri.
Ma se lo sei oggi, controcorrente? Quanto è bella l'arte che si sporca le mani, che scherza, che gioca, che ti fa pensare che le strade sono tante e che il mondo arcobaleno lo vogliamo, ma per davvero e inteso nel senso lato dell'arcobaleno. Con mille sfumature. Perché la diversità è ricchezza, lo hanno titolato alcuni giornali, di recente. Ma diversità è contrapposizione, sono i bivi, sono pensieri che corrono divergenti, a volte rischiando di offendere qualcuno. Il paradosso della diversità: rispetti la diversità ma poi la diversità può urtare al sensibilità di chi la pensa diversamente. Ecco il cortocircuito. O forse, è la diversità e quella delle narrazioni da mille clic e guadagni, che ci stanno tutte. Dobbiamo pur campare e con le storie si campa. Ma sono così belli i colori promossi e caldeggiati dagli artivisti&CO. Almeno non si oscurano le pagine FB. E invece è andata così. Maledetto Politically Correct... ma non offenderti, è ironia!
Semplicemente perfetto. Viviamo in un mondo ipocrita. Nel mondo del politically correct è l’ipocrisia che la fa da padrona. A volte vedo vecchi film e ci sono battute che oggi sono diventate improponibili, credo che oggi verrebbero censurate. Tu ti chiedi” Ma non volevamo un mondo arcobaleno?” Credo che si sia talmente esagerato con il rispetto delle diversità che si è scolorito l’arcobaleno. Rispettare la diversità e considerarla ricchezza significa anche accettare che ogni diversità è unica e diverge da tutte le altre fino anche a contrapporsi ad alcune. Tu lo hai spiegato molto bene. Il problema è che si è persa la leggerezza, quella leggera voglia di sorridere senza essere permalosi, senza offendersi. Il mondo è diventato più pesante di quanto già non lo fosse. Se non altro prima un sorriso ti aiutava ad affrontarlo meglio questo mondo.
RispondiEliminaSì, è quello il punto. Abbiamo perso la leggerezza. Quante discussioni nascono per un fraintendimento su qualcosa che, in realtà, voleva far ridere, riflettere e non offendere veramente? E tutto questo per distogliere lo sguardo da quello che siamo, dal nostro essere imperfetti o, meglio, perfettibili. Ormai è tutta una lesa maestà. E, in fondo, una battaglia basata su una competizione che esclude: chi è più debole o meno protetto... Grazie per il tuo intervento!
RispondiEliminaIl mondo di oggi è falso, purtroppo.
RispondiEliminaChi come noi va controcorrente ne paga il prezzo, ma è meglio pensare sempre con la propria testa.
A bientot!
Sono completamente d'accordo... a presto, Sophie!
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