martedì 30 settembre 2025

"Il tesoro del Bigatto": il fantastico di Giuseppe Pederiali, il "Tolkien" italiano

Non si capisce cosa sia successo poi. Fatto sta che, sulla scia del successo di Tolkien, il boom del fantasy in Italia, tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta, è stato trainato da due grandi nomi: Giuseppe Pederiali e Gianluigi Zuddas. Poi, il silenzio. Ed è su questo silenzio che ci si interroga, complice un successo inatteso per il fantastico; genere che ha vissuto fasi alterne dagli anni Ottanta a oggi. Fortunamente, negli ultimi anni il genere è in crescita, trainato da numerosi eventi organizzati in tutta Italia. Fantasy, ma anche magia, alla scoperta di antichi retaggi (si vedano feste dedicate a streghe e ad altre creature mitologiche). 
Oggi, faccio un passo indietro e recensisco questo piccolo gioiello: "Il tesoro del Bigatto" (1980 - Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori) di Giuseppe Pederiali, secondo volume della trilogia che include "Le città del diluvio" (1978) e "La Compagnia della Selva Bella" (1983). E non a caso, Pederiali è stato definito il "Tolkien italiano". Vediamo cosa lo rende maestro del genere. 

"Il tesoro del Bigatto": la trama

Anselmo, l'eremita della Pietra di Bismantova, riceve l'incarico di portare a compimento una delicatissima missione segreta per conto di Matilde di Canossa ma, scoperto il piano e la destinazione finale, il Diavolo in persona decide di ostacolarlo in ogni modo. L'incontro col giovane re Vitige, pronto a partire per una grande avventura nel tentativo di salvare il suo popolo dalla carestia, induce Anselmo a cambiare i propri piani di viaggio, e di conseguenza a confondere il suo rivale... In un'inedita Pianura Padana fantastica dell'Undicesimo Secolo, un manipolo di coraggiosi ma sgangherati eroi affronta una brancaleonesca avventura irta di pericoli lungo il corso del fiume Po, ricco di miti e creature leggendarie della tradizione folclorica italiana.

La recensione de "Il tesoro del Bigatto": un grande classico contemporaneo

Che cos'è il Bigatto? Una creatura magica che non compare subito, anzi, la missione nasce da altre necessità, da un incarico segreto commissionato da Matilde di Canossa ad Anselmo da Alberone. Ma dall'incarico a una serie di rocambolesche avventure che cambiano gli obiettivi (almeno in parte) il passo è breve e la bizzarra compagnia che salpa con la Gogamagoga (nome che richiama l'immaginario infantile) deve confrontarsi con la nebbia e il Po. E il Po è uno dei grandi protagonisti de "Il tesoro del Bigatto", romanzo fantastico che attinge a piene mani al folclore della zona, ma strizza gli occhi alle parlate locali, senza perdersi nei meandri del provincialismo. Anzi, "Il tesoro del bigatto", con le sue geografie medievali, strizza l'occhio all'universale. 

La Bassa padana (qui tra Modena, Ferrara e Reggio), una zona geografica considerata culla di provincialismi (oltre che di alluvioni, nebbie etc), qui diventa la geografia di un fantastico che sa essere concreto e denso di riferimenti che superano i confini. Nessuno mondo inventato, per un World Builing preciso che nella narrazione acquisisce un aspetto "magico". Accanto gli eventi storici che, romanzati, danno al racconto uno spessore che riporta a un lavoro di documentazione dell'autore. Del resto Giuseppe Pederiali era una miniera di conoscenza e le sue opere lo testimoniano. 

"Il tesoro del Bigatto" è un gioiello tra quelli dell'autore finalese. Ha venduto ben un milione di copie, complice l'adozione del testo presso varie scuole dell'obbligo, ma non sono solo i numeri. C'è quella fantasia scalpitante che porta il lettore a essere trascinato in una storia dal ritmo moderno, ma che ci riporta alle nostre radici antiche. Non a caso il grande fiume è tra i protagonista e i fiumi sono culle di civiltà e di leggende.

Ma è soprattutto l'abilità narrativa dell'autore: sa sorprendere e non si appiattisce mai, il suo è un narrato denso di riferimenti, ma al contempo è ricco di trovate che scuotono il lettore. Una narrazione mai scontata, lontana da cliché o da trame troppo semplici. 

Soprattutto, il gioco delle parti Anselmo e Galaverna, instilla dubbi che ci accompagnano fino alla fine. Anselmo è davvero il santo Eremita o è il Papa sotto mentite spoglie? E Galaverna, il mendicante, è l'imperatore o il Diavolo che appare fin dalle prime pagine? La risposta la capirete alla fine...


Per concludere

"Il tesoro del Bigatto" è un fantasy di alto livello, ma che tutti possono leggere. E ancora oggi può emozionare, lasciare il segno e riportarci alle nostre radici, ma anche trascinarci nel cuore di un'avventura travolgente, dove tante apparenze e giochi delle parti ingannano. 

L'autore: Giuseppe Pederiali (Finale Emilia 1937 - Milano 2013)

Trasferitosi a Milano nel 1959, qui svolse svariati lavori che arricchirono le sue conoscenze. La sua scrittura fu aperta alla sperimentazione: dalla narrativa storica ("I ragazzi di villa Emma," 1989; "Stella di piazza Giudia", 1995; "La vergine napoletana", 2009) al fantastico (la trilogia "Le città del diluvio", 1978, "Il tesoro del Bigatto", 1980, e "La Compagnia della Selva Bella", 1983) fino al thriller (la fortunata serie dell’ispettore Camilla Cagliostro. Alla Bassa, sua terra d'origine, ha dedicato scritti quali i racconti inseriti ne "L’osteria della Fola" (2002, vincitore del premio Chiara nello stesso anno). Scrittore della semplicità, tradotto in numerosi Paesi, tra le sue ultime opere vi sono "L’amore secondo Nula" (2012), in cui narra l'universo umano visto attraverso gli occhi di un cane, e – pubblicati postumi – "Mangiami adagio" (2013), "Il monastero delle consolatrici" (2014), "La setta dei golosi" (2016) ed "Emiliana" (2019).



 

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