Caro/a autore/autrice (o aspirante tale),
ti affacci sulla mia bacheca di Facebook. L'obiettivo? Promuoverti. E ci sta. Oppure cerchi un editore. E qui, sono un po' perplessa, perché cerchi me... Ma questa è un'altra storia. Alla luce di questi accadimenti, e se non ti prendi troppo sul serio, qualcosa vorrei dirtelo. Quindi, facciamo quattro risate, pensando ad alcuni casi più o meno strani che sono capitati a me, ma anche a te.
La promozione
Luogo: Faccialibro, al secolo Facebook. Oppure un altro Social
Suoni al mio campanello (virtuale).
Caso educato
"Ciao, mi chiamo Gustavo Fioreberto, mi metti un like?"
"Gustavo Fioreberto? Perché questo nome mi dice qualcosa?"
"Ecco... 😳😳 adoro Gustave Flaubert e da lì è nato il mio nick."
"Ah... (perplitudine forever)."
"Scusa, potresti mettere un like sulle mie 8.023 pagine?"
"Facciamo che lo metto sulla tua pagina autore? Non riesco a seguire tutte le tue pagine."
"Va bene 😉! Grazie. Magari, se puoi, ricordati delle altre pagine. Quando puoi..."
"Sì, dai. Scusa, ora devo staccare. Buon lavoro!"
"Grazie! Buon lavoro anche a te."
Caso bombing
Piccolo spazio pubblicità, canta Vasco Rossi... ovvero papiro chilometrico con attenta analisi filologica dell'opera, link, contatti, della serie ci metto un giorno a leggerti e nel frattempo arrivano altri messaggi analoghi.
In pratica, se mettiamo anche soltanto due messaggi di promozione e li moltiplichiamo per i 365 giorni dell'anno, che cosa risulta? O allunghiamo le ore giornaliere o qualche cosa va rivista nelle strategie di promozione. Anche perché, o banni o fingi di non avere ricevuto nulla...e non è carino.Pensiamoci.
Caso like
Accetto l'amicizia e, dopo un nanosecondo, arriva l'invito a mettere like alla pagina autore o libro. Per non parlare di coloro che per hobby o mestiere (vorrei capirlo) invitano a mettere like a mille pagine, senza nemmeno selezionare il target. E qui arriviamo al pushing.
Topic pushing like
"Ciao (senza virgola) mi aiuti a far crescere la pagina? Puoi invitare i tuoi amici?"
"Certo, ma i miei amici sono analfabeti... non leggono libri."
"Ma è per fare numero."
"D'accordo, ma poi... le interazioni? Il passaparola perché il libro arrivi a chi conta e non a chi non è interessato?"
E qui torniamo al detto... pochi ma buoni. Se sono tanti e buoni... quello sarebbe il risultato da perseguire! Per il resto ci sono le consulenze per la gestione dei Social e l'attenta osservazione delle risposte del pubblico. Insomma, occorre sempre imparare...
NB. A volte basterebbe iniziare anche con una presentazione e fare quattro chiacchiere. In passato ho sbagliato anche io a non rispondere, ma per assenza di tempo o per imbarazzanti inghippi tecnici legati allo strumento che mi hanno fatto fare figure poco piacevoli. Tuttavia, con gli anni e sbagliando ho capito che è più utile saper instaurare un rapporto basato sulla cortesia, piuttosto che rifilare un papiro di presentazione, magari dettagliato, ma un tantino freddo.
NB. Esempio
"Ciao (senza virgola) io mi chiamo Gustavo Fioreberto."
"Ciao, io sono Carlotta Bronta. Ma tu mi ricordi qualcuno."
"In effetti... Mi sembra di averti già sentita pure io."
(Gustavo Fioreberto... Carlotta Brona... Siamo sempre maccheronici noi!).
Pubblicare, un sogno, un'utopia, una disperazione, un piacere o un lavoro?
Un sogno, un hobby?
Ebbene... capita che il sogno sia dietro alla porta cui hai bussato. Ma nessuno ti apre. E nell'attesa, ti sfibri e cominci a maturare quelle convinzioni che uccidono l'autostima.
Ma scrivere per urgenza non è come scrivere per pubblicare.
Detto questo, passo al secondo punto, altrettanto cruciale.
Pubblicare è un mestiere
Un editore serio investe su di te, quindi una prima considerazione da fare, è capire se quello che hai scritto è in linea con l'editore (e con il mercato cui l'editore si rivolge).
Per dirla in breve: puoi essere un autore colto ed eccellente, ma quando si arriva al grande salto, non sempre la bravura corrisponde alle richieste e ai gusti del pubblico. E poi, piccola provocazione... credi di avere scritto veramente qualcosa di originale?
Un dato, per capire: nel 2017 sono usciti 66.757 nuovi libri. Sono tutti veramente innovativi? Coff, coff... magari concentrati sulla qualità e la dinamica della storia, dosa con cura il termine originalità, e la tua presentazione successiva potrebbe essere più credibile. Salvo che tu non sia arrivato al totale decostruzionismo...allora se ne potrebbe riparlare.
Ma ora torno all'argomento principale: la pubblicazione.
Esci dalla tua camera, dalla dimensione delle pacche sulle spalle di amici e parenti, dalla tua autoreferenzialità.
Ti aspetta il mondo della critica spietata, ma anche delle lodi.
Ti aspetta un mondo in cui devi imparare sempre cose nuove, in quanto si tratta di un mondo in continua evoluzione.
