In questi giorni, eventi tragici hanno portato a riaccendere i riflettori sul
tema della violenza di genere. I toni sono cruenti, laddove si cerca di combattere la violenza, gettando benzina sul fuoco. Si cercano moventi, si accusa tutto il sistema (che facciamo noi), mentre la complessità dell'essere umano passa in secondo piano. Tutto ridotto a slogan, a verità relative che diventano assolute. Tutto mentre si banalizza, si crea
odio nell'odio, ci si divide, puntando il dito contro un genere. C'è una serie televisiva molto interessante che mette in discussione i sistemi di potere, ed è
"Ragazze elettriche": le donne sviluppano un potere che permette loro di difendersi dalle violenze maschili, connesse al patriarcato. Il maggior potere delle donne porta a esercitare la stessa violenza che gli uomini usano su di loro. Il risultato? Un genere contro l'altro. E non è il senso della parità. Non è il senso di una società che vuole includere.
Per includere bisogna accettare. E per accettare bisogna saper amare.
"Amati" è il senso di
"Trappola d'ardesia" e di
"Maneggiare con cura: Fragile". Sembrano degli slogan (che non mi piacciono), la verità è che il senso di tutto è la ricerca, sia narrativa che teatrale. Il senso è non banalizzare. Lo scorso
18 novembre, in Sala Aletti, al Villaggio Barona, se n'è parlato.