La prima volta che ascoltai "Oh father", rimasi colpita dalle parole, dal cercare un amore che sembra lontano. Ferite che si ripresentano, in un rapporto conflittuale. "Trappola d'ardesia" è un racconto di ferite, frammenti umani che si raccolgono e difficilmente tornano alla loro forma originaria.
"Trappola d'ardesia" racconta anche di un padre. C'è una famiglia, un segreto che affonda le sue radici nel passato. Il rancore, l'omertà, i bisogni di un amore che scivola via, come sabbia. Il tema della violenza s'intreccia a quello dei silenzi, delle ferite che non per forza sono procurate da lame o dalle botte.
Il testo di "Oh father" rispecchia pienamente il romanzo. Le domande della figlia esplodono in testa nel finale in cui il pensiero corre verso la crudeltà che forse aveva una sua finalità. O forse no.
Ma resta l'amore, il bisogno di un padre che abbracci la figlia, i figli, prima di dettare le regole e la disciplina. Un padre che non è un'autorità, non nel senso freudiano del termine, ma è prima di tutto un uomo. E i figli aspettano l'abbraccio, non solo nel giorno dedicato.
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