sabato 29 maggio 2021

29 maggio 2012- 29 maggio 2012 - Ai piedi delle crepe - Un racconto per non dimenticare

Ho visto una crepa, ieri pomeriggio. L'ho ricordata poco fa, quando mi sono accorta della lancetta dei minuti sul tre. Una linea che, dal centro della porzione del muretto di cinta più vicino alla pianta di Sambuca, raggiungeva i bordi dei mattoni. Mi sono fermata a guardare il vuoto, è come quando il tuo cervello si inceppa e tu ti incanti davanti a una luce immaginaria. Non è quella che s'infiltra tra le crepe, ma una sorta di proiezione in cui osservi i pulviscoli muoversi in una danza cosmica. 
Ho avuto paura. Tutti l'abbiamo avuta, ma ognuno l'ha provata nel modo in cui declina lo scorrere del sangue nelle vene, in quel tremare che fa scivolare via gli oggetti dalle mani. Piatti che si rompono, li potresti ricomporre con la colla, il "Kitsugi" è un'arte. L'arte che mostra le crepe e non le nasconde. Non c'è vergogna nelle crepe.

Chissà perché non l'ho mai notata... La crepa. Un'estensione del brivido tellurico che nove anni fa ci riportò alla nostra umana impotenza. Mentre tutto tremava, ci scoprivamo lontani dai nostri sogni, dai desideri, dal potere che proviamo quando abbiamo sotto il culo un bolide da più cifre. Rosso Ferrari, il colore della mia terra, dove i motori sfidano la potenza del vento. Bianco, come la camera di un'azienda biomedicale. 

Una volta, ragazzina, passai mezza estate ad assemblare tubicini, senza capire quello che stavo facendo.
"Muoviti!"
Non era il mio lavoro, le mie mani erano già fatte di crepe, come lo ero io. Non capire quello che stavo facendo, non mi dava motivazioni. E poi era tutto bianco e la collega faceva le battute e scuoteva la testa, civettando, mentre tutte la idolatravano. Io ero una piccola crepa in potenza, fatta di tante crepe. Un'opera d'arte degna del miglior Kitsugi, solo che io non ero quotata sul mercato d'arte. Non ero quotata, ero il puntino anonimo che sono anche ora. Mi distinguo troppo, il fastidio cresce come le idee che vanno controvento, e quindi affondo e mi spengo e mi fanno spegnere mentre il mondo implode. 

Mi sono sollevata, ho sfiorato la superficie rugosa del muretto. In alcuni punti ho notato il muschio che è cresciuto, a segnare il Nord. Ne ho sfiorato il verde cupo, l'ho strappato e annusato. Odore acre, qualcosa di antico che porta ai camini, alle legnaie e alle stie abbandonate. 

Mi sono stretta le spalle, poi ho toccato la crepa. Era buia, lunga e stretta, con i margini seghettati, simile a una saetta lanciata a spaccare il cielo. Ho sorriso per un attimo. La crepa c'era, ma il muretto reggeva ancora. Mi sono seduta sulle gambe, ho molleggiato sulle ginocchia, ancora, un sorriso mi ha aperto il broncio. Una luce, sotto, un piccolo fiore dai petali di velluto. Non ne conoscevo il nome, ma l'ho visto in boccio, pronto a svettare verso la crepa da cui non entrava la luce. 

Ai piedi delle crepe sbocciano dei fiori, a volte. E coprono l'odore del muschio.  

Roberta De Tomi


Nessun commento:

Posta un commento