"E così, Lubiana..."
Ataru termina di bere il drink analcolico. Nel posarlo sul tavolo lo rovescia, lui lo recupera maldestramente.
Diventa rosso come sempre: non è cambiato di una virgola, malgrado qualcosa mi stia suggerendo un grande cambiamento interiore.
Lui, attaccato alle gonne di mamma, che parte per Milano in cerca di una redazione? Lui che fin dal primo giorno si tuffa nella vita mondana, tra locali notturni e feste della Fashion Week?
"Hai scelto un ottimo periodo per farti notare" osservo cambiando discorso.
Non voglio sentire. Non voglio avere conferme su Lubiana e su quel mondo di merda.
Ataru diventa serio. Torna a essere Giovanni il compito professionista.
"Cambiare discorso non serve a nulla, Elena" mi prende la mano, avverto il tocco tiepido e cauto, come se stesse toccando un oggetto di cristallo "Lubiana ha fatto l'unica cosa possibile per entrare nell'orbita del suo sogno."
Il dito ossuto percorre la linea delle nocche. Io strizzo le palpebre. Spero che ad aprirle, tutto si dissolverà. Ma non è così: il mondo è un affollato vocio in cui io mi strizzo per non sembrare di troppo.
Soltanto il coniglio lunare resta immobile sulla superficie del satellite foriero di leggende e magie.
Lubiana ha dimenticato la magia. Lubiana è diventata famosa proprio grazie a questo oblio forzato. Ora risplende nella sua chioma curata, nei costumi scintillanti, nel sorriso reso candido da un trattamento sbiancante che corrode come acido l'anima.
Mi alzo dal tavolo. Infilo la giacchetta di jeans.
Ataru mi osserva preoccupato.
"Elena, io" si ferma e si fissa sul bicchiere vuoto.
"Non devi dire nulla."
"Vuoi che andiamo a fare un giro?"
Annuisco.
"Sui navigli" mordo le labbra "Per favore."
Si alza e insieme raggiungiamo l'uscita. Abbiamo già saldato il conto all'arrivo delle consumazioni e ci schiviamo la fila di quel locale chiassoso.
All'uscita ci incamminiamo sul marciapiede mentre le note di Take me to church di Hozier si diffondono da una Tabaccheria.
Mi fermo e Ataru con me.
Lo afferro per un lembo del giubbotto.
"Me la racconti?"
Un sorriso: ha già capito.
"Il coniglio ci aspetta al Naviglio"
"Allora, andiamo, altrimenti scappa."
Mi prende la mano nella sua.
"Lui non scappa mai da noi."
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