martedì 15 settembre 2015

Rêveries sul Ponte Bizzarro

Non ho voglia di tornare a casa. Ho rischiato la pelle che riveste un corpo senz'anima, ma ancora pedalo, pedalo, in direzione del ponte da cui si accede all'altra regione. Un tempo, era un altro stato. Ora è un luogo di passaggio, uno Zenith che mi riporta a quello che ero, un tempo. 




Pedalo, e il passato mi tocca e io mi sento come la vecchietta dei Piccoli poemi in prosa di Baudelaire. O come quella creatura che ama le nuvole. E io amo le nuvole, perché passano e cambiano forma in un battito di ciglia.
Arrivo al Ponte Bizzarro: ai lati della strada, due strutture in pietra cementata che mi sfiorano le ginocchia.
Scendo dalla bicicletta e osservo il sole, alto in cielo, che abbraccia il paesaggio posto davanti ai miei occhi. Dietro la provinciale si staglia un campo incolto, cui segue una serie di corti risalenti a diverse annate.
Il pomeriggio libero, il Ponte con quel nome curioso, valico che permette l'accesso a mondi isolati, e il sole che non mi lascia. Ho ancora impresso il sigillo di ciò che mi ha attorniato, mentre cerco la bellezza. Affondo, sogno, mi beo di quel luogo che profuma di magia.
E poi... apro gli occhi e tutto svanisce. Ore 22.24. Sono sul letto, il passato mi tocca, le giornate sono brevi, l'estate si è consumata nell'attimo di una nota. Pochi tormentoni e quel tocco che mi assilla. E allora cerco di naufragare nei sogni. Ma solo sul Ponte Bizzarro potevo sognare. Ora, torno alla realtà. E al passato che mi chiama, bella e senza l'anima. L'anima? Dov'è? L'ho venduta, come io ho venduto me. Ed è accaduto poco tempo fa.
No, non l'ha fatto Lubiana. Io l'ho fatto.
E ora, voglio solo dormire, se non posso avere un'ora d'amore o un'ora di me.

(Sonno- Sipario- Elena dorme).

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