Caro Amore (sai chi, vero? ci sei nel libro!),
mi allontano da questo brulicare incessante di sogni che non si realizzeranno mai per prendere carta e penna e per scrivere a te. A te che sei l'Innominato. Non la parola degli apostrofi rosa, e nemmeno il coltello dalla punta avvelenata che affonda nel cuore di una fanciulla privata del suo lui. Romeo, ovviamente, e il coltello è tutto, tranne che un amico.
Non ti capisco, né ti capirò mai. Non capirò le ragioni per cui ci sei per tradurti in assenza che fa esplodere il cuore e dolere la pancia. Non capirò mai le ragioni per cui continuano a chiamare amore qualcosa che fa soffrire, che è lontananza o che dura giusto il battito di un'ala di zanzara.
Ho letto da qualche parte che a oggi l'amore è diventata una semplice oggettivazione. In pratica, siamo talmente pieni di "consumismo" che trattiamo l'amore come un oggetto o come una proiezione di noi. Insomma, Narciso colpisce, le fiabe impazzano e i principi e le principesse che cerchiamo sono Lamie che ci dissanguano, E la zanzara succhia il sangue. Un battito d'ali, E l'amore svanisce.
Apro gli occhi. E non dormo più. E non mi illudo più. Ma intanto ti penso, mentre decido in questo lercio monolocale calato in questa lercia vita in cui i sogni sono morti che camminano. Per me che sogno di farcela con onestà. Ma no... tu non esisti e io sono una povera illusa. L'idiota che non si vende. E da domani mi venderò al mercante dell'American Dream.
Ciao Amore, ciao.
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