Nuovo caso editoriale
Il riferimento è al libro, fresco d'uscita, "Amiœ. Il manuale del corsivœ" (Mondadori Electa) di Elisa Esposito, l'insegnante di corsivo che dal celebre social è approdata sui vari canali televisivi. Tralascio gli insulti (non sono mancati quelli sessisti, a tratti osceni che hanno tirato fuori il peggio delle persone, al solito) che la ragazza ha subito e che ha gestito molto bene. Il "peccato originale"? Avere avuto una trovata divertente, una sorta di tormentone che le ha permesso di acquisire grande popolarità. Del resto, per anni siamo stati sommersi da tormentoni: slogan, canzon, mossette lanciate dalla televisione. Ora tocca ai Social con tutte le conseguenze del caso. Elisa sta sfruttando il suo momento e fa bene: carpe diem. Del resto il libro ha un target specifico...
Questione di target
La questione è proprio il target: questo libro è pensato per un pubblico social e televisivo. Un popolo di persone non per forza lettori, anzi, tendenzialmente non-lettori. Tutti o almeno la maggior parte dei casi editoriali, sono pensati per i non-lettori. Sono quindi prodotti che sfruttano un caso, traducendolo sulla pagina per un pubblico popolare; il popolo dei gossip, le persone che, dopo una giornata di lavoro, di certo non si leggono Proust o non si guardano film d'essai, con tutto il rispetto per chi legge o non legge e guarda o non guarda prodotti di un certo livello culturale. A ognuno i propri gusti.
Letture per non-lettori
Libri popolari, destinati al pubblico di non lettori. Sembra una contraddizione, ma non è così. In un paese in cui la lettura è una pratica che andrebbe incentivata, gli editori devono puntare a prodotti mirati per arrivare a chi legge pochissimo (ed è la sfida più grossa). Letture scaccia-pensieri che, soprattutto, siano legate a personaggi famosi o a temi d'interesse.
Nuovo caso, nuova polemica
Con l'uscita del nuovo caso, si è sollevata l'ondata di indignazione da parte di numerosi scrittori; i quali, oltre a non considerare che Elisa Esposito non è una scrittrice ma una Tik Toker, hanno esposto le loro lamentele. Lamentele che non servono a nulla e che denotano la scarsa conoscenza dell'editoria.
Mi spiego meglio: qualche anno fa un ragazzo mi scrisse sostenendo che "doveva assolutamente pubblicare". Io gli ho chiesto le ragioni, lui parlava di esigenza e necessità, io allora ho sottolineato una cosa: le case editrici non sono enti benefici ma aziende. Devono fatturare, a loro non importa che uno scrittore si senta il nuovo Leopardi. Le case editrici non cercano i nuovi Leopardi, le velleità romantiche non hanno nulla a che vedere con le esigenze di un editore. Inoltre molti scrittori, come spesso accade, presi dal loro ego, dimenticano la parte principale: se scrivi per pubblicare, lo fai per i lettori. L'ego, la vanità che possono far parte del corredo naturale di un autore, impallidiscono davanti al lettore. Perché si scrive per raccontare una storia a qualcuno, non per far sapere quanto si sta male o per far conoscere la propria "storia eccezionale".
Eccezionali veramente?
Si crede sempre che la propria storia sia eccezionale. Questo perché non ci si guarda intorno, non si leggono gli altri, non ci si confronta. Durante i corsi di scrittura creativa, ad esempio, i confronti avvengono sempre nella consapevolezza che ognuno di noi ha delle caratteristiche precise. Ci sono penne più emotive e penne più logiche; penne straordinarie che non sanno di esserlo e penne che credono di esserlo perché chiuse nella loro autoreferenzialità. E poi penne che aspettano la grande occasione, senza conoscere e comprendere i meccanismi editoriali, che esplodono di indignazione a ogni caso editoriale. E lo fanno a torto.
Che fare allora?
Le polemiche non contano: per arrivare a certi livelli occorre lavorare sodo, conoscere il sistema editoriale e non fare i geni incompresi. In una casa editrice ci sono professionisti che si sono formati, con gavette lunghe e una formazione continua. Di queste cose gli "scrittori geni incompresi" non tengono conto. Anzi, spesso, non si sforzano di capire, anche quando operano nell'editoria (ahimé, diciamolo, spesso a pagamento e magari a fronte di un certo talento... ma hanno fretta). Eppure la soluzione è a portata di mano...
- polemiche + libri sui Social
Pubblicare i libri degli altri. Condividere le citazioni e le card. Dare spazio alle belle storie di autori noti ma soprattutto di indipendenti.
Invece di arrabbiarsi, valorizzare le belle opere è la scelta migliore. Valorizzare autori giovani e validi. Valorizzare autori che meritano, che si sbattono, che hanno preparazione. Eppure, la strada più comoda sembra essere la lamentela. Ci si lamenta di persone che sono dove sono perché popolari grazie ai Social; ci si lamenta che non c'è nulla di nuovo e poi, quando qualcuno fa qualcosa, silenzio. O bastoni tra le ruote, critiche, invidia etc. Ci si lamenta di tutto e poi non si cambia nulla.
E se volete farcela...
Se il problema è che il grosso editore non vi considera, cercate di capire che cosa vuole. Uscite dal vostro giardinetto. Studiate, leggete, lavorate sullo stile. Miglioratevi ogni giorno. Poi, ovviamente, conta la capacità di creare dei contatti. E... la fortuna... quella ha la sua quota d'importanza. Ma non lamentatevi, le polemiche non cambiano la situazione.
Iniziate a sostenere gli autori e le penne che MERITANO e che si fanno il mazzo. Cambiamo le cose, valorizzando chi è BRAVO. I circoli virtuosi vanno creati con l'azione.
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