mercoledì 18 maggio 2016

Tacco-punta-punta-tacco

Un altro convoglio passa, sollevando una consistente massa d'aria. Mi lascia tra i capelli un'impronta di gelo, come la pressione di uno schiaffo sulla pelle.
Un altro schiaffo, anche se Lubiana non ha aggiunto altro.
Lei è immobile davanti a me. Splende come la diva photoshoppata di un poster patinato. Io invece sono la Cenerentola dei Noantri, la stella scialba risucchiata continuamente dai buchi neri della disistima.



Per quanto tempo devo continuare con questa solfa?
Lubiana mi lancia una delle sue occhiatacce.
"Ora dimmi quali sono i tuoi piani per il futuro. Messe da parte queste recriminazioni da sezione dei piccoli da asilo nido."
"Ma..."
"Il ma implica contrapposizione. Da te vorrei un altro tipo di congiunzione. O, anzi, utilizzo la metafora di ... un imperativo del tipo... Io voglio."
Abbasso la testa, il cellulare richiama la mia attenzione, ma Lubiana mi blocca.
"Balla."
Uno sguardo interrogativo si muove al passo del tacco-punta con cui la mia amica imprime il ritmo.
"Quattro."
Il conteggio a ritroso che non aspetto, il telefono squilla e, no, non accade come in quella canzone. Nessuna nevrosi, solo i numeri che si susseguono tra la sequenza che accenno, prima.
Tacco-punta-punta-tacco-ho-sbagliato-ma-chissefrega.
Tacco punta, una sincronia si crea tra i nostri piedi.
Il telefono tace, giriamo su noi stesse e ci ritroviamo a sorridere.
Punta-tacco-arabesque.
Il suo, preciso, il mio perfetto.
Un altro convoglio passa, ma non sentiamo il rumore; solo quel ritmo che invade gli spazi insieme ai corpi che lo dettano.
Alzo la gamba e ruoto su me stessa, salto, onda di braccia e poi di corpo.
Tacco-punta, ritmo.
Atterro sui piedi, le braccia alzate sul capo, giusto il momento per accorgermi di essere abbracciata da facce variegate e da mani che salutano la mia performance.
Mi guardo intorno per vederla: Lubiana mi osserva, compiaciuta, nell'attesa che la folla si disperda. Le facce colorate mi scrutano, alcuni smartphone sono sollevati a scattare foto, un paio di ragazzini si avvicinano per un selfie che accetto con un sorriso stordito dal ritmo che mi pulsa dentro.

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