venerdì 30 ottobre 2015

Una seconda audizione?

Non so che cos'è l'amore. Non ne so dare una definizione. Sempre che una definizione di amore esista.
Sono seduta e mi abbraccio le gambe, la fronte posata contro le ginocchia.
Lo stomaco mi brucia. No, le farfalle non sono morte, ma io sono morta.


Sollevo la fronte: la valigia è davanti a me, l'orologio incalza la mia dipartita, ma io non ho voglia di lasciare il monolocale.
Questa mattina sono andata a fare un giro in centro a Milano.
Fermata: Duomo.
Il fiume di persone intorno e io eremita di un sogno che non esiste più. Ho stampato in faccia la depressione: per questo qualcuno mi guarda con aria intenerita, qualcun altro con aria infastidita; infine c'è quello che distoglie lo sguardo perché la mia depressione è la stessa che questa persona prova in mezzo alle formiche di metropoli.
Tutti corrono.
Lontano da sé.
Da uno sguardo indagatore.
Non c'è tempo per guardare l'anima e il silenzio spaventa. Perché il silenzio ci costringe a guardarci dentro e io in questo silenzio mi alieno.
Salgo le scale e mi affaccio sulla Piazza imponente del Duomo. Indugio sulla costruzione che mi porta a elevarmi laddove mi sentivo schiacciata in basso-
Mi volto e allora mi scontro. Con lui. Il grande capo occhi di carbone.
"Ma guarda chi si vede."
Un ghigno gli deforma il viso. Potrei sganciargli un pugno per spianare le rughe e quelle labbra storte che rivelano i denti impeccabili.
Mi mordo le labbra, faccio per ritirarmi, ma le sue parole affondano.
"Sai, la prossima settimana ci sarà un'altra audizione."
"Ah. E quindi?"
Alza l'indice e inclina la testa: "Bella mia, tu sei già in lista."
Non mi faccio prendere dalla sorpresa. Incrocio le braccia e lo sfido.
"In cambio di cosa?"
Lui è perplesso, poi  fa un cenno dimostrando di avere capito.
"Ok, ok, diciamo che è un risarcimento per quello che ho fatto."
Stringo le braccia, più forte. Sono incredula, ma ho la risposa pronta.
"Ah"  replico "Ah già trovato lo sfogo giusto? O la trombamichetta del cuore?"
Lui alza la mano.
"Ferma, baby. Nessun cuore se non quello che ti fa provare la passione che ci metti quando balli. Il resto è carne."
Sciolgo l'auto-abbraccio ed esplodo.
"Mi prende per il culo o cosa?" gli chiedo, mentre non controllo le lacrime "Domani devo sloggiare, non ho soldi per pagare l'affitto e lei mi viene a proporre un'audizione senza manfrine su trombate varie ed eventuali? Ma si rende conto?"
Lui rovista nella tasca, stacca un assegno da un blocchetto e una biro. Alza la gamba su cui appoggia il pezzo di carta. Qualche sghiribizzo e me lo porge. Io lo prendo e sobbalzo alla cifra. Tremila euro.
"E questi?"
"Per altri due affitti più vitto e bollette."
Lo guardo negli occhi e vedo uno scintillio.
Arretro, mi sento confusa.
Lui non mi desidera soltanto. C'è qualcosa di più e io non avevo colto i suoi segnali.
Ma l'orgoglio pulsa e io prendo l'assegno, lo strappo, volgo le spalle all'uomo che vuole aggiustare il mio sogno infranto. Con i soldi.
Stronzo.
Scappo sotto terra, nella fiumana di gente che non sa percorrere le vie dell'anima. E piango, fino a qua, e continuo, anche dopo aver fatto la valigia, mentre penso a questa merda di vita, all'uomo che ho amato da ossessa. Da ossessa.
Piango mentre mi sento il fuoco dentro. Solo lo squillo lo spegne. E la voce di quell'uomo che mi urta ma mi affascina.
"Ho pagato io l'affitto. Ti aspetto la prossima settimana al teatro che conosci."
Silenzio.
E poi me lo chiedo. Che cos'è l'amore?

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