"Io scrivo poesie magnifiche, perché emoziono."
Tralascio sul chiaro intento auto-celebrativo dell'affermazione, pronunciata da poeti che scambiano le accoppiate cuore-amore e ti-amo-e-ti-odio per innovativi ossimorici richiami.
Ho sentito pure affermazioni sulla straordinarietà di una vita che conferirebbe ai versi anche più semplici, lo status di capolavoro. In un'epoca di narcisismo e di deliri di onnipotenza che, in fondo, nascondono il vuoto e la solitudine dell'essere, ci dimentichiamo che la grandezza degli scrittori, raramente è frutto del caso. Il successo può esserlo. Ma dietro a una combinazione di successo, che ci fa illudere che tutto sia alla nostra portata, ci sono studi, spesso di Marketing, spinte e meccanismi che vanno oltre. Ma i grandi autori (scrittori, poeti, saggisti, storici, filosofi), per quanto possano contare sull'ispirazione, sono dei plasmatori di parole. E ogni parola nasce da una consapevolezza.
Così arriviamo a parlare di tecnica. Ed ecco che la Grande Poetessa storce il naso, trincerandosi dietro una presunta grandezza. Potere dei magici giardinetti. Dopo lo sdoganamento del verso libero novecentesco, che nasce in contesti di consapevolezza più o meno accademica, grazie a grandi poeti-studenti, arriviamo allo sdoganamento della poesia. O a una sostanziale confusione?
Già perché la poesia deve sempre più avvicinarsi al racconto, mentre gli endecasillabi e le figure retoriche sembrano diventare retaggi antichi. Dunque, occorrerebbe parlare sempre più di racconti; ma tali racconti sono privi di arco di trasformazione. E così il raccontino diventa poesia, con il beneplacito del genere. E parliamo di innovazione per giustificare il tutto? No, perché se la poesia diventa un racconto piatto nella forma, ecco che si torna alla scusa iniziale: emoziona, quindi è poesia. E nelle ossimoriche sgrammaticature del cuore, troviamo le crepe di personalità in bilico, inconsapevoli dello scrivere. Perché scrivere è anche e soprattutto consapevolezza.
E la tecnica? Nulla di che, è una cosa da aspiranti nuovi Leopardi che ambiscono ad azzerare la vita privata, fantasticando su un'immaginaria Silvia, che potrebbe chiamarsi, Laura o Ginevra. Poco importa.
Eppure... la parafrasi ci riporta alla dimensione della poesia che va capita. E la Grande Poetessa ci ha messo anni a sapere che esisteva la parafrasi. Meglio tardi che mai.
Eppure... esiste lo Show don't tell.
Eppure in un racconto, i personaggi devono essere collocati in una storia e in una poesia con una logica pensata...
E poi... immaginate un pianista che, senza conoscere le note, anche senza orecchio, dovesse iniziare a comporre musica a caso, pensando solo all'emozione.
Immaginate il pittore che, senza tecnica, sulla tela, procede a casaccio, in base al suo solo sentire.
E il ballerino senza coreografia?
A questo punto, ci rinuncio. Basta arte. Mi guardo un tramonto sul lago. E mi emoziono. Con il beneplacito della "Grande Poetessa". Che nel caso, può trincerarsi dietro l'immagine del Genio ispirato. A volte incompreso, altre volte illuminato da un corso di scrittura creativa!
Già perché la poesia deve sempre più avvicinarsi al racconto, mentre gli endecasillabi e le figure retoriche sembrano diventare retaggi antichi. Dunque, occorrerebbe parlare sempre più di racconti; ma tali racconti sono privi di arco di trasformazione. E così il raccontino diventa poesia, con il beneplacito del genere. E parliamo di innovazione per giustificare il tutto? No, perché se la poesia diventa un racconto piatto nella forma, ecco che si torna alla scusa iniziale: emoziona, quindi è poesia. E nelle ossimoriche sgrammaticature del cuore, troviamo le crepe di personalità in bilico, inconsapevoli dello scrivere. Perché scrivere è anche e soprattutto consapevolezza.
E la tecnica? Nulla di che, è una cosa da aspiranti nuovi Leopardi che ambiscono ad azzerare la vita privata, fantasticando su un'immaginaria Silvia, che potrebbe chiamarsi, Laura o Ginevra. Poco importa.
Eppure... la parafrasi ci riporta alla dimensione della poesia che va capita. E la Grande Poetessa ci ha messo anni a sapere che esisteva la parafrasi. Meglio tardi che mai.
Eppure... esiste lo Show don't tell.
Eppure in un racconto, i personaggi devono essere collocati in una storia e in una poesia con una logica pensata...
E poi... immaginate un pianista che, senza conoscere le note, anche senza orecchio, dovesse iniziare a comporre musica a caso, pensando solo all'emozione.
Immaginate il pittore che, senza tecnica, sulla tela, procede a casaccio, in base al suo solo sentire.
E il ballerino senza coreografia?
A questo punto, ci rinuncio. Basta arte. Mi guardo un tramonto sul lago. E mi emoziono. Con il beneplacito della "Grande Poetessa". Che nel caso, può trincerarsi dietro l'immagine del Genio ispirato. A volte incompreso, altre volte illuminato da un corso di scrittura creativa!
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