Autodidatti e/o millantantori di titoli ma soprattutto di capacità e competenze da una parte; dall'altra, leggendo gli annunci di lavoro, richieste di esperienze pluriennali fatte a neolaureati poco più che ventenni. In mezzo, ci stanno loro: i titolati, ma non per etichetta. Dietro a una laurea, dietro a un'esperienza, ci sono anni di studio, di approfondimenti; anni di lavoro per mantenersi gli studi. Sacrifici. E mentre ci dibattiamo tra le schizofrenie di un paese sempre più allo sbando, con laureati precari che, nei loro angolini, macinano idee e trovano solo ostacoli e disprezzo, ecco l'ennesima batosta: la notizia di Sergio Battelli che, malgrado sia sia fermato alla Terza Media, è stato confermato Presidente della Commissione per le Politiche UE. Non me ne dolga, Battelli, anzi, invito a leggere le sue ragioni, perché è giusto che si ascoltino le diverse campane (vai all'articolo su Leggilo, clicca qui). E lungi da me dal voler fare una polemica mirata a qualcuno: da questo caso vorrei porre una riflessione che riguarda il contesto generale di un paese che lancia briciole a teste pensanti con idee, di cui disprezzano i titoli. No, i titoli non sono pezzi di carta. Sono altro. Scoprite perché.
Una laurea non è un pezzo di carta. La differenza la fa la persona. I percorsi universitari sono costellati da figuri che leggono a malapena un libro e si buttano su un esame sperando nella cosiddetta botta di fortuna e/o nel celebre 18 politico che ha generato mostri.
Ma d'altra parte abbiamo persone che le loro ore sui libri le hanno spremute. Gente che tra un libro e l'altro, si è andata a fare il turno in campagna, a raccogliere i frutti dell'estate sotto il sole rovente, o le ore tra tavoli, a servire birre e calici. Gente che ha seguito dei maestri e che non si è accontentata della riga studiata a memoria. Ci sono persone che hanno rinunciato a vacanze e a serate in discoteca per risparmiare sulla retta universitaria. Gente che ha investito sulla formazione e che è in gamba e capace, e si è trovata a cozzare contro un sistema dove le porte si aprono seguendo strani meccanismi. I cosiddetti pesi e misure diverse. Persone stranamente meno capaci e oggettivamente autrici di banalità, incensate. Persone intoccabili. Persone che, senza troppi complimenti, hanno occupato poltrone destinate, secondo il diritto del buon senso, ad altri.
"Ormai tutti si laureano".
"Intanto conta l'esperienza".
"Ma cosa vuoi che sia?"
La questione sollevata con Battelli apre la ferita del pregiudizio. Sarà stata colpa della sindrome del 18 politico che ha portato vantaggi a molti furbetti, fatto sta che la laurea viene vista come un pezzo di carta, forse igienica.
Poco conta che dietro il conseguimento di essa ci sia una persona che ha studiato seriamente e con fatica.
Poco conta che, poi, sia seguita una gavetta importante e faticosa, fatta di sacrifici. Non si nega l'aiuto dei genitori, ma prima o poi tutto torna e le responsabilità si fanno sentire. O almeno dovrebbe essere così.
Invece no. Arrivano gli autodidatti, molti o alcuni dei quali oggettivamente pessimi e pieni di lacune, che fanno i fighi culturali: "Wow sono autodidatti! Si sono fatti da soli". (Va però visto come... autodidatta non significa bravo e, anzi, i geni sono pochissimi e i maestri obbligatori!)
Arriva il soggetto poco titolato che fa carriera: "Wow, però con la Terza Media ha fatto questo e quello."
Poi arriva il laureato, impegnato in mille cose, che piange di notte sul suo futuro.
"Che vuoi che sia? Tutti hanno la laurea".
"Non sei un cazzo di nessuno".
Anche se hai mille competenze e vali esattamente e più di un conferenziere.
Un giorno il laureato lo vedi andare all'estero, come un cervello in fuga che, quando torna, è esaltato da coloro che confondono il provincialismo esterofilo con l'essere cittadini del mondo.
Insomma, l'ultima spiaggia è andare all'estero per sperare di avere un riconoscimento. Con il pezzo di carta. Perché la laurea, conseguita da quella persona è solo quello. E perché essere nessuno e dover piangere la notte... a nessuno gliene frega. Tutto il resto è Politically Correct, ma un laureato che si sbatte per fare qualcosa di nuovo... lui lo puoi umiliare.
Poi, le possibilità vanno date a tutti. Anche chi ha fatto la Terza Media può valere, a patto che si costruisca un percorso significativo, senza nulla togliere la valore della persona. Ma anche un laureato che si sbatte e il cui impegno non viene mai riconosciuto.
Ricordiamoci che il futuro è di tutti. E che le buone idee valgono, e non è carta igienica il lavoro di chi è laureato, colto e intelligente. E fa paura, specie se giovane e brillante. Ultima domanda: la gerontocrazia trema? (Gerontocrazia non solo anagrafica).
Think about it
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