Quindi, perché sfibrarti per una pubblicazione, avere fretta, quando sarebbe più saggio rispondere all'urgenza creativa ed espressiva, per poi trovare la tua strada effettiva? Pubblicare è forse un obbligo "perché lo fanno praticamente tutti"? Se lo si vuole fare di mestiere, quel "tutti" va ridimensionato. Bisogna mettersi in testa che il lavoro è un lavoro e per quanto ci piaccia, ha i suoi lati critici.
"Essere gratis": facciamoci qualche domanda
La gavetta, quel concetto che ci frega. In fondo il mondo è cambiato, il fisso è ormai un concetto astronomico e quello che ci resta da fare ora è essere resilienti. E dai pure, anche con quest'ultimo termine entriamo nell'orbita dell'ormai obsoleto.
Essere resilienti, quindi essere gratis... sì, no, forse. Ma se intendi farlo per lavoro, qualche problema si pone.
Prima di tutto, un retaggio romantico ci impone la gratuità come condizione di artisticità assoluta. Io mi esprimo senza scendere ai compromessi posti dal mercato. Lo faccio con autenticità e per il mio bene e per quello di chi mi legge. Intento nobile, eppure anche qui spunta un bel neo bubboloso.
Sì al gratuito per esprimersi, sì al gratuito per promuoversi. Sì alle piattaforme online che permettono agli autori di condividere storie e romanzi, perché consentono anche di approcciarsi a un pubblico e di capire se quello che scriviamo funziona. Sì alle storie leggere (che non sono così facili da scrivere). Perché disprezzare un libro in stile Harmony? Se lo prendiamo per quello che è, una storia d'amore e d'evasione, che non rientra nella nostra orbita di interesse, non lo leggiamo. Lo leggeranno altri. Punto e a capo.
Sì al piacere di scrivere e divertirsi...
Poi, decido di farlo di mestiere... e le cose cambiano!
Domande: come posso affermare la mia professionalità se mi pongo gratuitamente? E se abituo il mio pubblico a leggermi gratuitamente, cosa accadrà non appena avrò apposto il prezzo a una mia opera? E se guadagno dal mio mestiere di scrittore, magari scrivo bestseller, quanto mi svilisco?
Il retaggio della cultura romantica che vede lo scrittore un eletto e un puro che si eleva sulle passioni e sulla mediocrità della quotidianità, rifiutando compromessi e ingaggiando una battaglia di ideali, pur se rispettabile, può essere anche ridimensionata, non trovi? Senza nulla togliere a chi vuole ergersi con eccellenza, considerando l'arte come strumento di sensibilizzazione e di battaglia. Forse se lo può permettere e non ha brontolii di pancia o esigenze fisiologiche... Scherzi a parte, però, si tratta di scelte. Il riconoscimento di uno scrittore può anche esulare da alcuni preconcetti che sono ancora troppo radicati. In fondo, anche scrivere un ottimo bestseller non è da tutti, come del resto esistono opere commerciali scritte con il cuore in mano e in punta di penna, dunque di alto livello.
D'altro canto la scrittura può diventare un lavoro, e in quanto tale può essere molto faticoso.
Scrivere (può essere) è (molto) faticoso
Diciamocelo: molti pensano che scrivere sia una passeggiata o un bel volo a cielo aperto. Sicuro, se buttiamo sulla carta i nostri pensieri, ci sentiamo bene. Ci sentiamo bene se scriviamo una storia di getto, rispondendo all'impulso creativo che ci porta a scrivere anche sul palmo della mano, in assenza di un pezzo di carta (la penna ce l'hai, vero?).
E poi?
Siamo pronti per la pubblicazione. Siamo sicuri? Parlo come una che di errori ne ha fatti un sacco e una sporta: da errori e sviste normali per chi si legge troppe volte (ecco perché servono editor e correttori di bozze) a opere sbagliate. Inoltre, se lo fate come lavoro, ricordatevi di tante variabili: costanza, tempi da
rispettare, creatività che deve adattarsi alle richieste, lavoro di squadra con lo staff dell'editore. Detta
chiaramente: tanti scrittori provetti scrivono quello che gli viene
richiesto e non sempre quello che viene richiesto aderisce alle loro preferenze assolute. Ma sono professionisti e in quanto tali si cimentano e si adattano alle diverse situazioni poste.
Confermo quindi: scrivere per pubblicare, quindi per lavoro, non è come fare una passeggiata. Bisogna studiare, leggere, scrivere e cancellare ciò che non va.
A questo punto, dimenticate i pensieri buttati sulla carta, quelli sono soltanto un punto di partenza. Quando viene il resto, occorre rimboccarsi le maniche, senza perdere l'entusiasmo.
E dopo la pubblicazione del libro?
Vi tocca la promozione. Che non deve essere bombing.
E qui chiudo il discorso. Sulla promo tornerò successivamente.
Per concludere
Caro scrittore, cara scrittrice,
continua a sognare, se vuoi. Scrivi e muovi quella penna.
Ma non disperare per uno o tanti no.
Non ti abbattere se ti coprono di critiche.
Non compiere troppi voli; se proprio, che siano pindarici e sulla carta.
Non affidarti soltanto all'ispirazione: c'è un mondo là fuori che può fornirti spunti.
Non demordere, se è quello che vuoi. Se vuoi una cosa, non esiste timeout.
Servono talento, mestiere, costanza... i contatti giusti (nota dolente). Ma quel fattore, che tutti cerchiamo in ogni ambito, è quello cruciale. Il Fattore C.
Detto questo, ti lascio alla tua scrittura e alle festività pasquali con tanti auguri ;-)!
No, aspetta, prima che tu vada via, ti chiedo questo: i libri li leggi, vero? Quelli degli altri, intendo...
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