Reduce dalla visione de La vita di Adèle (Capitoli 1 & 2 - Regia di Abdellatif Kechiche), ho ripensato alle tappe della nostra educazione (o diseducazione) erotico-sentimentale; quelle che inevitabilmente un po' tutti percorriamo, anche se in maniera differente. Decliniamo la vita a modo nostro, ma spesso resta in sospeso un grosso interrogativo chiamato amore, la cui assenza si presenta in varie forme.
La vicenda di Adèle s'incentra sul mal d'amore, una diversa forma del mal de vivre novecentesco, in cui si esplica quel senso di solitudine che ci allontana dagli altri e da noi stessi, rendendoci talvolta fantasmi inerti. In questo disperato bisogno di amore si scorge la chiave di lettura di una società sempre più asettica, ma anche un diverso modo, da parte degli autori, di trattare il sentimento romantico per antonomasia, lontano da luoghi comuni, cuoricini e principi-ranocchi.
Adèle è un'adolescente francese, come tanti adolescenti in cerca di se stessa. Dopo una prima esperienza etero, la ragazza, già segnata dall'incontro con una giovane con i capelli blu che in seguito ricorrerà anche nei suoi sogni erotici, è profondamente turbata. Il bacio con una coetanea da cui si sente subito attratta, spalanca le porte di un universo inedito; così la ragazza, scaricata poco dopo dall'amica, scopre di essere lesbica. Come tale viene subito bollata e fatta oggetto di insulti molto pesanti. Dopo un acceso diverbio con alcuni compagni di scuola, Adèle deve far fronte a una solitudine profonda, quella malinconia che sembra limitare le sue potenzialità. Una sera, in un locale gay, rivede la ragazza con i capelli blu. Si chiama Emma, frequenta le Belle Arti e tra loro è subito attrazione e amore. La loro relazione procede, anche se Adèle sembra sempre alla ricerca di qualcosa. Della felicità? Dell'amore?
Non svelo altro della trama.
La ricerca della felicità, dell'amore. Il senso della realizzazione che si esplica nel mito platonico delle due metà. Ma soprattutto, il lento e inesorabile trascinarsi nel vuoto di una nausea esistenziale argomentata da Sartre e portata sullo schermo in una chiave contemporanea ma fortemente attuale. Adèle ha il talento della scrittura, ma accetta di fare la maestra senza farsi trascinare dalle ambizioni. Si muove con un languore che sembra denotare un malessere emotivo riflesso anche sul corpo. Come se, nella presenza dell'amore, questo grande sentimento non riuscisse a concretizzarsi o a trovare una pienezza.
Tante le citazioni letterarie con rimandi ad alcune "eroine di carta": dalla Marianna di Marivaux arriviamo a quella arcinota Madame Bovary dalle elevate aspirazioni volte a sfuggire dalla mediocrità; aspirazioni destinate a crollare inevitabilmente. Adéle non è affetta da bovarismo; al contrario, si accontenta della sua vita di insegnante, malgrado Emma la sproni a scrivere delle storie che possano essere pubblicate. Tuttavia, in questa accettazione (vera?) il malessere che pervade la protagonista è palese e sembra creare un cortocircuito senza soluzione di continuità.
Adèle, il mal d'amore, la solitudine in una società indifferente e ancora schiava delle etichette e delle convenzioni. La visione del regista non è però Social come ci si potrebbe aspettare in una pellicola di questo tipo. I libri proliferano, le parole sono sassi lanciati nel mare della comunicazione e della ricerca. L'adolescenza e le relative difficoltà legate all'identità e alla sessualità, la scoperta del proprio corpo al ritmo degli ormoni sconvolti e in bilico, è un altro tema portante.
L'erotismo è al limite del pornografico, scelta discutibile ma - per quello che mi pare di avere colto - espressione dell'ansia di scavare nel corpo dell'altra da parte della protagonista per trovare i frammenti di sé.
La vita di Adèle è un film sull'amore prima che sui diritti dei gay (pur offrendo importanti spunti di riflessione sul tema). Frantuma ogni idea romantica che abbiamo di questo sentimento. Non sempre l'amore si identifica con le fiabe. A volte apre nuove porte, è ridefinizione del sentimento e delle nostre orbite emotive ed esistenziali, una crisi che si apre dentro di noi. L'amore è, insomma, qualcosa di più complesso -declinato ovviamente all'individuo - che va oltre la bellezza e le sensazioni di pelle. A volte non ci salva perché siamo forse noi a dover trovare le ragioni per salvarci.
Idem per la felicità.
Nessun commento:
Posta un commento