mercoledì 30 giugno 2021

SCRITTURA CREATIVA - L'inghippo dei personaggi

In questi giorni ho avuto un confronto con un'allieva del Corso di ScriviAmo, la quale mi ha esposto le difficoltà relative a dare voce a un personaggio lontano dalla sua personalità. Non si tratta di un problema strano, ma di una questione topica per chi muove i primi passi nella scrittura.
Nell'immedesimarsi nei personaggi, l'autore o l'autrice tendono insomma a trasferire parte di sé in essi, correndo il rischio di farli parlare con una voce omologata. Questo quando, a un certo punto, dovrebbe essere il personaggio a prendere possesso dell'autore. Pirandello docet in tal senso. E anche la lezione dell'empatia.

L'autoreferenzialità è una questione importante, ma è anche una delle attitudini più naturali, quando ci cimentiamo nella scrittura di un racconto. Soprattutto all'inizio, il nostro mondo, la nostra personalità, il nostro sentire sono il primo punto di riferimento per costruire i personaggi. Citando alcuni grandi casi editoriali, l'Io narrante coincide con l'autore o l'autrice, nella dimensione biografica in cui i lettori si sono poi rispecchiati, appassionandosi al libro. Se pensiamo a Pier Vittori Tondelli, troviamo la potenza dell'Io trasferito al romanzo generazionale. Ma qui, parliamo di letteratura e di un genere in cui i lettori si sono rispecchiati, grazie alla potenza narrativa e all'abilità dell'autore di raccontare a partire da se stesso una storia, andando oltre il proprio ego. Sì perché, se si scrive per pubblicare, lo si fa per un lettore e non per se stessi; dunque occorre scrivere qualcosa che interessi ai lettori. E bisogna anche saperlo scrivere. Di conseguenza, saper creare dei personaggi efficaci (tra le cosette della scrittura creativa) è fondamentale. La domanda che sorge spontanea, dunque, è: dato un racconto, come evitare di proiettare noi stessi in tutti i personaggi? Come evitare di far parlare i miei personaggi nello stesso modo perché, in realtà, ricalcano la nostra voce?
Ecco alcuni spunti che spero possano essere utili.

1) La scheda personaggio. 
Ne ho parlato in precedenza in questo articolo  e anche qui, ma faccio un piccolo sunto. La scheda in questione è uno strumento di lavoro prezioso, che permette di approfondire i diversi aspetti del personaggio. Oltre alle caratteristiche fisiche e morali, nonché al ruolo ricoperto nella storia, è fondamentale immaginare il suo background, il rapporto con gli altri personaggi. Non per forza nella narrazione potrebbe emergere la backstory, ma è utile all'autore per approfondire il carattere, dando motivazioni delle azioni compiute. La scheda può essere compilata in maniera sintetica, anche se consiglio di approfondire il più possibile per poter dare la giusta voce al personaggio. Un consiglio: immaginare anche le cadenze, eventuali slang, dialetti etc. 

2) Il personaggio come entità autonoma dall'autore/autrice: prendiamo appunti per un lavoro preliminare.  
La criticità sollevata dalla mia allieva riguarda il fatto di "far parlare il personaggio con la voce dell'autore/autrice".  Il nodo cruciale è l'identificazione personaggio-autore. Ed è questo uno degli impegni profusi dalle nostre penne. Non è sempre facile aggirare l'ostacolo dell'autoreferenzialità. Per questo, oltre alla scheda succitata, ho suggerito un lavoro di "documentazione" per costruire il personaggio. Come? Ispirandoci a personaggi di romanzi o film che ci hanno colpito; osservando le persone che incontriamo o che conosciamo, ascoltandone le cadenze, i discorsi; cercando di saccheggiare il repertorio dei nostri ricordi per  costruire un identikit. Prendere appunti, leggerli e rileggerli, magari creando mix di personalità.

3) Prendere le distanze da noi stessi. Come? Rileggiamo i dialoghi.
Immaginiamo il dialogo tra un personaggio simile a noi e uno completamente diverso. Lo scriviamo e, di certo, sentiremo echi di noi anche in quello che vorremmo fosse diverso. Proviamo a pensare il personaggio, già descritto nella scheda. Immaginiamo la sua voce. Magari abbiamo preso appunti, ascoltando una persona; in alternativa, proviamo a immaginarci nei panni di questo personaggio. Ne vesto i panni, ne assumo le cadenze, i tic, come se dovessi interpretare una parte a teatro. Quindi, riprovo a scrivere. Come sta andando? Sembra un gioco delle parti, no? E, magari, è anche divertente mettersi nei panni degli altri, dimenticando noi stessi... Mettersi nei panni, una parola chiave: segnatela!

Per concludere
In questo articolo ho cercato di dare alcuni suggerimenti per aggirare l'inghippo dei personaggi, in modo da non trasformali in cloni di noi stessi. Non si tratta di un lavoro semplice e, in tal senso, un corso di teatro potrebbe aiutarci a comprendere il concetto. Oppure il lavoro su noi stessi, appellandoci alla capacità di vestire i panni degli altri per capirli. Un esercizio di empatia, insomma, che ci aiuterebbe a capire gli altri nella vita di tutti i giorni. Diventando, forse, più comprensivi e aperti all'ascolto. Ma questa è un'altra storia. Buona scrittura!

2 commenti:

  1. Credo che sia un problema che affrontano parecchi scrittori. L'io purtroppo vuole sempre dominare, diciamo così. Interessante la tua scheda, credo che tu abbia esposto dei rimedi utili per arginare il problema. Mi permetto di commentare perchè mi è capitato di scrivere qualche breve racconto, anche se non ho mai pubblicato, e in effetti, il proprio io interiore, la nostra storia personale sembrano sempre avere la meglio. Buona serata.

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  2. Grazie per il tuo intervento! In fase preliminare è importante partire da noi stessi per poi uscirne e realizzare il confronto tra "io e altri". Si tratta di un lavoro che richiede tempo e pazienza, arrivando a mettersi nei panni di qualcuno, un po' come, appunto, recitare. Non è facile nemmeno per gli scrittori più rodati: scrivere, cancellare e riscrivere fanno parte del "gioco". Ma ne vale la pena, è un arricchimento prezioso. Roberta

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