Adattamento, retelling, interventi sul testo (censura?)
L'adattamento di un testo, che differisce dall'originale, può comportare la sostituzione di termini per consentire ai lettori una maggiore comprensione; vale soprattutto per i testi più vecchi che vengono rivisti con termini meno desueti. Gli adattamenti possono essere quelli delle fiabe nate dalla tradizione popolare (vedi fratelli Grimm) e che possono essere proposti in diverse versioni. Nell'adattamento la vision dell'autore può, inevitabilmente, essere mutata, ma non cancellata se la versione originale resta. E l'adattamento si diversifica dall'originale.
Il retelling è, invece, la rinarrazione di opere in cui un altro autore prende l'originale per ricreare un nuovo testo; spesso è una nuova storia, un sequel o un prequel ispirato al precedente, che può fornire un nuovo punto di vista, in una chiave in linea con lo spirito del tempo dello scrittore. In questo caso, brava è la penna capace di fornire la propria versione mantenendo lo spirito dell'autore, pur entrando in contrasto. Della serie: la bravura prescinde dalle idee. Un esempio di retelling? "Alice nel labirinto" e "Alyssa, l'ultima sirenetta", ma cito autrici di calibro internazionale di Anne Rice, che ha dato alle stampe la "La Trilogia dei Sensi", retelling de "La bella addormentata nel bosco" in chiave erotica.
Molto diverso è, invece, l'intervento diretto sul testo di un autore, cambiando le parole e effettuando sostituzioni che arrivano a snaturare il testo, Ciò implica una sostanziale modifica del pensiero e della vision dell'autore. Qualcosa che ha a che fare con la censura? Sì, anche se si minimizza.
Ecco cosa si sente dire in giro
"Si tratta di un adattamento al gusto moderno."
"Lo facciamo per non urtare la sensibilità del pubblico."
"Ma cosa vuoi che sia, cambiare qualche parola?".
"La dittatura del politically correct."
Le posizioni sono molteplici e in contrapposizione, le polemiche, in particolare sui Social si accendono. Molti negano, affermando che, essendo il linguaggio specchio della società, inevitabilmente muta. E questo è assodato e innegabile. Ma... il ma c'è sempre!
Nel frattempo a un artista viene imposto di tacere, mentre da più parti si ventilano parole come libertà, in un paradosso continuo. L'inclusività diventa il criterio principale con cui si valuta un'opera. Ma per essere inclusivi, a cosa bisogna ricorrere? Si rinuncia al proprio codice perché si può "offendere qualcuno"?
Inclusione o omologazione? Due termini in antitesi
L'arte non nasce per offendere, almeno in generale; l'arte è lo strumento che permette alle persone di esprimersi. Imporre un linguaggio a un artista, in nome dell'inclusività, entra in contraddizione con il concetto stesso di inclusività. Includere significa accettare le differenze etniche, culturali, sociali, storiche dei singoli. L'inclusione non annulla le diversità, anzi, le valorizza nella direzione della comprensione reciproca.
Chiedere a un artista di cambiare il proprio linguaggio (e il pensiero) per non offendere le altrui sensibilità, significa livellare il linguaggio. In pratica è una forma di omologazione, operazione che si pone in verso contrario rispetto all'inclusione. Omologare significa essere uguali e non accettare altre diversità. E la censura, il cambiamento imposto, ha a che fare con il non rispettare la diversa modalità di espressione (e con l'omologazione). Se sei diverso, vieni escluso.
Torno alla domanda iniziale: non volevamo essere inclusivi? E davvero è una società libera per gli artisti, laddove le regole delle Community dei Social oscurano pagine per argomenti ritenuti violenti ma senza averne considerato il contesto?
Sì perché in tutto questo dimentichiamo un elemento fondamentale: il contesto. Contestualizzare un atto artistico, una storia, un'azione fa la differenza. E implica esercitare il ragionamento critico. Anche questo, a volte, offende gli standard... muovere una critica.
Esprimi te stesso
Quante volte lo abbiamo sentito dire? L'artista che si esprime, supportato da talento e capacità, scevro di baracconate ideologiche e intenti politici urlati come slogan, fa pensare il pubblico (lettori, spettatori etc). Ha le sue idee ma non le impone. L'artista che emoziona, fa pensare e sa fare. L'artista con il talento, quello vero, e con il mestiere. L'artista di cui si valuta le capacità, l'estetica, la capacità di emozionare prima delle idee da inculcare.
Esempio di libertà di espressione
"Non uso la schwa, la trovo omologante non inclusiva. Uno strumento che annega la differenze di genere, facendoci nuotare nella pappetta fluida dell'indifferenziato. Ma chi vuole usarla può farlo e non lo critico o la critico. Questa è libertà d'espressione." cit.
E il comico?
Avete notato che ultimamente si ride meno? Per paura di offendere. Ma ridere, prendersi in giro e meno sul serio è un atto artistico. E la satira? Esiste? Quella che mette a nudo i tic e i vizi della società o della politica, irridendola, per punzecchiare anche la coscienza? L'arte è anche uno specchio... e ormai abbiamo paura di vedere le nostre storture, ai tempi dei filtri social. Ma anche la sincerità è una dote artistica. Di enorme valore.
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